Lecco: la ripartenza dal punto di vista degli architetti. I 3 'punti' della presidente dell'OAPCC Giulia Torregrossa per una città a misura d'uomo

Giulia Torregrossa
La presidente dell’Ordine di Lecco ne è sicura: per la ripartenza post Covid non si può prescindere dagli architetti, “professionisti che possono vantare competenze in termini tanto di pianificazione quanto di bellezza, quella bellezza che diventa poi un “prendersi cura”, un “immaginare il futuro” cogliendo aspetti sociologici e psicologici indispensabili per progettare le nostre città”.
“Vorrei che passasse il messaggio che noi architetti siamo importanti e pronti a metterci a disposizione” ci ha detto Giulia Torregrossa, alla testa degli 850 iscritti all’OAPCC – di cui 315 donne – che ha recentemente tagliato il traguardo del 25° anniversario di fondazione, con i festeggiamenti interrotti anzitempo dalla “tempesta” del Covid che “ha sconvolto tutto e tutti, come una guerra”. E ora che è tempo di ricostruire, non si può che partire da quella bellezza “tanto ricercata da numerosi colleghi come Paolo Manzoni (il 72enne lecchese laureatosi in Architettura e Design, con due diverse specializzazioni, dopo la pensione dalla sua carriera di veterinario, ndr.), che ne fanno il punto di partenza del loro lavoro”.
“Il Covid ha creato parecchie complicazioni nel nostro settore, anche in provincia di Lecco” ha affermato Giulia Torregrossa. “Abbiamo vissuto mesi difficili, spesso di inattività o comunque di incertezza, ma di contro abbiamo avuto la possibilità di rallentare, fermarci un attimo e ragionare sulla nostra professione, come abbiamo avuto modo di fare in occasione degli incontri per il 25° anniversario: tra colleghi ci siamo confrontati molto sull’importanza del nostro ruolo all’interno della società, domandandoci se sarà davvero riconosciuto e istituzionalizzato, se gli studi piccoli saranno in grado di sopravvivere e quelli grandi di continuare sulla strada intrapresa”.
“Durante una recente conferenza l’avvocato Carla Broccardo – intervenuta con l’architetto Alessandro Melis, curatore del padiglione Italia alla Biennale 2020 e autore del progetto “Comunità Resilienti” – ci aveva parlato del futuro come di un momento di discontinuità con il passato. E allora quali potenzialità abbiamo? Credo che serva più consapevolezza sulla nostra professione: come architetti possiamo davvero cambiare il mondo, le città, i modi di vivere, e ora ci viene chiesto di farlo” ha proseguito la presidente. “Se pensiamo a quello che abbiamo passato negli ultimi tempi, non possiamo fare a meno di riconoscere che le case – ora luoghi di riferimento anche per la nostra routine lavorativa – dovranno essere progettate diversamente, magari con terrazzi, studi per i genitori e camere con ampie scrivanie per i ragazzi, ma anche locali comuni (utilizzabili, volendo, a turno) nei grandi palazzi. Per non parlare degli uffici, improvvisamente più vuoti e dunque da ridimensionare, in tempi in cui lo smart-working non è più un’opportunità, ma un’esigenza. E ancora le scuole, alla ricerca di luoghi aperti, o comunque diversi rispetto a quelli a cui siamo sempre stati abituati”.
Tutti discorsi che, naturalmente, si applicano bene anche al territorio lecchese, che ora più che mai “reclama spazi pubblici adeguati, grandi abbastanza per consentire di mantenere la socialità nel rispetto delle norme di distanziamento”. A questo proposito, secondo l’architetto Giulia Torregrossa sono tre i punti da cui partire nel prossimo futuro, per una città “a misura d’uomo”: i parchi, le piste ciclabili e i piccoli paesi che circondano il capoluogo.
“Abbiamo bisogno di aree verdi più usufruibili, controllate e pulite, in cui bambini, adulti e anziani possano ritrovarsi per rilassarsi, fare attività fisica anche in gruppi organizzati, gustare un gelato acquistato direttamente sul posto…” ha suggerito. “È quindi necessario un progetto ampio, in cui convogliare le energie, le idee e le competenze di diverse professionalità e di singoli cittadini, seduti intorno a un tavolo. Lo stesso discorso vale per le piste ciclabili, da collocare in un contesto sicuro, separato dal traffico cittadino: mi rendo conto di quanto sia difficile, ma almeno bisogna provarci, insieme. Senza dimenticare i piccoli paesi, presi d’assalto in questa estate così insolita: è importante valorizzarli a dovere, con i servizi necessari e i giusti collegamenti con la città”.
E poi un “sogno” di Giulia Torregrossa: trasformare Villa Guzzi, ex sede locale del CONI, in una sorta di Centro Studi, un "contenitore di idee" per ospitare incontri, mostre, tavole rotonde e altri momenti di confronto con istituzioni e associazioni di categoria nella prospettiva, più a lungo termine, di rendere Lecco una “smart city”, una “città intelligente” dove è possibile ottimizzare e migliorare infrastrutture e servizi grazie all’innovazione tecnologica.
Per quanto “non abbiano la bacchetta magica” – per ammissione della stessa presidente dell’OAPCC – qualche spunto di riflessione post Covid gli architetti lecchesi lo hanno quindi lanciato. Anche per chi – aggiungiamo noi – si insedierà il prossimo mese a Palazzo Bovara.
B.P.
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