Okkupare una scuola per protesta contro i risultati elettorali: un gran brutto segnale dalle nuove leve

Esaurita la fase delle prevedibili (e perciò poco spiritose) reazioni ironiche degli sconfitti alle elezioni politiche 2022, assodato perciò che i treni arriveranno in orario, che verrà bonificato qualche altro agro, che si mieterà il grano a petto nudo e che si saluterà con il braccio destro alla prescritta inclinazione di 135 gradi, speravo che la nostra società potesse dimostrarsi migliore dei politici che ha eletto, a quanto pare suo malgrado.
Speravo nella saggezza utopica delle nuove generazioni, e invece uno dei loro primi gesti simbolici è stato occupare una scuola, il liceo Manzoni di Milano, per protestare contro la vittoria della Destra.
"Scegli.", recitava lo slogan della parte a cui evidentemente facevano riferimento questi giovani (saranno poi andati a votare domenica?), esattamente col punto fermo. E gli elettori hanno scelto: punto.
Io non ho alcuna simpatia destrorsa: non voglio difendere Fratelli d'Italia e men che meno la Lega. Più della retorica bolsa e blesa degli sconfitti (che naturalmente non hanno perso, perché le elezioni sono quella cosa in cui perdono sempre gli altri), provo però una profonda antipatia per queste nuove generazioni dalle quali mi sarei aspettato più intelligenza, pazienza, fantasia.
Mi rendo conto che quando la parte politica per la quale simpatizzi basa l'intera campagna elettorale in modo manicheo, demonizzando gli avversari, e agitando lo spettro antidemocratico e fascista, la reazione delle masse non può che essere questa: dimenticarsi delle regole che chiedono di accettare e rispettare democraticamente la volontà del popolo italiano, considerare stupidi tutti coloro che non hanno votato come te, e prendere la ancor più stupida decisione di occupare una scuola, la vera culla della coscienza democratica.
Non c'è una hit parade dei licei, ma stride ancora di più che il liceo occupato sia intitolato ad Alessandro Manzoni. Che evidentemente questi studenti frequentano senza aver raccolto, nemmeno per contagio passivo, una briciola dell'intelligenza politica di colui a cui è intestato, l'autore di "Marzo 1821", del "Cinque Maggio", del "Proclama di Rimini", dei "Promessi sposi".
Al capitolo ventisettesimo dei "Promessi sposi" è don Ferrante, il ridicolo e tronfio don Ferrante, a dare una definizione azzeccata della politica. Dice, infatti, che la storia senza la politica è una guida che cammina, cammina, con nessuno dietro che impari la strada, e per conseguenza butta via i suoi passi. E che "la politica senza la storia è uno che cammina senza guida".
Ora, la storia pregressa dei partiti che hanno vinto queste elezioni, la storia alla quale fanno riferimento in modo non velato, non è limpida. Se saranno le pagine di quella storia ventennale a fare da guida alla politica dei prossimi cinque anni bisognerà fare qualcosa di più che occupare un liceo un lunedì mattina!
La spiego più facile, nel caso in cui questi studenti e i loro sponsor ideologici non amassero Manzoni. Diceva Julio Velasco che "chi vince festeggia, chi perde spiega". Noi siamo al "chi perde protesta", e questo è un comportamento sinistro, meno democratico di quelli contro i quali si vorrebbe protestare.
È davvero un brutto segnale. Più brutto, per chi lo considera brutto (io lo considero brutto), della vittoria della Destra.
Stefano Motta
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