Mandello: badante trascina a giudizio il suo datore di lavoro per violenza. In paese diffusi foglietti per farla passare per una 'escort'

L'ingresso del Tribunale di Lecco
"Da uomo avrei risolto la situazione diversamente ma c'è una Giustizia e voglio credere nella Giustizia". Si è espresso così, quest'oggi in Tribunale, il compagno di una giovane donne di origini albanesi, vittima - secondo un impianto accusatorio ancora tutto da provare - di molestie a sfondo sessuale messe in atto nei suoi confronti dal marito dell'anziana che, per una manciata di mesi, prima di dare le dimissioni e denunciare l'accaduto ai Carabinieri, ha assistito in un'abitazione di Mandello. Violenza sessuale il reato contestato al 64enne, non comparso al cospetto del collegio giudicante del Foro di Lecco - presidente Enrico Manzi, a latere Nora Lisa Passoni e Martina Beggio - ma rappresentato dal difensore Massimiliano Nessi. I fatti - per come rappresentanti dalla persona offesa, costituitasi parte civile per il tramite dell'avvocato Patrizia Guglielmana - risalgono alla primavera dello scorso anno. Ingaggiata quale collaboratrice domestica, la querelante - nata in Albania ma in Italia da oltre vent'anni - avrebbe subito fin dalle prime settimane di lavoro le "avance" dell'imputo che dapprima le avrebbe rivolto dei complimenti, sconfinando poi - sempre secondo la ricostruzione dell'accusatrice - in veri e propri strofinamenti, per arrivare in due occasioni a dei veri e propri toccamenti. Il padrone di casa una volta le avrebbe infatti infilato 100 euro in mezzo al seno e in altro contesto, mentre la colf guidava verso Lecco per prendere parte ad una cena organizzata dall'uomo per conoscere la di lei famiglia, avrebbe dapprima appoggiato di nuovo la mano sul petto della donna, riprovandoci poco dopo con l'interno coscia, non curante della presenza sul sedile posteriore di sua moglie (in condizioni di salute precarie) e del figlioletto della badante. Invaghitosi della straniera, il 64enne le avrebbe anche fatto dei regali indesiderati, tra ricariche telefoniche, pacchetti di sigarette, un buono per la spesa e uno da 50 euro per il parrucchiere, "per andarti a fare bella". "Ma io ero lì solo per lavorare e guadagnare il pane con la testa alta" ha voluto rimarcare la signora, trattata come una figlia dalla moglie dell'imputato ma - a suo avviso - finita per essere "oggetto del desiderio" del marito, troppo spesso "tazzato", per dirla con l'espressione scelta per descrivere la sua inclinazione alla bottiglia. E nel caso specifico il detto "lontano dagli occhi, lontano dal cuore" parrebbe non aver trovato terreno fertile: lasciato il posto, l'albanese sarebbe comunque rimasta nei pensieri del mandellese arrivato a scriverle messaggi nel cuore della notte e a cercare di racimolare informazioni su di lei tramite comuni conoscenti, come confermato da un barista e dalla donna presa poi in casa quale sostituta dalla denunciate. "Lui era innamorato di lei" ha detto quest'ultima, rispondendo alle domande del pubblico ministero Giulia Angeleri, ricordando altresì di aver ricevuto una piena confessione da parte del datore di lavoro circa gli approcci tentati verso la persona offesa. "Ci voleva provare con lei ma anche con me" ha altresì aggiunto la badante numero 2, anch'ella durata poco nel ruolo e a sua volta firmataria di una denuncia contro il 64enne - che l'avrebbe minacciata con un "ti voglio vedere bruciata viva", lanciandole in altro momento 200 euro accompagnate da un "ci sistemiamo dopo a letto" - poi però archiviata.
"Ci ha dato delle puttane perché non abbiamo fatto ciò che voleva" ha aggiunto invece la parte civile, portando a conoscenza il collegio anche di quelli che ritiene essere sviluppi recenti della vicenda. Nelle scorse settimane, infatti, avrebbe ricevuto la telefonata di un soggetto che le chiedeva una appuntamento per un massaggio accompagnato da una prestazione sessuale. Non capendo il riferimento, dopo aver pensato ad uno sbaglio nel comporre il numero, è stata invece notiziata della diffusione di volantini arrecanti il suo contatto e la sua disponibilità per incontri a "luci rosse". Ma non solo: presso l'abitazione della famiglia per cui ora lavora sarebbe stata recapitata una busta contenente una missiva a lei indirizzata e altri bigliettini nei quali viene indicata come "una poco di buono", per utilizzare un temine soft. Sull'accaduto indagano i Carabinieri, presso i quali ha sporto altre due denunce contro l'odierno imputato. Il convincimento è che ci sia connessione tra l'avvio del procedimento a suo carico e la diffusione di quei foglietti denigratori. Una correlazione da dimostrare, ovviamente. Mentre il processo, limitatamente ai fatti riferito allo scorso anno, proseguirà il prossimo 6 febbraio.
A.M.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.