Lecco: l'alpinista 'dei record' Nives Meroi ospite a Rancio con il marito Romano Benet
Compagni di cordata e di vita, in cammino un passo dopo l’altro in direzione di una vetta a volte così lontana da sembrare inarrivabile a tutti, tranne che a loro. Nives Meroi e Romano Benet, del resto, sono due “persone speciali”: la coppia di alpinisti – prima in assoluto a riuscire nell’impresa di scalare tutti i 14 ottomila senza l’utilizzo di ossigeno supplementare né di portatori d’alta quota – è stata ospite nella serata di ieri, venerdì 30 agosto, nello spazio Oto Lab di Rancio, dove si è svolto il secondo appuntamento della rassegna di talk “Crocevia” organizzata dalla rivista Orobie.

Una storia straordinaria, la loro, dal punto di vista umano e alpinistico, iniziata nel 1989 con un matrimonio che ha sancito l’avvio di una cordata destinata davvero ad entrare nella leggenda. “L’ho fatto innamorare spiegandogli come realizzare i nodi” ha esordito con un sorriso Nives Meroi, prima donna italiana in cima al Nanga Parbat, il primo ottomila conquistato con il marito nove anni dopo le nozze.

Nives Meroi
Da quel momento per la bergamasca, classe 1961, è stato un crescendo di successi e record personali, sempre condivisi con il suo Romano in vetta a quelle imponenti montagne come il K2 – poi ribattezzato “K in 2” – viste immancabilmente come “un grande regalo”, oltre che come “luoghi di incontro e di unione, crocevia appunto, mai come muri divisori”. “Il nostro è sempre stato un alpinismo consapevole” ha proseguito Nives Meroi. “L’ho imparato sulle Alpi Giulie: se fai un passo in su, poi devi farne un altro in giù; è con questo spirito che poi ho affrontato gli ottomila, anche quelli che con Romano ho voluto scalare da versanti insoliti, meno conosciuti”.

Romano Benet
Dopo quelle sull’Everest e sul Manaslu, risale agli ultimi mesi del 2009 la “spedizione” più importante per i due alpinisti, con Nives più che mai nel ruolo di capo cordata: di nuovo in Italia dopo aver abbandonato il tentativo di scalata dell’Annapurna per le condizioni proibitive della neve e quello del Kangchenjunga per un improvviso peggioramento dello stato fisico di Romano Benet, quest’ultimo scopre infatti di essere affetto da un’aplasia midollare severa, tale da richiedere due trapianti di midollo osseo, cicli di chemioterapia e trasfusioni che lo terranno lontano dalla sua attività per più di due anni.
“È stato un colpo del tutto inaspettato, del resto finché queste cose accadono ad altre persone sembrano sempre lontane da noi, quasi ininfluenti” ha commentato Romano Benet, classe 1962, che con il vice presidente di ADMO Lombardia Davide Santini ha colto l’occasione per sensibilizzare alla donazione del midollo osseo, cruciale per molti pazienti considerato che l’indice di compatibilità è di 1 su 100.000.

Due immagini del video proiettato a Rancio

“A differenza delle altre volte, però, in questo caso abbiamo affrontato il nostro “ottomila” in tre” ha proseguito Nives, la sua compagna di vita. “Al nostro fianco c’era un giovane sconosciuto che ha scelto di donare una parte di sé senza sapere nulla del potenziale ricevente e senza chiedere niente in cambio, compiendo un gesto davvero rivoluzionario che tuttavia non lo ha fatto finire sulle pagine di nessun giornale. Da quel momento siamo ripartiti verso le montagne senza nessuna sicurezza, ma di fatto Romano si è subito rivelato più in forma di me…”.
Terminata la riabilitazione, nel 2012 i due alpinisti hanno infatti ritentato il Kangchenjunga, poi conquistato due anni dopo: nel maggio 2016 Meroi e Benet hanno raggiunto la cima del Makalu e solo dodici mesi dopo quella dell’Annapurna, ancora una volta senza l’ausilio di ossigeno. Quattordicesimo e ultimo ottomila archiviato “in bacheca”, dunque, ma soprattutto nei loro cuori.

La salita è stata raccontata anche in un video che i due alpinisti hanno voluto condividere con i tanti lecchesi presenti nella serata di ieri allo spazio Oto Lab, sul finire di un incontro – moderato dallo scrittore Ruggero Meles – che si è concluso con un lungo applauso scrosciante in onore di Nives e Romano.
B.P.