Malgrate: la 'voce' della proiezione de 'Il Testimone' replica alla critiche

Le critiche sono arrivate qualche ora prima della proiezione. Qualche ora dopo abbiamo inviato alcune domande alla "voce" della serata di ieri a Malgrate, dove la sala parrocchiale è stata location della trasmissione della - contestata - pellicola "Il testimone", primo lungometraggio russo post avvio dell'operazione speciale ambientato nell'Ucraina dilaniata dal conflitto.
Pubblichiamo a seguire le risposte fornite da Vincenzo Lorusso, sapendole sicuramente "divisive" e - probabilmente - meritevoli, in alcuni passaggi, di replica, anche senza entrare nel merito della guerra in corso. Il citato "Salvate il soldato Ryan", per esempio, è uscito 54 anni dopo lo sbarco in Normandia...
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Vincenzo Lorusso

Diego Ghidotti referente di “Stand for Ukraine”, la definisce "propagandista filorusso". Come si presenta invece Vincenzo Lorusso a chi non lo conosce e quale è la sua attività in Donbass?

La ringrazio per l'opportunità che mi concede di rispondere ad alcune accuse che spesso leggo nei miei confronti. Non conosco in particolare la persona che lei cita, come non conosco l'associazione che rappresenta, purtroppo però leggo spesso questo accostamento di "propagandista filorusso" al mio nome.
Sono semplicemente un giornalista freelance (in possesso di tessera stampa russa), che vive da oltre un anno in mezzo in Donbass; sono l'autore del canale Telegram Donbass Italia, dove pubblico i miei lavori.
Sono stato in tantissimi luoghi del Donbass, da Mariupol a Donetsk, da Severodonetsk a Gorlovka, dalle trincee della prima linea del fronte a Soledar.
Quasi tutti i giornalisti del mainstream che coprono gli avvenimenti di questo conflitto non sono stati neanche in uno di questi luoghi, ritengo che non sia possibile considerare completa una informazione che coscientemente ignori le ragioni di una parte in causa, ovvero la popolazione civile del Donbass.
Spesso si definiscono i russi come aggressori e gli ucraini come liberatori, ma non sarà il caso di ascoltare la voce di coloro che vivono nel Donbass e chiedere loro se si sentono occupati o liberati? 
 
Lei ha portato il film "Il Testimone" in tour in Italia con 62 proiezioni organizzate finora. Per chi non lo ha visto, come inquadra questo film? E perché ritiene sia da vedere in Italia?
"Il Testimone" è un film di fantasia ambientato nella Kiev post 24 Febbraio 2022, che dimostra, semmai ce ne fosse bisogno, come le vittime in un conflitto sono sempre i civili. Contrariamente a ciò che ha affermato il sindaco di Firenze Nardella, che ovviamente il film non l'ha visto, non è un'opera anti Ucraina, in virtù del fatto che tutte le vittime sono, appunto, ucraine. Nel film viene descritto il battaglione Azov come composto da spietati nazisti, ma non è certo colpa del film se invece in Italia si è deciso di dipingere gli Azovisti come degli intellettuali, filosofi, grandi lettori di Kant.
Un aspetto che sicuramente colpirà lo spettatore italiano sono le ultime scene del film, ma non posso ovviamente raccontare il finale di questa opera cinematografica.

Sulla locandina della serata di ieri, "Il Testimone" era descritto come "un film avvincente che presenta un punto di vista diverso da quello della narrazione ufficiale". Ma si tratta di un film prodotto dal Ministero della Cultura russa. Non è propaganda? E come può aiutare il pubblico a costruirsi una propria opinione se è opera di un attore in causa e dunque chiaramente di parte?
Personalmente non ritengo che il film "Il Testimone" possa essere tacciato di propaganda, o comunque non più di film come "Salvate il soldato Ryan" o similari. Vorrei ricordare che siamo tutti cresciuti con film western dove il cow boy era l'eroe e gli indiani i cattivi.
Il fatto che il film abbia avuto il contributo del Ministero della Cultura russa dovrebbe essere una discriminante anche per tutti i film italiani che hanno contributi statali.
Anche "20 giorni a Mariupol" è opera di un attore in causa, ma a nessuno è saltato in mente di censurarla, pertanto ritengo che il pubblico italiano sia abbastanza intelligente da non avere la necessità di un tutore che possa decidere cosa sia opportuno vedere e cosa non sia permesso, a meno che non si consideri gli italiani degli incapaci che possano essere manipolati da un film.
Purtroppo ritengo che in quest'ottica le amministrazioni comunali, avendo una scarsa considerazione dei propri cittadini, abbiano optato per una censura preventiva al fine di evitare un eventuale contrasto alla manipolazione in atto con la narrativa ufficiale del conflitto, imposta dal mainstream.
La censura è pertanto la dimostrazione, non certo che il film sia falso (senza considerare che Il Testimone non è un documentario, ma un film di fantasia), quanto, o che i sindaci censori ritengano i loro concittadini degli stupidi, oppure è una implicita ammissione e consapevolezza di aver raccontato per più di due anni delle falsità al popolo italiano.
 
Ieri lei è intervenuto in video collegamento. C'era gente in sala? Come ha trovato il pubblico lecchese?
Sono intervenuto in video e mi ha fatto molto piacere che la sala fosse completamente piena (circa 100 spettatori), così come del grande interesse per la tematica e voglia di conoscere la reale situazione in Donbass.
Volevo a tal fine segnalare che sto già portando in Italia alcuni documentari che possano far luce sul periodo della guerra che la stampa ha evitato accuratamente di affrontare, ovvero dal 2014 fino al 2021.
Dal Febbraio 2022 il mainstream invece ha deciso di dare ampio risalto al conflitto, ma, mi permetta la battuta, visto con quali termini e quali competenze, forse sarebbe stato meglio continuare ad ignorarlo.

Per conoscere la location della proiezione bisognava iscriversi all'evento. Perché questa necessità di "segretezza" da una parte o se vogliamo di "controllo degli accessi" dall'altra?
Come ha giustamente detto in precedenza questa era la sessantaduesima proiezione in Italia, personalmente fornisco il film e partecipo al dibattito, ma le scelte sulle sale e sulla procedura per le prenotazioni spettano, ovviamente, a coloro che organizzano materialmente sul territorio e suppongo loro abbiano preferito un approccio simile proprio per evitare polemiche o censure.

Ultima considerazione: la proiezione è avvenuta in una sala parrocchiale. Indipendentemente dalla posizione, un luogo simile non si presterebbe meglio a un messaggio di pace? E' stato rivolto durante la serata? E se si, secondo lei, quali sono le condizioni per uno stop al conflitto in corso?
Comprendo che questa domanda nasca dal preconcetto che il film sia un film guerrafondaio, in realtà guerrafondai sono coloro che il film vorrebbero censurare.
Vede, alcuni mesi fa "La Repubblica" titolava in prima pagina: "Le armi salvano vite umane", ritengo che un titolo del genere sia un insulto all'intelligenza umana.
In questi diciotto mesi in Donbass non ho visto un'arma occidentale salvare vite umane, ma solo tanta morte e distruzione, ultimo caso uno storm shadow in pieno centro a Lugansk che ha ferito gravemente 6 operai di una fabbrica di automobili, i quali hanno dovuto subire anche delle amputazioni.
Sono stato a Gorlovka dove ho guardato gli occhi spenti dei bambini di 8 anni che non hanno mai visto la pace e termino affermando che il conflitto finirebbe domani stesso se si smettesse di inviare le armi.
Perché poi inviare le armi? Perché così l'Ucraina potrebbe riconquistare il Donbass e magari la Crimea? E la popolazione che vive qui cosa dovrebbe fare? La popolazione sarebbe costretta a fuggire perché verrebbero tutti considerati dei collaborazionisti. Pertanto chi vuole inviare le armi al governo di Kiev auspica la pulizia etnica del Donbass, si abbia il coraggio di dichiararlo esplicitamente.
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