Lecco: cosa resta da salvare lungo il Gerenzone. Il punto con l’Officina
Il maglio e la diga del Paradone, ma anche l’area Carera e quella della Panigada, le ex trafilerie Sacchi, le ex trafilerie Baruffaldi. C’è ancora qualcosa che è possibile salvare di quell’immenso patrimonio di archeologia industriale lecchese, e in particolare della vallata del Gerenzone, andato ormai per la quasi totalità perduto. Un impegno al quale si sta ostinatamente dedicando da qualche anno l’Officina Gerenzone, avviata quasi come una scommessa da un piccolo gruppo di persone e ora diventata associazione vera e proprie che raccoglie oltre duecento iscritti.

Se ne è parlato ieri sera, in una sala che dire emblematica è poco essendo ormai una sorta di santuario e cioè l’Officina Badoni di corso Matteotti sotto la quale da qualche parte ancora corre il tracciato della fiumicella del Gerenzone che ha alimentato per secoli l’industria lecchese.
L’Officina Gerenzone, dopo l’assemblea dei soci, ha aperto le porte al pubblico per parlare di quanto fatto fino a oggi e dei progetti del futuro. Con uno sguardo rivolto al sindaco Mauro Gattinoni. Perché la conservazione di quanto rimasto passa anche attraverso le scelte urbanistiche dell’amministrazione comunale in questo periodo chiamata a mettere mano al nuovo piano di governo del territorio che è appunto lo strumento con il quale si prefigura lo sviluppo della città nei prossimi anni, prevedendo destinazioni, vincoli, regole delle quali dovrà tener conto l’espansione edilizia nel futuro.

Proprio Gattinoni, intervenendo alla fine dell’incontro, non si è tirato indietro, pur non potendo – per ragioni di legittimità – entrare nei dettagli di un documento ancora in fase di elaborazione e pertanto non pubblico. Qualcosa ha detto, il sindaco: «Tutti noi ci sentiamo in debito. E allora dobbiamo chiederci come salvare quei luoghi sia per noi, per scoprire chi siamo, ma anche per coloro che vengono da fuori, per lo studente giapponese del Politecnico ma anche per chi abita in altri rioni, perché certi fili della memoria non sono noti neppure a molti lecchesi».

E allora, «come Comune abbiamo lavorato, l’interesse del Comune c’è. Ci siamo impegnati a non far cadere nel vuoto tutte le sollecitazioni che ci sono arrivate. Abbiamo cercato delle ipotesi. Il piano di governo del territorio sarà pubblicato a luglio e dopo sarà il momento delle osservazioni» e quindi l’invito è quello di esaminare scheda per scheda, pensando a come valorizzare quei luoghi, a individuarne l’utilizzo, a ideare spazi che possano ancora accogliere il lavoro che è quello del 2025, con una riflessione anche sulla mobilità perché in auto in certi posti non si arriva.
«La verità – ha concluso – è che se poniamo tanti vincoli e poi nessuno interviene, fra dieci anni ci ritroveremo nella stessa situazione di oggi. Occorre dunque un dialogo tra operatori associazioni. Ma certo questa è un’occasione da non perdere perché abbiamo perso già tanto».

Da parte sua, l’Officina Gerenzone è già operativa, come è stato spiegato dai consiglieri dell’associazione: il presidente Paolo Colombo, i consiglieri Silvia Negri, Laura Todde, Carlo Pirovano, Carlo Brivio e Barbara Cattaneo.
E l’occasione di ieri sera è stata anche quella di presentare i progetti già in cantiere. A cominciare dalla partecipazione a un bando della Fondazione comunitaria del Lecchese con un progetto redatto in sintonia con altre sei associazioni culturali per la valorizzazione di alcuni luoghi significativi del territorio, associazioni con le quali saranno programmati eventi comuni e altri singoli e l’allestimento di una piattaforma digitale per conoscere i luoghi anche attraverso giochi virtuali così da avvicinare le famiglie. Un progetto per il quale la Fondazione ha erogato la cifra di 5mila euro e che dovrà essere messo a punto nei prossimi due anni.
C’è poi il sogno di salvare il maglio della Panigada, interessato da un progetto di recupero edilizio. La sensibilizzazione è passata anche attraverso la partecipazione al concorso dei “luoghi del cuore” del Fai che ha permesso di raccogliere quasi seimila firme e che ha aiutato l’avvio di un confronto con gli operatori che dovranno intervenire per trovare una soluzione che coniughi gli interessi privati e il recupero di alcuni preziosi reperti.

A buon punto è anche il recupero dell’area commerciale dell’insediamento “Ombre sull’acqua” di San Giovanni, un’area commerciale mai decollata e ridotta a un ambiente spettrale e inquietante. Sono stati presi contatti con l’agenzia che ha ancora in carico gli spazi mai collocati: l’associazione si è impegnata a pulire le vetrine e a riempirle con pannelli e fotografie realizzando una sorta di cortile museale.
Non può mancare naturalmente il progetto per il recupero della diga del Paradone, considerata uno dei gioielli dell’alto corso del fiume lecchese accanto alle ex Trafilerie Baruffaldi, «un edificio da valorizzare e che non possiamo perdere» ma che è privato e il cui destino è quindi subordinato ai legittimi interessi dei titolari.

Di proprietà pubblico è invece la casa del custode della diga del Paradone, miracolosamente sopravvissuta per quanto in condizioni di evidente degrado. E’ già stato messo a punto un progetto di massima per la sua conservazione e per il restauro degli ingranaggi che risalgono alla metà dell’Ottocento. Già dopo l’estate si potrebbero avviare i lavori.
Poi, bisognerà pensare alle due ruote idrauliche sopravvissute alle Trafilerie Sacchi, ad alcune vecchie chiuse da recuperare.
Continua, dunque, il lavoro che in questi anni ha già portato a diversi incoraggianti risultati incoraggianti con l’organizzazione di passeggiate per studenti e cittadini, con la pulizia di alcuni angoli e il ripristino di vecchi tratti di fiumicella, ma anche sotto l’aspetto ambientale con il monitoraggio delle condizioni di salute del corso d’acqua e il suo ripopolamento.

E naturalmente sotto quello culturale: si era partiti con il rifacimento dall’audio del documentario “Il Gerenzone” realizzato nel 1961 da Sofia Ceppi Badoni, si è continuati con un altro film, “Gente di fiume”, che raccoglie una serie di testimonianze di chi su quello sponde è cresciuto o ha lavorato, mentre ora si va avanti andando alla ricerca dei ricordi degli anziani: una raccolta di memoria intervistando gli ospiti delle case di riposo in collaborazione con gli studenti del liceo artistico “Medardo Rosso” e tra le idee vi è anche quella di realizzare un film d’animazione o un fumetto da destinare al pubblico dei più piccoli.

C’era una volta un sogno, ha ricordato Barbara Cattaneo che è stata conservatrice dei musei e che molto tempo ha dedicato all’archeologia industriale. Un sogno coltivato nel 1992 con l’allora direttore dei musei civici Gianluigi Daccò, quando venne realizzato un censimento degli edifici industriali ancora esistenti con l’intenzione di creare un Ecomuseo come si era fatto da anni in Inghilterra e in Francia. Quel sogno, sappiamo, non si è realizzato. Ma qualcosa da salvare c’è ancora.
Intanto, continuano le visite. Il 21 maggio alle 18,15 è prevista una passeggiata ai caselli dell’acquedotto del Paradone (prenotazione obbligatorio perché la partecipazione è limitata a 70 persone). Il 24 maggio è invece programmata una visita allo stabilimento dell’Arlenico-Caleotto (riservata ai soci dell’associazione, massimo 30 partecipanti). Il 14 giugno si terrà invece la tradizionale passeggiata lungo il corso del Gerenzone, in questo caso accompagnati dall’Orchestra Sinfonica di Lecco che, sul percorso, offrirà alcuni intermezzi musicali.
Se ne è parlato ieri sera, in una sala che dire emblematica è poco essendo ormai una sorta di santuario e cioè l’Officina Badoni di corso Matteotti sotto la quale da qualche parte ancora corre il tracciato della fiumicella del Gerenzone che ha alimentato per secoli l’industria lecchese.
L’Officina Gerenzone, dopo l’assemblea dei soci, ha aperto le porte al pubblico per parlare di quanto fatto fino a oggi e dei progetti del futuro. Con uno sguardo rivolto al sindaco Mauro Gattinoni. Perché la conservazione di quanto rimasto passa anche attraverso le scelte urbanistiche dell’amministrazione comunale in questo periodo chiamata a mettere mano al nuovo piano di governo del territorio che è appunto lo strumento con il quale si prefigura lo sviluppo della città nei prossimi anni, prevedendo destinazioni, vincoli, regole delle quali dovrà tener conto l’espansione edilizia nel futuro.
Il sindaco Mauro Gattinoni
Proprio Gattinoni, intervenendo alla fine dell’incontro, non si è tirato indietro, pur non potendo – per ragioni di legittimità – entrare nei dettagli di un documento ancora in fase di elaborazione e pertanto non pubblico. Qualcosa ha detto, il sindaco: «Tutti noi ci sentiamo in debito. E allora dobbiamo chiederci come salvare quei luoghi sia per noi, per scoprire chi siamo, ma anche per coloro che vengono da fuori, per lo studente giapponese del Politecnico ma anche per chi abita in altri rioni, perché certi fili della memoria non sono noti neppure a molti lecchesi».
E allora, «come Comune abbiamo lavorato, l’interesse del Comune c’è. Ci siamo impegnati a non far cadere nel vuoto tutte le sollecitazioni che ci sono arrivate. Abbiamo cercato delle ipotesi. Il piano di governo del territorio sarà pubblicato a luglio e dopo sarà il momento delle osservazioni» e quindi l’invito è quello di esaminare scheda per scheda, pensando a come valorizzare quei luoghi, a individuarne l’utilizzo, a ideare spazi che possano ancora accogliere il lavoro che è quello del 2025, con una riflessione anche sulla mobilità perché in auto in certi posti non si arriva.
«La verità – ha concluso – è che se poniamo tanti vincoli e poi nessuno interviene, fra dieci anni ci ritroveremo nella stessa situazione di oggi. Occorre dunque un dialogo tra operatori associazioni. Ma certo questa è un’occasione da non perdere perché abbiamo perso già tanto».
Il presidente Paolo Colombo
Da parte sua, l’Officina Gerenzone è già operativa, come è stato spiegato dai consiglieri dell’associazione: il presidente Paolo Colombo, i consiglieri Silvia Negri, Laura Todde, Carlo Pirovano, Carlo Brivio e Barbara Cattaneo.
E l’occasione di ieri sera è stata anche quella di presentare i progetti già in cantiere. A cominciare dalla partecipazione a un bando della Fondazione comunitaria del Lecchese con un progetto redatto in sintonia con altre sei associazioni culturali per la valorizzazione di alcuni luoghi significativi del territorio, associazioni con le quali saranno programmati eventi comuni e altri singoli e l’allestimento di una piattaforma digitale per conoscere i luoghi anche attraverso giochi virtuali così da avvicinare le famiglie. Un progetto per il quale la Fondazione ha erogato la cifra di 5mila euro e che dovrà essere messo a punto nei prossimi due anni.
Il maglio della Panigada
A buon punto è anche il recupero dell’area commerciale dell’insediamento “Ombre sull’acqua” di San Giovanni, un’area commerciale mai decollata e ridotta a un ambiente spettrale e inquietante. Sono stati presi contatti con l’agenzia che ha ancora in carico gli spazi mai collocati: l’associazione si è impegnata a pulire le vetrine e a riempirle con pannelli e fotografie realizzando una sorta di cortile museale.
L'insediamento Orme sull'Acqua
Non può mancare naturalmente il progetto per il recupero della diga del Paradone, considerata uno dei gioielli dell’alto corso del fiume lecchese accanto alle ex Trafilerie Baruffaldi, «un edificio da valorizzare e che non possiamo perdere» ma che è privato e il cui destino è quindi subordinato ai legittimi interessi dei titolari.
Di proprietà pubblico è invece la casa del custode della diga del Paradone, miracolosamente sopravvissuta per quanto in condizioni di evidente degrado. E’ già stato messo a punto un progetto di massima per la sua conservazione e per il restauro degli ingranaggi che risalgono alla metà dell’Ottocento. Già dopo l’estate si potrebbero avviare i lavori.
Continua, dunque, il lavoro che in questi anni ha già portato a diversi incoraggianti risultati incoraggianti con l’organizzazione di passeggiate per studenti e cittadini, con la pulizia di alcuni angoli e il ripristino di vecchi tratti di fiumicella, ma anche sotto l’aspetto ambientale con il monitoraggio delle condizioni di salute del corso d’acqua e il suo ripopolamento.
E naturalmente sotto quello culturale: si era partiti con il rifacimento dall’audio del documentario “Il Gerenzone” realizzato nel 1961 da Sofia Ceppi Badoni, si è continuati con un altro film, “Gente di fiume”, che raccoglie una serie di testimonianze di chi su quello sponde è cresciuto o ha lavorato, mentre ora si va avanti andando alla ricerca dei ricordi degli anziani: una raccolta di memoria intervistando gli ospiti delle case di riposo in collaborazione con gli studenti del liceo artistico “Medardo Rosso” e tra le idee vi è anche quella di realizzare un film d’animazione o un fumetto da destinare al pubblico dei più piccoli.
Barbara Cattaneo
C’era una volta un sogno, ha ricordato Barbara Cattaneo che è stata conservatrice dei musei e che molto tempo ha dedicato all’archeologia industriale. Un sogno coltivato nel 1992 con l’allora direttore dei musei civici Gianluigi Daccò, quando venne realizzato un censimento degli edifici industriali ancora esistenti con l’intenzione di creare un Ecomuseo come si era fatto da anni in Inghilterra e in Francia. Quel sogno, sappiamo, non si è realizzato. Ma qualcosa da salvare c’è ancora.
Intanto, continuano le visite. Il 21 maggio alle 18,15 è prevista una passeggiata ai caselli dell’acquedotto del Paradone (prenotazione obbligatorio perché la partecipazione è limitata a 70 persone). Il 24 maggio è invece programmata una visita allo stabilimento dell’Arlenico-Caleotto (riservata ai soci dell’associazione, massimo 30 partecipanti). Il 14 giugno si terrà invece la tradizionale passeggiata lungo il corso del Gerenzone, in questo caso accompagnati dall’Orchestra Sinfonica di Lecco che, sul percorso, offrirà alcuni intermezzi musicali.
D.C.