LFF: 'occorre fare qualcosa che potrebbe sembrare un passo indietro'. Parola a Violante Placido
Passerella sul lungolago e in piazza XX settembre per Violante Placido, poi l’arrivo in piazza Garibaldi per la prima serata del Lecco Film Festival sul tema “Donne oltre gli sche(r)mi” che aveva in programma appunto un’intervista all’attrice (e cantante) italiana e successivamente la proiezione del film americano “Piccole donne” di Greta Gerwig con Emma Watson.
Poi le esperienze con gli attori americani. George Clooney, per esempio, amabile sul set ma che, finite le riprese, spariva: «Ma lo capisco, perché altrimenti sarebbe stato assediato. Non si poteva entrare con in un bar per bere un caffè. Questo è un aspetto del mio lavoro che mi fa paura, essere famosi, essere assediati, considerati degli oggetti sempre a disposizione». Oppure Nicolas Cage, irraggiungibile sul set chiuso com’è nel proprio personaggio, ma smessi i panni dell’attore «molto generoso e forse anche fragile».
La passerella di Violante Placido in centro città
La prima domanda a Violante Placido – arrivata da Gianluca Arnone, giornalista della rivista “Il cinematografo – ha riguardato il lockdown che ha fermato lo spettacolo e in relazione al quale questo festival lecchese vuole essere, come hanno detto i suoi organizzatori, quasi un segnale di ripartenza.
«L’ho vissuto bene – ha risposto Placido – in maniera costruttiva. Fortunatamente sto bene io e non ho avuto conoscenti ammalati. Certo, le notizie erano tremende. All’inizio stavo sempre attaccata alla Tv e mi chiedevo “Sto sognando o sta succedendo veramente?”. Dopo un po’, ascoltare sempre il Tg anche prima di andare a dormire l’ho trovato insopportabile. Ho cercato così di fare tesoro di questo momento di stasi. In una società dove si corre sempre, abbiamo perso tanto. Bisogna vivere per stare bene. Viviamo in una società nella quale invece sembra di vivere per stare male. L’economia deve muoversi, certo, ma spesso si muove solo per qualcuno. Siamo tutti nella stessa barca e quando siamo in ginocchio siamo tutti uguali. Occorre fare quello che potrebbe sembrare un passo indietro. Pensando anche all’ecologia».
Poi le esperienze con gli attori americani. George Clooney, per esempio, amabile sul set ma che, finite le riprese, spariva: «Ma lo capisco, perché altrimenti sarebbe stato assediato. Non si poteva entrare con in un bar per bere un caffè. Questo è un aspetto del mio lavoro che mi fa paura, essere famosi, essere assediati, considerati degli oggetti sempre a disposizione». Oppure Nicolas Cage, irraggiungibile sul set chiuso com’è nel proprio personaggio, ma smessi i panni dell’attore «molto generoso e forse anche fragile».
D.C.