Lecco: 'partigiano dell'Ospedale', dopo 35 anni di servizio va in pensione il dottor Luigi Piatti

Ancor prima di affrontare la maturità, sapeva già leggere un cardiogramma. “Da grande farò il Cardiologo”, del resto, lo aveva deciso a tredici anni, mentre suo padre Carlo teneva a battesimo il reparto di Cardiologia del Manzoni di Lecco. Da ieri, 1° novembre, il dottor Luigi Piatti è ufficialmente in pensione, dopo oltre 35 anni di servizio - tra via Ghislanzoni e via dell'Eremo – in quello che ha sempre ritenuto essere, per affetto, il “suo” Ospedale. Un traguardo tagliato non certo in picchiata ma planando verso l'arrivo, dopo aver accumulato qualcosa come cento giorni di ferie arretrati, complici anche i “bonus” spettanti a chi, come lui, responsabile dell'Emodinamica dal 2010, lavora “esposto” alla radiazioni. Gli viene però da sorridere ricordando come “in gioventù” ha bruciato gran parte dei riposi tra il San Donato e l'Ospedale di Bergamo (seguendo un maestro come il dottor Valsecchi, pure lui lecchese) per assorbire le novità in tema di angioplastica coronarica e portarle poi al Manzoni. Perché se papà Carlo era un clinico, Luigi Piatti si è sempre sentito interventista vivendo poi, nel corso della sua carriera, l'impressionante evoluzione della disciplina, potendo contare, in prima battuta, “in casa”, al Manzoni, su uno “sponsor” come il direttore generale Roberto Rotasperti che, con lungimiranza, ha creduto in un settore in cui, ancora oggi, pur con un ritmo assai meno vorticoso dell'accelerazione registrata tra il 2000 e il 2010, c'è movimento.

Il dottor Luigi Piatti

“Noi, per il bacino lecchese, facciamo tutto, anche se ora si sta andando verso una super specializzazione ed i sono ormai troppo anziano” sostiene, senza rammarico. Anzi. “Mi è piaciuto seguire tutta la fase di sviluppo. Di mio ho sempre avuto una predisposizione naturale ad usare le mani (eredità forse dell'officina meccanica del nonno ndr). Ed ho avuto la fortuna di trovarmi in un fiume in piena” afferma con convinzione, ricordando altresì come al Manzoni, negli anni, sono state introdotte tutte le tecniche per più complessi interventi strutturali: sostituzione aortica transcatetere e interventi di chiusura di pervietà del forame ovale, difetti interatriali, difetti interventricolari e dell’auricola sinistra...
“Nel 2006, credo, siamo stati tra i primi a mettere stent a rilascio di farmaco nell'infarto. Ora lo fanno tutti” rammenta ancora il dottor Piatti, citando un “evento” – l'infarto appunto – sempre “adrenalinico” per il Cardiologo, secondo – senza il rischio di passare per blasfermi – solo a Dio nel decretare vita o morte del paziente.
Il suo racconto  – quasi sorprendente in un mondo di “lagne” – lascia chiaramente traspare quel “piacere di entrare in ospedale”, mai venuto meno nel tempo. Pur pesando sempre più non tanto le “alzatacce” improvvise per emergenze notturne, quanto piuttosto il dover poi tornar velocemente a carburare per affrontare, senza soluzione di continuità, l'ordinario.

Il dottor Piatti in azione (foto: www.luigipiatticardiologo.it)

I numeri – lasciando un attimo da parte le emozioni – parlando di una Emodinamica solida, con il Manzoni scelto, con l'avvento del Covid, quale centro hub, per il coronarico. “L'attività è così cresciuta moltissimo. Devo ammettere che mi ha salvato la mente: sarei stato altrimenti impreparato, come tanti. Ho continuato invece a occuparmi di infarti, magari sì, anche in pazienti con il Covid ma è stato diverso... E l'onda lunga dell'emergenza – per via di ospedali ripartiti assai lentamente – l'abbiamo poi vissuta anche nei primi mesi del 2021, continuando a essere riferimento per un bacino grande più del doppio del nostro...” chiosa il Cardiologo, assolutamente non stanco della professione e intenzionato ora, dunque, a non appendere il camice al chiodo, continuando (quantomeno) a portare avanti il suo studio di via Plinio. E se in famiglia non ci sarà un altro “dottor Piatti”, al Manzoni, quale responsabile dell'Emodinamica, il testimone è già passato al dottor Gianluca Tiberti. “E' bravo e generoso” assicura il pensionato, congedatosi da amante della montagna (per vent'anni ha indossato anche la divisa del soccorso alpino) con un messaggio ai colleghi che... richiama il mare. Eccolo.
Cari "compagni di viaggio",
65 anni di età, 46 di contributi... vengo automaticamente collocato a riposo, dopo una vita di lavoro in Ospedale con grande impegno e soddisfazione.
Mi sono sentito parte della Cardiologia dal 1970, allora tredicenne, quando il reparto di Cardiologia all'Ospedale di Lecco è stato fondato dal Prof. Ranzi, da mio padre Carlo e dal Dr. Locatelli. Ho studiato per fare il Cardiologo; innamorato della mia città e partigiano del mio Ospedale, ho fortissimamente perseguito l'idea di lavorare in Cardiologia a Lecco, dove sono giunto 35 anni fa.
L'inclinazione naturale ed il caso mi hanno portato ad occuparmi di Cardiologia interventistica, giovane super-specialità, quando ero un giovane medico, ambito in cui ho avuto il privilegio di lavorare per oltre trent'anni, durante i quali questo settore della Medicina ha avuto sviluppi senza pari, facendo di me un testimone e protagonista di tali sviluppi, che ho contribuito a portare e far crescere nel mio Ospedale, che ho tanto amato.
Alla soddisfazione professionale, si aggiunge quella umana. In tutti questi anni ho lavorato con molte persone e molti sono coloro con cui ho sperimentato forti sentimenti nati dal lavoro gomito a gomito senza risparmio e da condivisione di timori, speranze, delusioni, successi, soddisfazioni ed anche amicizia.
Ed ora eccomi qui, anziano, ma non vecchio, ancora forte, ma con meno riserve di energia; all'Ospedale dove ho per tanti anni lavorato si presentano nuovi problemi, che sento diversi da ciò per cui so di potermi mettere in gioco con efficacia, vascello con una rotta che non è esattamente quella dove punta la mia bussola.
Sento di non poter fare per il mio Ospedale meglio di ciò che ho fatto: è giunto il momento di lasciare... è stata una bellissima storia... un abbraccio a tutti i veri "compagni di viaggio".
A.M.
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