Chiuso: sala gremita per la serata di ricordi 'di paese'. Presentata la nuova targa di Camposecco
Una serata alla buona, una serata di ricordi, di vecchie fotografie in cui scoprire angoli cambiati, riconoscersi ragazzi o ricordare figure scomparse ma che hanno costituito e ancora costituiscono memoria di una comunità.

Nomi strani, come la Gioconda o l’Orienta, altri più comuni, ma soprattutto soprannomi perché così ci si conosceva ed erano soprannomi di famiglia, tanto che i cognomi finivano nell’oblio. Con qualche nostalgia, magari anche un rimpianto.

Una serata di ricordi che però – è stato detto – non era solo un guardarsi indietro ma soprattutto cercare in quel passato un orizzonte per il futuro. Il rione di Chiuso si è ritrovato ieri sera alla Casa del Pozzo per un’iniziativa promossa dal risorto Comitato di quartiere che intende ridare slancio al paese. Che tale è, come da tradizione e storia sono i rioni di Lecco: paesi e non frazioni. E la sala gremita ha testimoniato che forte sia ancora il bisogno di ritrovarsi nonostante i tempi che cambiano.

“Chiuso si racconta. Storia, aneddoti e vissuto del piccolo borgo di confine”, il tema della serata proposta dell’incontro animato in particolare da Luigi Rota e Luigi Amigoni, introdotti de Luca Dossi del “Comitato di Chiuso”.

Ha cominciato Luigi Rota, con qualche cenno storico su quello che è sempre stato un paese di confine (anticamente qui correva la frontiera tra Milano e Venezia), «paes de cunfin, paes de assassin» si diceva, scherzosamente «ma forse non del tutto anche perché c’era una famiglia di dubbia provenienza di cui non parlermo…». Le prime notizie storiche risalgono al 1200: Chiuso ma soprattutto Cornedo che sarà poi cancellato da una frana e di cui già più non si parlerà nel 1500. Naturalmente tanto spazio a don Serafino Morazzone, il parroco beatificato e del quale Alessandro Manzoni aveva offerto un luminoso ritratto in quella prima bozza dei “Promessi Sposi” che va sotto i nome di “Fermo e Lucia”, una pagina della quale è stata data lettura nel corso della serata.

Il paese, che era sempre stato Comune autonomo, contava circa 330 abitanti, quando nel 1865 Vittorio Emanuele l’accorpò con Maggianico e Belledo sollevando non pochi malumoricone qualche consigliere comunale che si dimise per protesta o, meglio, per non avallare l’onta. Era un paese povero, viveva di una agricoltura di sopravvivenza. L’altra risorsa economica erano le cave.

C’era un circolo e c’era l’asilo che un paio di domeniche al mese si trasformava in teatro e si dovevano portare con il carretto le sedie dall’oratorio. Da parte loro, le suore facevano anche da infermiere per chi aveva bisogno.

Ha continuato poi Luigi Amigoni ricamando attorno a una foto con tanti bambini attorno al parroco («Quanti bambini c’erano allora….»), i negozi scomparsi: c’erano cinque prestinai, la latteria, i due parrucchieri, la cartoleria e sono tutte attività che appartengono ormai all’album dei ricordi.
Come il pescatore, il Gianela e le sue alborelle «che si mangiavano dalla testa perché nella testa c’è la scienza e così si diventava intelligenti», come la premiata cereria San Girolamo del signor Ugo. «Oggi rimane un prestinaio e speriamo che duri a lungo ancora». E le discussioni politiche nel circolo tra il Vittorio detto Malagodi e lo Stefano detto Scelba, i bar dove si andava a guardare la televisione: «Sono luoghi che ci mancano, erano luoghi di aggregazione. Se il problema di oggi è la solitudine, qualche pensiero dobbiamo farlo, se sia giusto che non ci sia più un luogo dove i pensionati possano andare a giocare a carte. Quando scendo dal sentiero che dai monti arriva in piazza, alla “Bregia”, adesso vedo il deserto».

I ricordi chiamano ricordi. I campioni italiani di bocce del 1953, Gianni e Pietro Vassena che avevano cominciato ad andare a boccino proprio al circolo parrocchiale. Poi le scuole elementari: fino al 1961, si frequentavano la prima e la seconda nelle aule dell’asilo e poi per le altre classi si andava a Maggianico «ma non è che i rapporti fossero dei migliori».

Allora ecco la nuova scuola intitolata ai fratelli Torri Tarelli, eroi risorgimentali. Inaugurata appunto nel 1961. E tre anni dopo il concorso tra le quinte elementari di tutta Lecco con la finale al vecchio cinema Europa condotta niente meno che dal Mago Zurlì, «proprio lui in carne e ossa, mica bau bau micio micio». Vinse proprio la quinta di Chiuso, con un colpo tra la fortuna e la furbizia.

E’ poi intervenuto Costantino Figini che ha invece ricordato gli anni Settanta e Ottanta quando Lecco visse la stagione dei consigli di quartiere, che erano frutto di una voglia di partecipazione che oggi non si vede più. A Chiuso, ad animare quella stagione furono Giancarla Riva ed Emilio Pessina «che ci davano la spinta ma riuscivano anche a tenere a bada certe esuberanze giovanili».

Tra le pagine memorabili della storia di Chiuso c’è anche la cooperativa di Camposecco, la baita costruita a un’ora di cammino sopra il paese per le domeniche dei lavoratori. Un’istituzione in grado addirittura di affratellare chiusini con maggianichesi.


E che, scomparsi ormai tutti i suoi fondatori, continua a essere punto di riferimento da quando è stata presa in gestione da Matteo Abate. E proprio quest’anno è il decennale della nuova gestione. Per l’occasione, al rifugio sarà affissa una targa per ricordare tutti i fondatori della cooperativa di Camposecco. Targa presentata proprio ieri sera.

All’incontro è intervenuto anche il sindaco Mauro Gattinoni che, nel suo breve saluto, ha detto tra l’altro: «E’ vero, la città è cambiata, ma sere come queste tengono insieme la comunità. Un po’ di nostalgia resta a tutti, ma queste occasioni ci dicono che occorre cambiare nel senso che dicono i cittadini. Perché comunque cambino le cose e le case, rimanga vivo un tessuto di relazioni».

La conclusione è toccata a Luca Dossi: «Siamo un quartiere di confine, ma vogliamo essere considerati». Parlando di radici ha sottolineato come i due relatori della serata, Luigi Rota e Luigi Amigoni, «hanno girato il mondo ma sono poi tornati qui. E allora occorre trovare forza e coesione per fare la vita di Chiuso migliore».
Nomi strani, come la Gioconda o l’Orienta, altri più comuni, ma soprattutto soprannomi perché così ci si conosceva ed erano soprannomi di famiglia, tanto che i cognomi finivano nell’oblio. Con qualche nostalgia, magari anche un rimpianto.
Una serata di ricordi che però – è stato detto – non era solo un guardarsi indietro ma soprattutto cercare in quel passato un orizzonte per il futuro. Il rione di Chiuso si è ritrovato ieri sera alla Casa del Pozzo per un’iniziativa promossa dal risorto Comitato di quartiere che intende ridare slancio al paese. Che tale è, come da tradizione e storia sono i rioni di Lecco: paesi e non frazioni. E la sala gremita ha testimoniato che forte sia ancora il bisogno di ritrovarsi nonostante i tempi che cambiano.
“Chiuso si racconta. Storia, aneddoti e vissuto del piccolo borgo di confine”, il tema della serata proposta dell’incontro animato in particolare da Luigi Rota e Luigi Amigoni, introdotti de Luca Dossi del “Comitato di Chiuso”.
Ha cominciato Luigi Rota, con qualche cenno storico su quello che è sempre stato un paese di confine (anticamente qui correva la frontiera tra Milano e Venezia), «paes de cunfin, paes de assassin» si diceva, scherzosamente «ma forse non del tutto anche perché c’era una famiglia di dubbia provenienza di cui non parlermo…». Le prime notizie storiche risalgono al 1200: Chiuso ma soprattutto Cornedo che sarà poi cancellato da una frana e di cui già più non si parlerà nel 1500. Naturalmente tanto spazio a don Serafino Morazzone, il parroco beatificato e del quale Alessandro Manzoni aveva offerto un luminoso ritratto in quella prima bozza dei “Promessi Sposi” che va sotto i nome di “Fermo e Lucia”, una pagina della quale è stata data lettura nel corso della serata.
Il paese, che era sempre stato Comune autonomo, contava circa 330 abitanti, quando nel 1865 Vittorio Emanuele l’accorpò con Maggianico e Belledo sollevando non pochi malumoricone qualche consigliere comunale che si dimise per protesta o, meglio, per non avallare l’onta. Era un paese povero, viveva di una agricoltura di sopravvivenza. L’altra risorsa economica erano le cave.
C’era un circolo e c’era l’asilo che un paio di domeniche al mese si trasformava in teatro e si dovevano portare con il carretto le sedie dall’oratorio. Da parte loro, le suore facevano anche da infermiere per chi aveva bisogno.

Ha continuato poi Luigi Amigoni ricamando attorno a una foto con tanti bambini attorno al parroco («Quanti bambini c’erano allora….»), i negozi scomparsi: c’erano cinque prestinai, la latteria, i due parrucchieri, la cartoleria e sono tutte attività che appartengono ormai all’album dei ricordi.
I ricordi chiamano ricordi. I campioni italiani di bocce del 1953, Gianni e Pietro Vassena che avevano cominciato ad andare a boccino proprio al circolo parrocchiale. Poi le scuole elementari: fino al 1961, si frequentavano la prima e la seconda nelle aule dell’asilo e poi per le altre classi si andava a Maggianico «ma non è che i rapporti fossero dei migliori».
Allora ecco la nuova scuola intitolata ai fratelli Torri Tarelli, eroi risorgimentali. Inaugurata appunto nel 1961. E tre anni dopo il concorso tra le quinte elementari di tutta Lecco con la finale al vecchio cinema Europa condotta niente meno che dal Mago Zurlì, «proprio lui in carne e ossa, mica bau bau micio micio». Vinse proprio la quinta di Chiuso, con un colpo tra la fortuna e la furbizia.
E’ poi intervenuto Costantino Figini che ha invece ricordato gli anni Settanta e Ottanta quando Lecco visse la stagione dei consigli di quartiere, che erano frutto di una voglia di partecipazione che oggi non si vede più. A Chiuso, ad animare quella stagione furono Giancarla Riva ed Emilio Pessina «che ci davano la spinta ma riuscivano anche a tenere a bada certe esuberanze giovanili».
Tra le pagine memorabili della storia di Chiuso c’è anche la cooperativa di Camposecco, la baita costruita a un’ora di cammino sopra il paese per le domeniche dei lavoratori. Un’istituzione in grado addirittura di affratellare chiusini con maggianichesi.
La nuova targa
E che, scomparsi ormai tutti i suoi fondatori, continua a essere punto di riferimento da quando è stata presa in gestione da Matteo Abate. E proprio quest’anno è il decennale della nuova gestione. Per l’occasione, al rifugio sarà affissa una targa per ricordare tutti i fondatori della cooperativa di Camposecco. Targa presentata proprio ieri sera.
All’incontro è intervenuto anche il sindaco Mauro Gattinoni che, nel suo breve saluto, ha detto tra l’altro: «E’ vero, la città è cambiata, ma sere come queste tengono insieme la comunità. Un po’ di nostalgia resta a tutti, ma queste occasioni ci dicono che occorre cambiare nel senso che dicono i cittadini. Perché comunque cambino le cose e le case, rimanga vivo un tessuto di relazioni».
La conclusione è toccata a Luca Dossi: «Siamo un quartiere di confine, ma vogliamo essere considerati». Parlando di radici ha sottolineato come i due relatori della serata, Luigi Rota e Luigi Amigoni, «hanno girato il mondo ma sono poi tornati qui. E allora occorre trovare forza e coesione per fare la vita di Chiuso migliore».
D.C.