Olginate: 20 anni dopo la chiusura del cantiere tutto è rimasto come ai tempi della Cleifer, con la galleria di servizio aperta e senza sicurezze né segnalazioni si accede al doppio binario
Era la notte tra il 3 e il 4 novembre del 1976, quando dalla collina che separa Olginate da Airuno, si staccò una frana di imponenti dimensioni. Travolse la linea ferroviaria Milano-Lecco, un oleodotto e l'allora Strada Statale 36. Solo per miracolo non ci furono vittime. Rimasero feriti in modo lieve tre automobilisti, finiti con l'auto contro la montagna di pietre e fango finita sulla carreggiata.
Le baracche tuttora visibili (foto scattate il mese scorso)
Lo smottamento si portò via circa trecento metri di binari e per molti mesi la linea ferroviaria rimase interrotta. Il transito dei treni riprese regolarmente solo dopo alcuni mesi, quando il Genio terminò la realizzazione di un ponte in ferro provvisorio che riallacciò i binari spazzati via dalla frana. Un'imponente struttura in ferro che in realtà, come accade spesso nel nostro Paese, pur essendo un'opera provvisoria rimase in servizio per alcuni decenni. L'area interessata dalla frana venne nel frattempo sgomberata dai detriti e trasformata in un enorme piazzale.
Successivamente venne occupata dal cantiere della Cleifer, il consorzio di imprese che si aggiudicò l'appalto per la realizzazione della nuova linea ferroviaria a doppio binario, tra Airuno e Calolziocorte. Il progetto, poi realizzato, prevedeva il superamento del tratto interessato dalla frana, attraverso una moderna galleria scavata nel cuore della montagna. L'area venne così attrezzata per ospitare gli impianti e le apparecchiature necessarie per scavare chilometri di roccia viva nel ventre della collina. Ma vennero anche installate le “casette”, che furono le abitazioni di centinaia di operai che per gli anni successivi lavorarono alla realizzazione dell'opera.
L'ingresso del tunnel che conduce ai binari sotto la collina
Dopo oltre quarant'anni, transitando lungo quella che oggi è la Provinciale 342 Dir, è ancora visibile lo squarcio nella collina in località Fornasette, in territorio di Olginate e al confine con Airuno. E a prima vista anche se di dimensioni più modeste, ancora oggi sul crinale si notano smottamenti e frane avvenuti in tempi recenti.
Sono trascorsi ormai vent'anni da quando l'area cantiere è stata dismessa e abbandonata. E così nei giorni scorsi, sollecitati anche da alcuni lettori incuriositi, abbiamo deciso di inoltrarci nell'area abbandonata per scoprire cosa è rimasto dopo tutti questi anni. In realtà l'area è recintata, ma vi si accede comodamente attraverso i varchi aperti nella recinzione da anonimi visitatori. La prima cosa che colpisce è un divano abbandonato, proprio davanti all'ingresso. Varcato il cancello sulla destra compare una fila di baracche, che si intravede anche dalla strada. Una ventina circa di stanzette, che ospitavano gli operai quando l'area era un enorme cantiere.
Il secondo cancello a metà tunnel... aperto
I binari della linea ferroviaria Milano-Lecco
La manodopera del Consorzio arrivava da tutta Italia, in particolare dal Sud, e disponeva in posto di alloggi, spazi comuni, mensa... Piccole stanze, rivestite in legno, ancora in ottimo stato, nonostante gli anni di abbandono e le intemperie. Le finestre sono state sfondate e all'interno c'è un po' di tutto, compresi resti di cibo abbandonati di recente. Per quale motivo siano state abbandonate non è dato sapere. La natura intano non è rimasta a guardare e negli anni si è riappropriata dell'enorme area, che ora è coperta da una fitta vegetazione. Tra gli alberi sono visibili alcune strade sterrate che consentono di addentrarsi agevolmente anche con mezzi a motore e raggiungere la base della collina, nel “ventre” della quale scorre la galleria a doppio binario.
UNA GALLERIA CHE PORTA NEL VENTRE DELLA MONTAGNA E... SUI BINARI
Inoltrandoci nella fitta vegetazione abbiamo raggiunto i piedi della collina. Davanti a noi appare una grande volta scavata nella roccia, chiusa da un enorme portone in ferro. E' la “canna” attraverso la quale gli operai raggiungevano il “ventre” della montagna, posta circa a metà della galleria che dalla stazione di Airuno passa sotto la montagna e sbuca poco prima del ponte sulla ex Statale 36. Da quella galleria sono stati asportati migliaia di metri cubi di pietra viva, estratti dalla montagna.
Con grande sorpresa scopriamo che l'enorme portone in ferro è aperto. Decidiamo di inoltrarci convinti che dopo pochi metri avremmo trovato l'accesso sbarrato. E invece ci è stato possibile proseguire per un lungo tratto, anche quando ormai la galleria è diventata buia. Con la torcia del cellulare abbiamo illuminato il percorso e soprattutto i punti dove mattavamo i piedi. Effettivamente dopo un centinai di metri ci siamo trovati di fronte un altro cancello in ferro, incredibilmente aperto. Abbiamo allora deciso di proseguire, anche se con un po' di timore. Del resto sia al primo accesso che al secondo cancello, non c'è nessuna indicazione di pericolo, come nessun divieto di accesso. Non credevamo ai nostri occhi, quando in un silenzio surreale, la torcia del cellulare ha illuminato il binari del treno. I pratica senza alcuna difficoltà abbiamo raggiunto il cuore della montagna, ma non solo, eravamo sui binari del treno.
Senza segnalazioni di pericolo o di divieto, senza alcuna protezione, siamo arrivati sulla linea ferroviaria. E come lo abbiamo fatto potrebbe farlo chiunque...
STORIA
LA NOTTE DELLA FRANA
“Era l'una meno dieci della notte tra il 3 e il 4 novembre, il mio Franco di 22 anni era appena andato a letto, anch'io e mio marito stavamo andando a dormire. Ho prima sentito un crepitio intenso venire dalla collina, come un gran rovescio di grandine nel bosco, oppure come se tutti i rami degli alberi si spezzassero contemporaneamente. Una cosa strana, chiamai mio figlio, ma subito ci fu come un colpo di vento, la porta della stanza da letto si spalancò di botto, tutte le imposte tremarono. Ci affacciammo, a venti metri da casa vedemmo un muro di fango alto un paio di metri e lungo qualche decina, che il giorno prima non c'era: ci buttammo fuori più meravigliati che spaventati, non capivamo ancora che cosa poteva essere successo”.
Così raccontava ai giornali il giorno dopo la frana, Celestina Milani in Fumagalli, testimone diretta dello spaventoso smottamento che si è tirato dietro mezza collina. Trenta, forse quarantamila metri cubi di terra, fango e pietrisco staccatisi fra quota 387 e quota 366, che si sono portati via circa trecento metri della linea ferroviaria Milano-Lecco costruita a mezza costa sulla montagna. Ma non solo, venne travolta anche la galleria Fornasotto e rimasero i binari sospesi nel vuoto con le traversine ancora attaccate, mentre dall'oleodotto sotterraneo della Snam “Italia-Germania”, anch'esso divelto dallo smottamento, fuoriusciva petrolio che si disperdeva nel fango.
Il figlio della donna allora raggiunse di corsa la trattoria “Le Fornasette” per telefonare e lanciare l'allarme, quando vi arrivò scoprì che la linea telefonica era interrotta. A quel punto si fece prestare un motorino in sella al quale si precipitò a rotta di collo fino in stazione ad Airuno per dare l'allarme. I ferrovieri riuscirono a fermare per tempo il treno che sarebbe transitato di li a poco, evitando conseguenze ben più gravi e nefaste.
L'INCONTRO TRA LE DUE GALLERIE
I lavori di costruzione della galleria nord, iniziati nel 1984, si conclusero nel 1988. Dal lato di Airuno era l'impresa Cariboni ad occuparsi degli scavi, dal lato di Olginate il Consorzio Cleifer. Il tutto è documentato nei puntuali reportage effettuati all'epoca dall'allora presidente della Pro Loco Tarcisio Longhi e custoditi ora, con grande cura, da Rosa Mauri. Ricordo ancora oggi il giorno in cui nel 1987, le autorità e stampa furono invitate ad assistere all'abbattimento del diaframma che avrebbe fatto incontrare dentro la montagna, sotto la Rocca di Airuno, gli operai che avevano iniziato a scavare da Airuno, con quelli che invece erano partiti dal centro della montagna.
Ci fecero salire tutti su un pullman che proprio attraverso questa galleria si diresse verso il cuore della collina. Una volta raggiunto la galleria centrale, quella dove oggi corrono i treni, l'autobus aveva svoltato a sinistra, verso Airuno. Percorsi alcune centinaia di metri il mezzo di era fermato di fronte alla parete di pietra, Venimmo invitati a scendere per renderci conto che la galleria finiva lì. Dopo un breve sopralluogo risalimmo sul pullman per tornare nuovamente all'esterno, nell'area del cantiere. Intanto venivano collocate le cariche e dopo pochi minuti venivano fatte brillare. Trascorso il tempo necessario per far disperdere il fumo e la polvere il pullman ci aveva portati nuovamente dentro la “pancia” della montagna, dove ad attenderci, invece della parete di roccia c'erano gli operai e tecnici che sul lato di Airuno. Ricordo ancora l'emozione e la soddisfazione dei tecnici, nel constatare la precisioni dei lavori: le due gallerie, seppur scavate da due direzioni diverse, coincidevano tra loro alla perfezione.
Angelo Baiguini