Malgrate, ''Shopping a Hong Kong'': 5 testi raccontano gli acquisti delle borse griffate
Borse e portafogli delle marche più blasonate, scelti su cataloghi cartacei oppure online e acquistati a prezzi abbordabili rispetto a quanto offre solitamente il mercato.
E' quanto emerso dai racconti delle cinque testimoni chiamate a deporre stamani in tribunale a Lecco nell'ambito del processo che vede imputati Barbara P. e Paolo C., accusati a vario titolo di ricettazione, truffa, introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (secondo gli articoli 648, 640 e 474 del codice penale) nell'ambito di uno dei filoni processuali ingenerati dall'Operazione "Shopping in Hong Kong" condotta dalle Fiamme Gialle lecchesi e sfociata, sul finire del 2010, in una serie di denunce, tra cui, appunto, quelle a carico della coppia di Malgrate.
Stando al quadro accusatorio tracciato dal pubblico ministero Cinzia Citterio, titolare del fascicolo d'indagini ereditato dal predecessore Luca Fuzio, dopo aver introdotto nel nostro paese borse, portafogli, portachiavi, foulard, valige e affini, i due imputati, difesi dagli avvocati Stefano Pelizzari e Elisa Magnani si sarebbero creati un "giro" per rivendere tale "mercanzia". I prodotti commercializzati dalla coppia, recavano infatti i seguenti marchi: oltre a Louis Vuitton, Gucci, Tiffany, Chanel, Balenciaga, Prada, Yves Saint Laurent, Burberry, Hermes, Miu Miu, Fendi, E. Goyard.
Realizzati con particolare cura, solo in seguito ad accurati controlli sono risultati contraffatti.
Si è costituita parte civile per conto di Louis Vuitton, l'avvocato Laura Venni del foro di Como. La nota casa di moda francese è stata l'unica a prendere parte attiva nel procedimento penale, con la richiesta di un cospicuo risarcimento, pari a 100mila euro, oltre al pagamento di una provvisionale immediatamente eseguibile, per i presunti danni subiti.
Come dicevamo sono state cinque le testimoni ''sfilate'' in aula davanti al giudice Gian Marco De Vincenzi: tutte hanno raccontato di essere entrate in contatto con l'imputata e di avere acquistato almeno un prodotto griffato. ''Ho conosciuto Barbara perchè vendeva borse di varie marche - ha esordito la prima teste, rispondendo alle domande del pm Citterio - e con lei mi sono vista diverse volte. Sia a casa sua che in locali pubblici, dove avveniva l'ordinazione della merce e il ritiro. Io ho acquistato una borsa Louis Vuitton e alcuni portafogli, tutti dal costo di 100 euro in su''.
Secondo quanto hanno riferito le testimoni, all'interno gli oggetti riportavano i cartoncini di garanzia, mentre in generale gli articoli presentavano dei piccoli difetti di fabbricazione: di qui il costo abbordabile rispetto ai prezzi da boutique.
Anche la seconda testimone ha raccontato di essersi recata a casa dell'imputata per la scelta della borsa da acquistare: ''le mostrava via pc, non ho visto degli articoli in giro per la casa'' ha affermato, aggiungendo di averne comprate complessivamente quattro, consegnate o direttamente presso la sua abitazione o in altri luoghi concordati di volta in volta.
''Mio marito le acquista in un outlet in Francia'' ha affermato la terza testimone riferendosi alle parole che Barbara P. avrebbe pronunciato riguardo alla provenienza delle borse. ''Personalmente ho acquistato da lei una Louis Vuitton, pagandola 250 euro''.
La scelta dell'articolo da compare, avveniva solitamente dal pc dell'imputata che spesso dalla propria abitazione, secondo quanto hanno riferito le testimoni, mostrava cataloghi cartacei oppure online, gesto finalizzato a far scegliere alla cliente quale pezzo acquistare.
Il procedimento, al termine della deposizione delle cinque testimoni, è stato aggiornato all'8 luglio, quando saranno ascoltati altri tre testi del pubblico ministero.
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Realizzati con particolare cura, solo in seguito ad accurati controlli sono risultati contraffatti.
Si è costituita parte civile per conto di Louis Vuitton, l'avvocato Laura Venni del foro di Como. La nota casa di moda francese è stata l'unica a prendere parte attiva nel procedimento penale, con la richiesta di un cospicuo risarcimento, pari a 100mila euro, oltre al pagamento di una provvisionale immediatamente eseguibile, per i presunti danni subiti.
Come dicevamo sono state cinque le testimoni ''sfilate'' in aula davanti al giudice Gian Marco De Vincenzi: tutte hanno raccontato di essere entrate in contatto con l'imputata e di avere acquistato almeno un prodotto griffato. ''Ho conosciuto Barbara perchè vendeva borse di varie marche - ha esordito la prima teste, rispondendo alle domande del pm Citterio - e con lei mi sono vista diverse volte. Sia a casa sua che in locali pubblici, dove avveniva l'ordinazione della merce e il ritiro. Io ho acquistato una borsa Louis Vuitton e alcuni portafogli, tutti dal costo di 100 euro in su''.
Secondo quanto hanno riferito le testimoni, all'interno gli oggetti riportavano i cartoncini di garanzia, mentre in generale gli articoli presentavano dei piccoli difetti di fabbricazione: di qui il costo abbordabile rispetto ai prezzi da boutique.
Anche la seconda testimone ha raccontato di essersi recata a casa dell'imputata per la scelta della borsa da acquistare: ''le mostrava via pc, non ho visto degli articoli in giro per la casa'' ha affermato, aggiungendo di averne comprate complessivamente quattro, consegnate o direttamente presso la sua abitazione o in altri luoghi concordati di volta in volta.
''Mio marito le acquista in un outlet in Francia'' ha affermato la terza testimone riferendosi alle parole che Barbara P. avrebbe pronunciato riguardo alla provenienza delle borse. ''Personalmente ho acquistato da lei una Louis Vuitton, pagandola 250 euro''.
La scelta dell'articolo da compare, avveniva solitamente dal pc dell'imputata che spesso dalla propria abitazione, secondo quanto hanno riferito le testimoni, mostrava cataloghi cartacei oppure online, gesto finalizzato a far scegliere alla cliente quale pezzo acquistare.
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