In viaggio a tempo indeterminato/378: se fosse un film...

(Musica soave e inquadratura dall'alto dei grattacieli lussuosi di Mumbai che svettano in mezzo alle case di lamiera della baraccopoli)

"Volevo essere un duro" canta Lucio Corsi.
E noi ci abbiamo provato a essere dei duri ma alla fine siamo crollati.
L'India negli ultimi giorni ci ha piegato, strizzato e costretti a multiple "interruzioni pubblicitarie".
La febbre come compagna di viaggio, non ci era affatto mancata. Riso bianco e biscotti la nostra dieta. Il chai per darci quella botta di zuccheri necessaria per affrontare un viaggio in notturna su un treno.
Ed eccoci che rotolando siamo arrivati a Mumbai, l'ultima tappa del nostro viaggio indiano.
La voglia di buttarci a capofitto a scoprire questa metropoli intricata ha vinto su tutti gli acciacchi. Così, tra una tappa al bagno e un mal di stomaco, ci siamo ritrovati immersi nei palazzi eleganti del centro, tra i venditori di calamite in riva al mare e i negozi troppo affollati del sabato pomeriggio.
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(Inquadratura fissa troppo lunga su sguardo sofferente con tramonto sul mare al largo di Mumbai)

Mumbai mi sembrava di conoscerla già.
La colpa, o il merito, è di quel romanzo che mi faceva compagnia sul treno per Milano ogni mattina.
Un mattone di libro. Di quelli che ti scoraggiano in partenza perché "non ce la farò mai a finirlo".
E invece, pagina dopo pagina, mi immergevo in una storia fatta di intrighi, amori, sofferenze, gioie, crimini e gesti eroici.
Ma soprattutto scoprivo l'India, i suoi lati oscuri e quelli più splendenti. Le sue contraddizioni e le sue logiche inconfutabili. 
Shantaram da "mattone che non finirò mai", alla fine si è trasformato nel "libro che non avrei mai voluto finire".
E a pensarci bene tutto questo è emblematico del mio rapporto con l'India.
L'unico luogo al mondo che si è trasformato da "non vedo l'ora di andarmene" a "non vedo l'ora di tornare".
Dirlo dopo aver appena preso una pastiglia di antibiotico intestinale sembra masochismo, me ne rendo conto. 
E non voglio nemmeno provare a spiegare il perché in questa terra così folle, nonostante tutte le batoste, io mi senta a casa.

(Crescendo di musica che prima ti fa tamburellare le dita sulla sedia e poi ti fa scuotere testa e spalle)

Se questa non fosse vita reale, ma un film di Bollywood, in questo preciso istante partirebbe un balletto di quelli decisamente troppo gioiosi e un po' "tamarri".
Io sarei in piedi sopra il tetto di una macchina a struggermi teatralmente per il mio mal di pancia e Paolo starebbe facendo una coreografia accompagnato da altri 20 ballerini nel bel mezzo del traffico di Mumbai dell'ora di punta.
E per qualche motivo inspiegabile, tutto ciò avrebbe perfettamente senso.

Sì, forse mi sono lasciata un po' coinvolgere dall'atmosfera bollywoodiana che si respira a Mumbai. Tutta colpa del set cinematografico che abbiamo trovato sotto l'ostello.
I film di Bollywood sono uno specchio perfetto dell'India e infatti lo stile di questo genere cinematografico è chiamato "masala".
Non un mix di spezie, ma un mix di generi.
Perché mentre per i film hollywoodiani ci sono generi diversi, per i film bollywoodiani in ogni lungometraggio ci sono tutti i generi.
Azione, commedia, drammatico, thriller, western, romantico... tutto in un unico film.
Così alla fine accontenti un po' tutti. Se poi ci aggiungi due star del momento come protagonisti, ecco che ottieni la ricetta perfetta per un successo che sbanca il botteghino.
Che poi credo che in India il successo di un film non dovrebbero giudicarlo in base a quanto ha incassato, ma in funzione della reazione che ha suscitato nel pubblico.

(Musica sognante con scene successive in bianco e nero per creare quell'effetto “ricordo del passato” che addolcisce sempre)

Mi ricordo ancora la prima volta che io e Paolo siamo andati al cinema in India.
Un film in lingua hindi, come tutte le proiezioni di Bollywood. Sulla locandina una macchina circondata da fumo e persone sorridenti attorno.
Non mi ricordo il titolo ma mi ricordo quanto fosse colorata e pacchiana quella locandina.
Quello che non sapevamo mentre seduti sulle poltroncine di legno attendevamo l'inizio del film, era che lo spettacolo non sarebbe stato sullo schermo ma attorno a noi.
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La vicina ci casa di mia mamma ha quasi novant'anni e ogni giorno guarda la sua serie TV preferita. Ma non si limita a osservarla, la commenta in modo concitato, parla con i personaggi e gli suggerisce cosa fare. Il tutto a un tono di voce molto alto, tanto che la sentono tutti i vicini.
Ecco gli indiani al cinema si comportano proprio come la vicina di casa di mia mamma.
Acclamano il protagonista del film, fischiano i cattivi, ridono sguaiatamente per le scene comiche e urlano di spavento quando c'è un colpo di scena.
Sono semplicemente meravigliosi.
È come se partecipassero attivamente al film che quindi, in quelle ore di proiezione, da finzione si trasforma in realtà. Questa sì che è poesia.

(Musica per balletto che non c'entra nulla con la trama ma è passato troppo tempo dall'ultima canzone e sta diventando tutto troppo serio. Location: sopra il tetto di un treno in corsa)

Ma come sono arrivata a questo discorso sui film di Bollywood?
Tutto era iniziato con il fatto che stavolta siamo davvero KO.
Ma le giornate in terra indiana stanno per terminare quindi stringiamo i denti e buttiamoci nella mischia.
"Vivere la vita è un gioco da ragazzi" e noi abbiamo deciso di giocare fino in fondo, ma per qualche giorno niente spezie... altro che masala!

(Scroscio di applausi come a fine proiezione di un film di Bollywood)
(E ovviamente balletto nella stanza di uno sfarzoso palazzo con tuffo finale in piscina)

Continua…
Angela (e Paolo)
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