Calolzio: bisogna abitare la paura non cavalcarla

Cara Leccoonline

Lavoro a Calolziocorte.
Quotidianamente prendo il treno per arrivarci e per tornare a casa.

Il fatto gravissimo di ieri, l'uccisione di un ragazzo per accoltellamento sulla banchina della stazione non può lasciare indifferenti.
Non credo nemmeno però che questo possa essere brandito, tantomeno nel modo che leggo dalla consigliera comunale Sonia Mazzoleni, per uno spunto di polemica politica amministrativa e di futuro (eventuale) consenso elettorale.

Seppur la compagine che Governa il Comune di Calolziocorte è, fuori di ogni dubbio, all'opposto dalle mie visioni e ideali politici e comunitari, ben più di quella della ex candidata sindaca Mazzoleni, trovo sempre di bassa lega attaccarsi, ancora a caldo per giunta, a un dramma così toccante che non può essere affrontato di pancia per un consenso in più o come ripicca per la sconfitta elettorale

Il fatto di ieri poteva capitare ovunque.
Purtroppo.
E non ammetterlo o non tenerlo a somma non è corretto. E falsa lo sguardo.

Serve davvero evocare l'esercito come paventa ogni giorno da anni per la stazione di Lecco il consigliere regionale Zamperini di Fratelli d'Italia e ora per Caloziocorte la consigliera comunale Mazzoleni di Centrosinistra?

Bisogna scappare da quei posti o bisogna soprattutto rendere quei posti vivaci, vivi e vissuti con un controllo misurato, abitandoli?

Ogni stazione, di ogni dove, dovrebbe e potrebbe davvero avere un presidio armato? Peraltro magari un giorno a settimana o una tantum così per far la faccia bella e la sostanza vuota?
È la soluzione, davvero?

Perché poi aggiungere paure illegittime e esagerate ai genitori dei ragazzi che fra poche settimane useranno il treno per la riapertura della scuola, quando invece è molto più probabile e prevedibile che l'afflusso numeroso e rumoroso degli studenti quel posto lo presidieranno non con la divisa ma con la vivacità?

Perché incolpare un po' così un tanto al kilo il Sindaco perché in stazione ci sono stabili privati, fatiscenti, esercizi chiusi?

Che si fa magari gli si propone, di farli acquistare dal pubblico e farci un urban center e uno spazio aggregativo?
Le risorse lo permetterebbero?

Forse però può bastare farci davanti alla stazione e mettendo ancora più in sicurezza quel fatiscente stabile ex autorimessa dei bus, un luogo pubblico di giochi, di campetto da basket o di parkour, chiuso alle auto, con l'aiuto delle associazioni, delle realtà sociali, dei privati stessi?

Si potrebbe chiedere direttamente ai giovani risposte e desideri e se quello spazio lo possono rendere libero e aperto. E come.

Perché questa storia di spaccio e prostituzione sventolata come accusa, peraltro alle persone sbagliate, sarà anche una realtà di oggi, ma non si può sempre usare come una clava per colpire tutti, i giovani, gli avversari politici, le amministrazioni e un territorio intero, dando sempre risposte repressive e di riduzione di libertà non ai soli fatti penali ma a un'intera comunità che ci abita e ci vive.

Per cosa, per due voti in più, forse, come sembra sempre e fra cinque anni poi?
Paolo Trezzi
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