PAROLE CHE PARLANO/169

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Bullo e bravo

Sono due parole che non hanno effettivamente nulla in comune, anzi, sono proprio agli antipodi. Chi è bravo è buono, abile, onesto, coraggioso. Il bullo è invece arrogante, violento, aggressivo. Ciò che appare strano, tuttavia, è che abbiano seguito percorsi opposti che ne hanno rovesciato il significato originario, da negativo a positivo l’uno, viceversa l’altro.

Bravo, infatti, giunto dallo spagnolo, si ritiene che possa derivare dal latino pravus, storto, malvagio, o dal latino barbarus, selvaggio, indomito. Come sia arrivato fino a noi con una connotazione positiva è difficile spiegarlo; probabilmente proprio l’essere indomito, e quindi coraggioso ed eccezionale, ha avuto la meglio sugli aspetti negativi del “bravo”. Ma non ci siamo completamente scordati la sua brutta reputazione: definiamo infatti bravata un’azione fatta con arroganza e prepotenza; notte brava il tempo serale trascorso compiendo azioni eclatanti o rischiose; bravi erano poi gli sgherri di don Rodrigo e dell’Innominato.

Ma ecco il termine bullo che originariamente indicava un “bravo” ragazzo, perché probabilmente deriva dal tedesco bule, amico intimo. Scendendo in Italia, però, come i Lanzichenecchi il cui nome “servo della terra” (dal tedesco Landsknecht) non lascia certo pensare a mercenari crudeli e violenti, si “incattivisce” e da amico diviene teppista e prepotente.

Rubrica a cura di Dino Ticli
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