PAROLE CHE PARLANO/145

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Immaginare

 Risalire all’etimologia delle parole non è agevole e spesso si finisce per sbattere contro muri impenetrabili. La cosa migliore sarebbe, allora, lasciarle lì dove tranquillamente stanno, senza pretese di nobili o sorprendenti origini. Per nostra fortuna, tra queste non c’è il termine immaginare.

Eppure, qualcuno, colto forse da un eccesso di “immaginazione”, ha visto in questa parola una sintesi di un’approssimativa locuzione latina: in me mago agere, lascio agire il mago che è in me. Quindi c’è magia nell’attività creativa del nostro cervello che ci permette di vedere cose fantastiche, di prevedere il futuro, di creare cose nuove. Da bravi maghi, pronunciamo allora la formula abracadabra (oppure, per i patiti di Harry Potter, Avada Kedavra); in effetti, si pensa che questa magica parola derivi dall’aramaico Avrah KaDabra col significato di “creo quello che dico”. Sembra che tutto torni, ma non è così.

Il latino ci suggerisce infatti un termine, imago, che significa immagine, da cui proviene, senza possibilità di errore, il nostro immaginare. Ma che nessuno resti deluso, perché i nostri antenati lo usavano come un coltellino svizzero, per mille scopi diversi: effigie, ritratto, fantasma, ombra, idea, concetto, rappresentazione mentale, sogno, visione, apparizione, immagine illusoria, pensiero, ricordo, riflesso di uno specchio, similitudine, paragone, allegoria, favola, apologo, allucinazione. Un fuoco d’artificio di significati, tutti proiettati in mondi materiali o immateriali, reali o astratti, visibili o invisibili, visitabili anche a occhi chiusi. In fondo, c’è davvero magia nel nostro cervello.

Rubrica a cura di Dino Ticli
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