Lecco, presunta corruzione per un'asta Carsana: chiesti 8 mesi per legale e acquirente
Seppur peculiare, di fatto inserendo un elemento aggiuntivo, per creare una triangolazione, l'accordo corruttivo si è concretizzato. E' la conclusione a cui è arrivata la Procura di Lecco, nella persona del sostituto Chiara Di Francesco - erede di uno “stralcio” di un'indagine ben più articolata imbastita a suo tempo dal collega Paolo Del Grosso - all'esito del processo incardinato a carico dell'agente di commercio Carlo Frigerio e dell'avvocato del Foro cittadino Monica Rosano.
Escluso, come noto, già in udienza preliminare “l'attore principale” della vicenda, come l'ha chiamato anche quest'oggi il PM, ovvero il soggetto attorno al quale gravitava l'attività investigativa delegata alla Fiamme Gialle. L'avvocato, con studio a Olginate, Marco Scaranna, era stato dichiarato incapace di stare in giudizio per le sue condizioni di salute, con un incidente sugli sci – successivo ai fatti al centro del procedimento – le cui conseguenze si sarebbero innestate su un pregresso disturbo bipolare, rendendolo di fatto non processabile.
Nel 2018 il professionista era stato nominato, dal Tribunale di Lecco, liquidatore della Pietro Carsana, storica impresa di costruzioni con sede nel capoluogo, sommersa dai debiti. Nell'ambito di una delle aste per alienazione dell'ingente patrimonio immobiliare della società – per la precisione quella relativa all'aggiudicazione di un appartamento e dei box con affaccio sulla centralissima via Cavour – secondo l'impianto accusatorio, ritenuto provato dalla dottoressa Di Francesco, anche e soprattutto grazie alla mole di intercettazioni a disposizione, Scaranna avrebbe chiesto a Frigerio, quale privato cittadino interessato all'affare, la corresponsione di 15.000 euro per “oliare” la pratica, con quest'ultimo che avrebbe poi effettivamente bonificato quella somma in suo favore. Ma non direttamente, bensì all'avvocato Rosano che, a stretto giro, avrebbe poi riversato il grosso della cifra al collega olginatese, trattenendo per sé circa 2.000 euro.
Citate dalla PM, nella sua requisitoria, le “captazioni” essenziali, a suo avviso, per dimostrare la consapevolezza di tutti i coinvolti di quel che stava accadendo, schermato da presunte prestazioni professionali che la Rosano avrebbe reso in favore di Frigerio e da supposti rapporti di dare e avere per precedenti collaborazioni tra le due toghe. In particolare la dottoressa Di Francesco si è soffermata sul fatto che tutti i contatti documentati avvengano tra Frigerio e Scaranna e tra Scaranna e Rosano, mai tra Frigerio e Rosano direttamente, a riprova di come il fulcro fosse il liquidatore e di come la collega fosse “semplice veicolo” per arrivare all'incasso della “mazzetta” indirettamente.
Nel giungere a formulare le proprie richieste di pena, il sostituto procurare ha bollato come “marginale” il ruolo della legale, giustificando di fatto anche il co-imputato, neofita nel campo delle aste, intenzionato a non avere problemi nell'acquisto di un immobile destinato al figlio. Valutato anche il comportamento processuale, giudicato come “apprezzabile” e connotato da “condotta collaborativa”, ha dunque chiesto per entrambi – presenti personalmente in Aula - 8 mesi di condanna (partendo dalla pena base, alleggerita dalla concessione delle attenuanti generiche).
L'avvocato Rosano va invece assolto per il suo difensore, unico a prendere la parola, dopo il PM, prima del rinvio per il proseguimento dell'istruttoria al prossimo 10 luglio. Nella sua arringa il penalista partenopeo Raffaele Leanza ha sostenuto come “l'incapacità di Scaranna prescinde dall'incidente”, ritenendo che dalle stesse intercettazioni citate dalla pubblica accusa emerga chiaramente il disturbo bipolare di cui soffriva già prima delle rovinosa caduta sulle piste e dunque la sua sostanziale inattendibilità.
Lo stesso liquidatore, però, in altro passaggio è stato presentato dalla difesa come un professionista che “oggettivamente aveva una certa credibilità nel Foro”, partendo dalle dichiarazioni rese in Aula dal giudice delegato escusso come testimone ed elevato a garante della regolarità della procedura, per arrivare a sostenere come la collega Rosano non avrebbe avuto motivo di dubitare di lui.
Leanza ha infine insistito sulla sussistenza – a suo avviso documentata – dei rapporti professionali tra la sua assistita e Scaranna, rilevando come le modalità con cui i legali si spartiscano pratiche e soldi magari possono ingenerare rilievi deontologici ma non penali.
Alla prossima udienza spazio agli avvocati Bruno Del Papa e Gianluca Longoni per Frigerio, prima del verdetto del collegio giudicante presieduto dalla dottoressa Bianca Maria Bianchi.
Escluso, come noto, già in udienza preliminare “l'attore principale” della vicenda, come l'ha chiamato anche quest'oggi il PM, ovvero il soggetto attorno al quale gravitava l'attività investigativa delegata alla Fiamme Gialle. L'avvocato, con studio a Olginate, Marco Scaranna, era stato dichiarato incapace di stare in giudizio per le sue condizioni di salute, con un incidente sugli sci – successivo ai fatti al centro del procedimento – le cui conseguenze si sarebbero innestate su un pregresso disturbo bipolare, rendendolo di fatto non processabile.

Citate dalla PM, nella sua requisitoria, le “captazioni” essenziali, a suo avviso, per dimostrare la consapevolezza di tutti i coinvolti di quel che stava accadendo, schermato da presunte prestazioni professionali che la Rosano avrebbe reso in favore di Frigerio e da supposti rapporti di dare e avere per precedenti collaborazioni tra le due toghe. In particolare la dottoressa Di Francesco si è soffermata sul fatto che tutti i contatti documentati avvengano tra Frigerio e Scaranna e tra Scaranna e Rosano, mai tra Frigerio e Rosano direttamente, a riprova di come il fulcro fosse il liquidatore e di come la collega fosse “semplice veicolo” per arrivare all'incasso della “mazzetta” indirettamente.
Nel giungere a formulare le proprie richieste di pena, il sostituto procurare ha bollato come “marginale” il ruolo della legale, giustificando di fatto anche il co-imputato, neofita nel campo delle aste, intenzionato a non avere problemi nell'acquisto di un immobile destinato al figlio. Valutato anche il comportamento processuale, giudicato come “apprezzabile” e connotato da “condotta collaborativa”, ha dunque chiesto per entrambi – presenti personalmente in Aula - 8 mesi di condanna (partendo dalla pena base, alleggerita dalla concessione delle attenuanti generiche).
L'avvocato Rosano va invece assolto per il suo difensore, unico a prendere la parola, dopo il PM, prima del rinvio per il proseguimento dell'istruttoria al prossimo 10 luglio. Nella sua arringa il penalista partenopeo Raffaele Leanza ha sostenuto come “l'incapacità di Scaranna prescinde dall'incidente”, ritenendo che dalle stesse intercettazioni citate dalla pubblica accusa emerga chiaramente il disturbo bipolare di cui soffriva già prima delle rovinosa caduta sulle piste e dunque la sua sostanziale inattendibilità.
Lo stesso liquidatore, però, in altro passaggio è stato presentato dalla difesa come un professionista che “oggettivamente aveva una certa credibilità nel Foro”, partendo dalle dichiarazioni rese in Aula dal giudice delegato escusso come testimone ed elevato a garante della regolarità della procedura, per arrivare a sostenere come la collega Rosano non avrebbe avuto motivo di dubitare di lui.
Leanza ha infine insistito sulla sussistenza – a suo avviso documentata – dei rapporti professionali tra la sua assistita e Scaranna, rilevando come le modalità con cui i legali si spartiscano pratiche e soldi magari possono ingenerare rilievi deontologici ma non penali.
Alla prossima udienza spazio agli avvocati Bruno Del Papa e Gianluca Longoni per Frigerio, prima del verdetto del collegio giudicante presieduto dalla dottoressa Bianca Maria Bianchi.
A.M.