Dervio: il sinistro del 17 agosto e con la scomparsa di Chiara Bariffi, due dinamiche a confronto e i conti che non tornano

Il dr. Enrico Magni
La cronaca di questi ultimi giorni si sofferma su un incidente d’auto che rievoca la morte di Chiara Bariffi.
Giovedì 17 agosto alle ore 21.30 un‘automobile guidata ad alta velocità proveniente da Bellano verso Dervio, sulla strada Provinciale 72 che costeggia il lago, dopo l’ultima galleria  Bellano-Dervio, in località denominata Buco dell’Oca, all’altezza del chilometro ottanta-ottantacinque, sulla quale insiste una curva destrorsa, è finita sulla piazzola di sinistra di sei metri e trenta, ha  scavalcato il muro alto settantacinque centimetri, è rotolata sulle rocce di uno strapiombo di quindici metri cadendo nel lago. Il conducente si è salvato, l’auto si è inabissata.
La parte alta del muretto di superficie presenta una scia di sfregamento che coincide con l’appoggio della vettura che è scivolata nel dirupo. I dati di cronaca non permettono di sapere quanto fosse la velocità del veicolo, se il guidatore fosse sotto effetto di qualche sostanza, se è uscito dal veicolo prima di raggiungere la superficie dell’acqua oppure prima di inabissarsi. Sono una serie di indizi che permetterebbero di costruire la meccanica dell’accaduto per poterli confrontare con quella di Chiara Bariffi.
Il dato che balza subito agli occhi è che il muretto di contenimento nel dicembre duemiladue non manifestava nessun danno. Infatti, dal resoconto dell’indagine giudiziaria del duemiladue emerge che, dopo qualche giorno dalla scomparsa di Chiara Bariffi, un carabiniere a piedi ripercorse il tragitto, che va da Dervio a Bellano, senza rilevare nessun segno di incidente, contemporaneamente una motovedetta dei carabinieri perlustrò la zona lago in zona Santa Cecilia di Dervio.
Il fatto che l’auto del conducente abbia lasciato dei segni ben visibili sulla strada e sul muretto, e che il veicolo si è deformato, sconferma la tesi di chi sosteneva che Chiara Bariffi si fosse gettata intenzionalmente o non nel lago da quella piazzola.
Nel duemilacinque l’auto di Chiara Bariffi quando fu recuperata era ancora in buone condizioni. Se l’auto fosse caduta dal dirupo, com’è successo giovedì 17 agosto, da quello che si può desumere dal racconto della cronaca, l’abitacolo sarebbe stato in condizioni disastrate.
L’incidente di giovedì 17 agosto 2023 riapre degli interrogativi su quello che è successo il 30 novembre 2002.
La Corte d’Assise di Como con l’art.530, 2°comma del c.p.p. emise la sentenza di primo grado. Non ci fu richiesta di un secondo grado. La cosa finì lì, andava bene a molti.
Il luogo dell'incidente della scorsa settimana
Avendo seguito la vicenda complessa di Chiara Bariffi, scritto un romanzo d’inchiesta giudiziaria “Omicidio irrisolto” - pubblicato nel periodo del lockdown durante il covid -, l’incidente dell’altra sera delle 21.30 della piazzetta della zona di Santa Cecilia inevitabilmente mi fa scattare dei flashback.
Nei primi giorni del dicembre 2002, dopo due o tre giorni dalla scomparsa di Chiara, incontrai un certo X che mi raccontò di aver perlustrato, su indicazione di un certo Y, tutta l’area della località Santa Cecilia costeggiando le rive per vedere se c’era la Dahiatus Terios di Bariffi. Aveva anticipato di tre anni la sensitiva che comparì sulla scena per il ritrovamento dell’auto e del corpo solo nel 2005.
Considerai quella chiacchierata come una delle tante balle di paese che si raccontano. Ero convinto di incontrare Chiara dopo qualche giorno per l’inaugurazione della mostra fotografica che avevamo allestito. Iniziai ad alzare le antenne non vedendola dopo l’inaugurazione.
Quella piazzetta e quella galleria mi richiamano altri pezzi di questa triste vicenda che fa parte di quelle storie che restano nel subconscio o nel limbo, ma basta un evento per caso per far emergere dei frammenti dell’inconscio collettivo. In fondo, l’accaduto di giovedì 17 agosto 2023 poteva passare solo come un incidente e non rievocare una storia complessa avvolta ancora da parecchi fantasmi e interrogativi.
Dr. Enrico Magni - Psicologo, giornalista
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