C'era una volta a Lecco/2: Mirca Mazzina, storica maestra di Rancio racconta la sua vita, tutta dedicata all'insegnamento

Dopo il primo incontro della settimana scorsa con la signora Odilla Fenili che ci ha raccontato della nascita su due ruote del brand “Carminati”, prosegue “in rosa” la nostra nuova rubrica “C’era una volta a Lecco”, resa possibile dalla collaborazione con la RSA Borsieri i cui ospiti “illustri” ci stanno offrendo spaccati di storia della città di cui sono stati inconsapevolmente protagonisti. Oggi tocca a Mirca Mazzina.

Gli anni in cui l’edificio incastonato in via Fumagalli faceva da culla alle risate spensierate dei bambini, al suono insistente della campanella e al vociare entusiasta delle classi sembra ormai un affezionato ricordo lontano. Eppure, c’è ancora chi, i corridoi affollati della scuola primaria “Luigi Cadorna” di Rancio, li ricorda con lo stesso entusiasmo di quando quotidianamente li calcava pronta ad iniziare una nuova giornata lavorativa. Tra questi, la signora Mirca Mazzina - oggi 94 anni di cui 21 passati come docente nella scuola elementare lecchese - che ancora ripensa con un sorriso a quando, a bordo della sua Fiat 600, attraversava viale Turati per raggiungere il plesso, dove sarebbe rimasta fino al suo pensionamento nel 1988.

La vecchia scuola di Rancio

“Mi ricordo che al tempo di guerra si faticava a trovare un posto di lavoro e lo stesso era accaduto a me nonostante avessi studiato diversi anni per fare la maestra” racconta Mirca, ripercorrendo con la mente gli anni della sua prima occupazione: l’ufficio leva del municipio dove era giunta “spinta” una zia quando aveva poco più di vent’anni ma che non aveva mai sentito come il posto adatto a lei a causa della mancanza di una guida che la indirizzasse nello svolgere le mansioni quotidiane. Per questo motivo quando il suo responsabile, il signor Soave, le aveva chiesto se volesse continuare a lavorare lì, lei non aveva esitato a scuotere la testa, fermamente convinta che l’insegnamento fosse la sua vocazione nonostante tutti intorno a lei storcessero il naso per quella che era “una professione che sicuramente le avrebbe creato delle difficoltà”. Ecco quindi che per la giovane maestra lecchese inizia un lungo periodo di supplenze - dalla zona di Parè a quella di Bosisio Parini, che l’ha vista confrontarsi con classi di quasi 40 studenti - fino al fortunato congedo chiesto da una collega che le ha permesso di prendere la sua prima classe a Civate e seguirla fino al mese di maggio. “Sono stata immediatamente felice di poter lavorare e, grazie a qualche concorso superato, negli anni successivi sono stata spostata prima a Brivio, poi a Beverate e infine nella scuola di Rancio”.

La maestra Mirca Mazzina

“Anni fa ogni maestra portava la propria classe dalla prima alla quinta e le maestre insegnavano praticamente tutte le materie, fin quando – una volta subentrate nuove insegnanti - ogni docente ha iniziato ad occuparsi di una sola disciplina” ha proseguito la donna, attualmente residente presso la Borsieri di Lecco, ma con lo sguardo ancora acceso non appena nomina la poesia e prosa, la cura della punteggiatura e la grammatica, le “parole disubbidenti” o i verbi irregolari, e tutti gli altri temi della sua materia prediletta, l’italiano. “È stata la mia vita. Ho insegnato quasi 40 anni e quando ho lasciato la scuola mi è spiaciuto moltissimo, perché me era come una famiglia” ammette commossa, convinta ancora oggi della sua scelta di non crearsi un proprio nucleo famigliare per dedicare sé stessa alle sue decine di “figli” seduti oltre quei banchi di scuola. “Quando, da pensionata, vedevo le mastre che potevano ancora insegnare mentre io ormai non potevo più, mi veniva una stretta al cuore”.
Una storia di pazienza, attenzione e umanità, che – nel corso di quattro decenni – ha insegnato tanto alle piccole menti della primaria di Rancio quanto alla loro insegnante al di là della cattedra. “Spesso vedevo, da parte di bambini che avrebbero potuto dare di più, oppure osservavo in loro un po’ di negligenza e per questo cercavo di spronarli a dare il massimo. Solo grazie all’aiuto di un parroco da cui una volta sono andata a confessarmi ho capito che questo è sicuramente un mio dovere, ma io sono stata solo una guida perché alla fine stava ai bambini trovare la propria strada”.
Ma la vocazione di Mirca Mazzina non si è certo limitata ai suoi anni come docente: due giorni a settimana, infatti, la storica maestra di Rancio svolgeva un servizio di volontariato presso i Frati Cappuccini aiutando nello studio alcuni bambini stranieri o figli di genitori lavoratori a tempo pieno, spesso anche interrogando i professori degli alunni per seguire lo stesso metodo adottato in classe anche nel doposcuola.  “La scuola ha riempito la mia vita e lo dico con orgoglio dato che, seppur io non abbia fatto chissà cosa, proprio per la mia fedeltà all’insegnamento ho ricevuto una medaglia d’oro da parte del sindaco Boscagli”. Eppure, oggi quella medaglia, dopotutto, rappresenta solo il meno prezioso dei ricordi collezionati negli anni da Mirca Mazzina, che ancora oggi quando la notte non riesce a dormire ripete a memoria le sue poesie più care, da Carducci a Pascoli, da Manzoni fino a quelle esposte quotidianamente con voce infantile, a volte a tentoni, dai suoi affezionati bimbi della scuola di Rancio.

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Rubrica a cura di Francesca Amato
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