Lecco, Archivio Badoni: 150.000 euro in tre anni per restauro e valorizzazione

Ora che l’archivio Badoni è ormai “tornato a casa”, si apre un nuovo capitolo del lavoro necessario per il restauro e la valorizzazione di questo patrimonio lecchese. Com’è noto, infatti, nell’ultimo anno si è concluso il lungo processo che ha permesso di riportare sia l’archivio storico sia quello famigliare della nota azienda in città, in particolare nell’ex polo della maternità oggi ristrutturato.


L'ex polo della maternità

A ripercorrerne le vicende, l’assessore alla Cultura Simona Piazza durante i lavori della commissione IV di giovedì sera. L’Archivio Badoni ha una storia molto lontana: le prime ricerche risalgono al 1980 e già nel 1981 c’è una dichiarazione da parte della sovrintendenza di "notevole interesse storico". Nel 1993, dopo il fallimento della ditta, anche l’archivio dovette essere dismesso e l’Amministrazione ne ottenne l’affidamento dapprima con allocazione fisica presso la scuola edile e poi a Cremona in uno spazio adibito allo scopo. A seguito di un accordo quadro con Provincia, Regione e Politecnico, legato al recupero del polo dell’ex maternità, il Comune ha poi avanzato la proposta di allestire lì anche l'archivio, perché i locali erano considerati idonei per accoglierlo e valorizzarlo. Risale al luglio 2016, invece, la vera e propria concessione dello spazio di 296 metri quadrati dalla Provincia al Comune, alla quale ha fatto seguito, l'anno successivo, l'affidamento in maniera stabile all’Amministrazione; nel luglio 2020, infine, l’approvazione del comodato d’uso.



“Questo archivio ha un’importanza strategica perché rappresenta un pezzo di storia del territorio e della sinergia dei lecchesi con l’industria e la cultura del ferro - ha detto Simona Piazza -. La ditta Badoni è conosciuta in tutto il mondo: adesso è possibile visitare questi spazi e accedere a questi archivi per catalogare e valorizzare il patrimonio con l’obiettivo di creare mostre, studi, ricerche e convegni”.
Per raggiungere questo risultato c’è però ancora del lavoro da fare. A spiegare come l’Amministrazione comunale intenda procedere è stato il direttore dei Servizi e delle attività museali Mauro Rossetto, che ha iniziato con una premessa: “Si tratta di un archivio particolarmente importante a livello nazionale per la storia dell'industria e della tecnica, legato alla stagione della costruzione delle grandi opere in ferro e ferro-cemento, e che copre diversi periodi: dal 1850, quando la Badoni assunse un ruolo di leadership nel settore, per poi entrare nel 1915 nella produzione di materiali per l’impiantistica per le aziende idroelettriche, gasometri, teleferiche e funivie, diventando a seguire, nel periodo bellico, prima fornitrice e produttrice per l’Esercito italiano".
Dopo la guerra la ditta continuerà con la costruzione di semilavorati in cemento armato, che porteranno alla realizzazione delle campate per il rifacimento del ponte sul Bosforo. Tutto questo è documentato dall’archivio con migliaia di documenti e carteggi di vario tipo: 4.950 pezzi pieni a loro volta di "faldoni" e 2.000 fascicoletti sciolti; circa 191 registri delle commesse dai quali si vede come la Badoni avesse le più grandi aziende italiane come clienti; ma anche 120-140mila disegni e 186 raccolte di fotografie, fatte realizzare dalla proprietà per documentare gli interventi di cui si era occupata e si stava occupando nel mondo.
“L’anno scorso - ha continuato Rossetto - abbiamo avviato il percorso organizzativo e burocratico per trasferire l’archivio: è stato molto complesso ma ora è praticamente concluso. La cosa che ci ha sorpreso è stata l’autonomia di spazio della nuova sede che ci ha permesso di unificare i due archivi, storico e famigliare, ma anche di creare una sala consultazione, che è stata allestita nell’area di accesso”.


La sala consultazione

Adesso manca la seconda corposa parte del progetto che riguarderà solo l’archivio tecnico e che verrà realizzata nei prossimi tre anni, per la quale Palazzo Bovara ha stanziato 150mila euro: “Il primo passo sarà quello di inventariare e censire le singole unità con un programma specializzato che ci permetterà di interagire anche con l'apposito portale di Regione Lombardia, per poi ricondizionare questo materiale; in secondo luogo si procederà con la digitalizzazione, la metadatazione e la schedatura analitica dei progetti più significativi; infine prevediamo il completamento della banca dati per poi impostare iniziative divulgative e di comunicazione dell’archivio”.
M.V.
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