Lecco: il liceo ricorda Giovan Battista Grassi. 'Un uomo bizzarro, un genio titanico'

Il liceo scientifico e musicale “Giovanni Battista Grassi” di Lecco ha festeggiato i settant’anni di intitolazione al medico e zoologo, protagonista della lotta alla malaria. Un genio, un ricercatore di caratura mondiale ricordato anche per la personalità un po’ eccentrica e il carattere non propriamente accomodante.
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Una giornata – quella di oggi, sabato 10 maggio – divisa tra interventi istituzionali, relazioni scientifiche e la presentazione del progetto didattico che da due anni ha coinvolto alcune classi della scuola, con una mattinata nella sala di Palazzo delle paure e un pomeriggio nell’aula magna di largo Montenero. Con l’accento posto sulla storia della scuola, sulla figura di Giovanni Battista Grassi e i suoi legami lecchesi, sul fondo d’archivio relativo allo scienziato conservato soprattutto ai musei civici e per una piccola parte allo stesso liceo.
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A introdurre la giornata è stata la dirigente della scuola Carmela Merone che ha ricostruito a grandi linee la storia del liceo lecchese: l’apertuira di una sezione staccata del liceo “Paolo Givio” nel 1943, l’autonomia ottenuta nel 1955 e l’intitolazione avvenuta nel 1955 (per l’esattezza il 2 maggio), in occasione del trentennale della scomparsa dello scienziato (della quale, dunque, in questo 2025 si celebra il centenario).
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Merone ha parlato di un sistema scuole sempre più vivace, di sinergie sempre più strette tra il liceo e la realtà territoriale, quasi una scuola diffusa caratterizzata da uno spirito di inclusione e di innovazione. In quanto all’anniversario dell’intitolazione a Grassi, ha fatto accenno a un giusto riconoscimento per tenere vivo il ricordo di un grande scienziato che aveva attenzione per la natura e per le sofferenze umane e che può essere definito uno dei più grandi biologi che abbia l’Italia e che dell’Italia è stato benefattore così come benefattore è stato per l’intera umanità proprio per i suoi studi sulla malaria.
E’ stato poi la volta dei saluti da parte delle autorità, curiosamente quasi tutte ex alunni del liceo.
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Il sindaco Mauro Gattinoni ha ricordato le migliaia di studenti che hanno frequentato il Grassi e che sono diventati classe dirigente, soffermandosi poi sullo slogan scelto per la Giornata e cioè “La verità non si estingue” che una frase che lo stesso Grassi pose in esergo a un suo libro, una frase che racchiude il cuore degli studi di un liceo scientifico e cioè l’apprendimento del “metodo” che è un’attrezzatura per la vita e aiuta a non credere nelle fake-news. Il primo cittadino ha poi ricordato l’alto livello della docenza in un plesso il cui scopo è stato sempre quello di alzare l’asticella e di far amare la complessità, di insegnare a “starci dentro” «perché il mondo oggi è complesso e lo con lo “starci dentro” lo si può comprendere. E dunque la ricerca, il “metodo”, sono una sfida».
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A rappresentare l’amministrazione provinciale è intervenuta la consigliera Silvia Bosio che ha sottolineato il profondo radicamento del liceo Grassi nel territorio, confermato dalla gemmazione degli altri licei sorti nel corso del tempo in provincia (Calolziocorte, Oggiono, Merate), aperti come sezioni staccate prima di ottenere una propria autonomia. «Spesso – ha poi aggiunto – la scuola italiana viene definita autoreferenziale, ma certamente il “Grassi” non lo è».
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L’assessore comunale alla cultura Simona Piazza ha concentrato l’attenzione sulla valorizzazione dei fondi archivistici: «Andare a conoscere le nostre radici è quel punto di partenza che ha fatto grande il nostro territorio e il nostro Paese».
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Concetto ripreso anche dal dirigente scolastico provinciale Adamo Castelnuovo: «Noi siamo la nostra storia. E’ vero che il liceo Grassi ha creato una classe dirigente, ma è anche vero che il “Grassi” viene celebrato non nella scuola, ma nella città e arricchisce la città. Negli studenti del “Grassi” quello che ho sempre visto è il non dare nulla per scontato ed è un sapere del quale i ragazzi diventano portatori».
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E’ stato poi presentato, da parte della coordinatrice Elena Conforti, il progetto realizzato in questi due anni da docenti e studenti di alcune classi del liceo proprio per mettere in ordine, catalogare e valorizzare quella parte d’archivio di Giovanni Battista Grassi conservato dalla scuola. La storia è nota. Lo scienziato era lo zio di quella Maria Grassi che aveva sposato Rodolfo Scola, discendente di quella famiglia Scola che nell’Ottocento aveva acquistato da Alessandro Manzoni la villa del Caleotto. Non poche volte, lo stesso Grassi era venuto a trovare la nipote che ha conservato e raccolto molta documentazione sull’attività scientifica dello zio: lettere, libri, articoli di giornale, altri documenti originali. Migliaia di carte conservate appunto negli archivi museali lecchesi, mentre una piccola parte – 178 documenti, il numero esatto – è custodito al liceo. E su questa piccola parte si è lavorato in questi due anni, inserendo il materiale nel circuito del sistema bibliotecario nazionale, mentre i ragazzi l’hanno studiato per delineare l’importanza di Giovanni Battista Grassi. «E lo studio di questo materiale – ha detto Conforti – ci ha fatto conoscere la complessità della figura di Grassi, una persona che aveva un forte senso della giustizia, dell’onestà e dell’umiltà, nel contempo era molto determinato a aveva una grande passione per le scienze e un’abnegazione per il lavoro».
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La parola è poi passata proprio agli studenti: Valerio Campagna e Nicolò Gusmeroli hanno presentato il video realizzato per illustrare il lavoro svolto in questi due anni da una serie di classi.
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Stefano Calvi ha invece ricordato le cerimonie del 2 maggio 1955, appunto per l’intitolazione della scuole: «Di quella giornata conserviamo un documento inviato alla stampa, un articolo di giornale, ma il più interessante è il biglietto d’invito firmato dalla preside Antonietta Nava».
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Biglietto nel quale, per inciso, si comunica che la cerimonia inizierà alle «ore 10 precise». Calvi ha ricordato gli ospiti (naturalmente Maria Grassi e poi Aroldo Benini, in qualità di ex studente liceale e all’epoca già universitario), l’intervento del sindaco Luigi Colombo, la premiazione degli studenti meritevoli ai quali è stato consegnata in dono una copia del libro “Il vincitore della malaria”, la biografia di Grassi scritta da Ettore Cozzani.
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Davide Molteni e Martina Bruzzese
, affiancati dalla professoressa Giuseppina Pastore, hanno appunto presentato la figura di Grassi, un uomo bizzarro ma un titano della scienza.
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Chiara Cappelletti e Corrado Colombo
si sono concentrati sull’impegno di Grassi nella lotta alla malaria, una lotta non solo medica ma anche sociale, ricordando come nel testamento avesse chiesto d’essere sepolto a Fiumicino «così che le mie ossa possano vedere debellata la malaria contro la quale ho lottato». Una lotta che sarà ancora lunga, perché soltanto nel 1970, l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato l’Italia finalmente libera dalla malaria.
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E naturalmente, a proposito di malaria, si è parlato della rivalità con lo scienziato inglese Ronald Ross che per i suoi studi sulla malaria ha ottenuto il Premio Nobel. Un premio – è stato detto – che giustizia avrebbe voluto fosse condiviso con Grassi. Perché se Ross ha individuato la trasmissione della malaria tra gli uccelli, Grassi ha individuato nella zanzara anofele il vettore tra gli umani. Ci furono momenti burrascosi e Grassi redasse alcune note che sarebbero state pubblicate soltanto nel 1975 proprio su iniziativa di Maria Grassi, per espresso volere dello zio che aveva chiesto di dare pubblicità a quel lavoro una volta morti tutti gli attori. Come dire che la vita di ciascuno è andata come è andata, ma la Storia avrà un suo giudizio e oggi appunto si riconosce il primato di Grassi.
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«Ross ha posto le fondamenta e Grassi ha fatto il tetto», come ha spiegato Paolo Mazzarello del museo di storia naturale di Pavia e autore di una nuova biografia di Giovanni Battista Grassi che dovrebbe uscire prossimamente dall’editore Neri Pozza. Mazzarello ha definito Grassi il più grande zoologo della storia, vincitore nel 1956 della Medaglia Darwin (una sorta di antesignano del Premio Nobel) per le sue ricerche sulla società delle termiti e sullo sviluppo delle anguille. 
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Infine, il conservatore dei musei lecchesi Mauro Rossetto ha parlato proprio del fondo archivistico di Grassi conservato a Lecco. «E’ un esempio di come un problema possa diventare una risorsa. I musei lecchesi hanno supplito alla mancanza a Lecco degli Archivi di Stato» raccogliendo e conservando documenti della natura più varia. E, a proposito di Grassi, ha sottolineato come troppo spesso a Lecco non vi sia la percezione di come alcuni personaggi lecchesi abbiano avuto anche un’importanza globale e ci limitiamo così ad applaudirne la valenza locale. In quanto al materiale, quello relativo proprio a Grassi, «è il racconto di un mondo che non c’è più, il mondo della belle époque, della seconda rivoluzione industriale, un mondo che Grassi vede tramontare».
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In conclusione ha evidenziato come a quell’epoca vi fosse molta circolazione di idee tra le varie discipline mentre oggi c’è una specializzazione eccessiva e ricordando anche coma la stessa scienza quando diventa dogma sbaglia come l’antiscienza.
D.C. 
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