Da Piazza Garibaldi all'Ospedale Manzoni: è 'a casa' l'osso che omaggia Mauri, Ilizarov e una eccellenza lecchese

Dopo aver incuriosito per mesi coloro che si sono trovati a transitare dinnanzi a Palazzo delle Paure – interessando anche Striscia la Notizia e finendo così alla ribalta nazionale –  la scultura “Ilizarov”, rappresentazione dell'apparato chirurgico ideato e messo a punto negli anni '50 per l'appunto dal medico russo Gavriil Abramovič Ilizarov, ha trovato “il suo giusto posto”.

Il Dg Favini, Francesca Mauri e il sindaco Gattinoni davanti alla scultura

Dove? All'esterno dell'Ospedale Manzoni – sul pianerottolo tra le due rampe dello scalone centrale d'accesso al presidio, dinnanzi all'Aula Magna – rendendo così omaggio allo stesso tempo a Carlo Mauri, colui che portò “la gabbia” a Lecco e al nosocomio stesso divenuto centro di riferimento (inter)nazionale per tale metodo in grado, attraverso un fissatore esterno di distrazione osteogenica, di correggere difformità ossee e articolari.

Paolo Favini

Mauro Gattinoni

Alpinista ed esploratore, Carlo Mauri, originario di Rancio, come ricordato quest'oggi dal primario dell'Ortopedia del Manzoni Pietro Poli, si ruppe una gamba “banalmente” sciando, nel 1961, vivendo poi – come aggiunto dal sindaco Mauro Gattinoni - “per 17 anni con una disabilità”, fino a quando durante una delle sue spedizioni conobbe un medico sovietico che lo “inviò” dal collega  Ilizarov, in Siberia, che, già da tempo, con i pochi strumenti a disposizione, aveva iniziato a sfruttare, attraverso fissatori esterni, la capacità propria dell'osso di autorigenerarsi.

Piero Poli

Francesco Guerreschi

Mauri, da avventuriero qual era – essendo altresì arrivato a odiare quella gamba lo ostacolava – accettò, intraprendendo – come evidenziato dal direttore generale dell'ASST di Lecco Paolo Favini -  un “viaggio coraggioso verso l'ignoto clinico”.
L'eccentrico dottore con base a Kurgan promise al lecchese la guarigione completa in tre mesi e così fu. Una volta raggiunto il risultato Mauri “non lo volle tenere per sé” ha aggiunto il dottor Francesco Guerreschi, responsabile del Centro Ilizarov dell'ASST e tornato dunque all'ombra del Resegone coinvolse l'ortopedico Angelo Villa che a sua volta, con il professor Roberto Cattaneo e il dottor Mauri Catagni, volle l'inventore del nuovo metodo a Lecco.

Francesca Mauri

Sullo schermo una foto del dottor Ilizarov

“A casa nostra, in un assolato pomeriggio di luglio, spiazzò tutti noi, astemi, chiedendo della vodka” ha ricordato Barbara Cattaneo, direttrice dei musei lecchesi e figlia di Roberto. “Era simpaticissimo, ricordo che passò il pomeriggio a bere vodka e a fare giochi di prestigio. L'incontro di Bellagio poi fu qualcosa di rivoluzionario”. Ilizarov  per tre ore intrattenne i colleghi, riuniti in convegno, spiegando ciò che era in grado di fare, per poi operare egli stesso il primo paziente dell'Ospedale Manzoni – e dell'intero mondo occidentale – a cui fu applicata “la gabbia”. Era il 1981. Nasceva una “tradizione” lecchese che ha oggi in Guerreschi – attuale presidente della Società Italiana Fissazione Esterna - “l'erede legittimo” di Ilizarov, pronto a cedere le redini della struttura, essendo ad un anno dalla pensione, ai colleghi Camagni e Biffi.

Oltre 10.000 i pazienti operati dall'81, con 50.000 utenti transitati dall'ambulatorio dedicato e oltre 3.000 medici venuti a Lecco per “imparare”. Tutto grazie a Mauri e a quel “limite” spostato più in la, con generosità. “Tra le tante spedizioni di mio padre, considero quella a Kurgan la più importante” ha detto la figlia Francesca “consegnando” simbolicamente la scultura in ricordo di Carlo all'ospedale. “Ha fatto la differenza nella vita di tantissime persone. Per me è un'emozione che l'opera sia qui”. 43 anni esatti dopo quel 4 aprile 1980, quando, sigaretta in bocca, il lecchese si fece applicare il fissatore, fidandosi di un russo con l'espressione buffa e un gran cervello.
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