PAROLE CHE PARLANO/84

Azzardo e aleatorio

Azzardo non è una parola che suscita molta simpatia. Da una parte ci ricorda l'esistenza di quei giochi in cui, affidandosi alla sorte, molte persone dilapidano soldi su soldi, precipitando nel vortice di quella malattia vera e propria definita ludopatia. Dall'altra, sempre però col significato di rischio non calcolabile, ci rimanda a chi sfida la sorte con atti arditi e imprese audaci o avventate. Per estensione, ha assunto anche il significato di osare, per cui possiamo azzardarci a porre una domanda indiscreta o a presentare una proposta temeraria. Non dovremmo stupirci, pertanto, se l'etimologia ci conduce al francese hasard e, a sua volta, all'arabo az-zhar che significa non a caso dado, lo strumento per eccellenza del gioco d'azzardo e del rischio connesso.
Aleatorio è un termine che ha la stessa origine di azzardo; deriva infatti dal latino alea, cioè dado (chi non ricorda le parole di Giulio Cesare che, attraversando il Rubicone, disse: alea iacta est?). Ma forse c'è qualche sfumatura di significato che lo rende più elegante del suo gemello: sicuramente rimane l'incertezza del lancio di un dado, che tuttavia non richiama il rischio incosciente e malato, ma solo l'insicurezza del risultato. Così è entrato in matematica, con le variabili aleatorie (o stocastiche); in diritto, con i contratti aleatori, dove il valore della prestazione dipende da un fattore d'incertezza, come per le assicurazioni; nella finanza, dove l'andamento delle borse, non sempre prevedibile, finisce per essere aleatorio; in arte, dove il successo di un libro o di uno spettacolo è spesso aleatorio.


PER RILEGGERE LE PRECEDENTI PUNTATE DELLA RUBRICA, CLICCA QUI
Rubrica a cura di Dino Ticli
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.