In viaggio a tempo indeterminato/380: passare dall'India all'Italia
Passare dall'India all'Italia è semplice.
Un volo low cost.
Una notte in un aeroporto sdraiati sulla moquette.
Un altro volo, sempre low cost, che atterra proprio a Bergamo.
E bam!
Le spezie sono sparite. I clacson si sono volatilizzati, così come i venditori ambulanti e gli auto-rickshaw.
È tutto così incredibilmente calmo, silenzioso, pulito, tranquillo...
Passare dall'India all'Italia è complicatissimo.
Un volo low cost, posto finestrino per vedere dall'alto quel groviglio di strade che sembrano non avere un senso ma hanno una loro logica.
Una notte in un aeroporto sdraiati sulla moquette senza chiudere occhio perché i ricordi sono ancora troppo vivi e l'aria condizionata è così congelante da farti rimpiangere l'ultima classe di treno indiano.
Un altro volo low cost senza alcun pasto incluso ma "due bagni davanti e tre dietro" che il souvenir dall'India stavolta è questo.
E bam!
I bambini che giocano per strada non ci sono più.
Il venditore di chai che orgoglioso mi porge il bicchiere di vetro pieno di tè fumante si è volatilizzato. Così come i saree colorati, gli incensi, i tempietti.
È tutto così incredibilmente ordinato, monotono, prevedibile, lento... noioso!
Passare dall'India all'Italia stavolta mi ha fatto sentire come una maglietta dentro una lavatrice dopo 2 anni di lavaggi a mano.
Non è la prima volta che rientriamo in Italia da un Paese asiatico, ma è la prima volta che mi sento così.
Nella mia testa si mischiavano le immagini.
Come dei flash che si sovrapponevano alla realtà davanti ai miei occhi. Ho vissuto una specie di cortocircuito in cui niente mi sembrava reale.
Forse la colpa è stata di Mumbai. Aver lasciato la visita allo slum come esperienza finale non ha aiutato.
Mi rendo conto che è come se un pezzo della mia mente fosse rimasto ancora là, tra quei vicoli stretti e bui. Come se avesse bisogno di più tempo per realizzare quello che gli stava succedendo attorno e si fosse fermato lì per capire meglio.
E io sono solo stata in una baraccopoli dove è vero, la vita non è semplice, ma le persone hanno un lavoro, un tetto sulla testa e vivono in pace.
Ci sono un paio di profili che seguo ormai da qualche anno sui social. Uno è di una ragazza che fa l'infermiera e l'altro di un ragazzo che fa giochi di prestigio.
Lavorano in zone delicate, dove manca tutto, tranne le bombe che cadono a distruggere vite e case. Guardo i loro video dallo schermo di un telefono e l'unica cosa che riesco a fare è apprezzare (e anche un po' invidiare) il loro coraggio.
Quel coraggio che da osservatori li ha trasformati in attori. Fanno qualcosa di concreto per cambiare il mondo, anche quando al mondo sembra non importare nulla.
Non oso immaginare cosa debba provare la loro mente quando scendono dall'aereo e si ritrovano in Italia o in Australia.
Chissà se anche loro si sentono in una realtà parallela, a metà tra là e qua.

Passare dall'India all'Italia stavolta si è portato dietro tante emozioni.
Ma anche una consapevolezza più profonda che ci ha fatto apprezzare quasi fino alle lacrime una doccia calda. Che ci ha fatto sentire ancora più coccolati dentro un abbraccio famigliare. Che ci ha fatto godere all'inverosimile per il primo morso a quella pizza che sognavamo da mesi.
E mentre qui vivevamo tutto questo, là a qualche ora di aereo e una notte sulla moquette, è rimasto un pezzo di noi. Perché nonostante tutto quel pezzo non se ne è voluto andare, forse perché in fondo la sua casa è proprio lì.
Torneremo a riprenderlo un giorno, non abbiamo dubbi.
Un volo low cost.
Una notte in un aeroporto sdraiati sulla moquette.
Un altro volo, sempre low cost, che atterra proprio a Bergamo.
E bam!
Le spezie sono sparite. I clacson si sono volatilizzati, così come i venditori ambulanti e gli auto-rickshaw.
È tutto così incredibilmente calmo, silenzioso, pulito, tranquillo...
Passare dall'India all'Italia è complicatissimo.
Un volo low cost, posto finestrino per vedere dall'alto quel groviglio di strade che sembrano non avere un senso ma hanno una loro logica.
Una notte in un aeroporto sdraiati sulla moquette senza chiudere occhio perché i ricordi sono ancora troppo vivi e l'aria condizionata è così congelante da farti rimpiangere l'ultima classe di treno indiano.
Un altro volo low cost senza alcun pasto incluso ma "due bagni davanti e tre dietro" che il souvenir dall'India stavolta è questo.
E bam!
I bambini che giocano per strada non ci sono più.
Il venditore di chai che orgoglioso mi porge il bicchiere di vetro pieno di tè fumante si è volatilizzato. Così come i saree colorati, gli incensi, i tempietti.
È tutto così incredibilmente ordinato, monotono, prevedibile, lento... noioso!
Passare dall'India all'Italia stavolta mi ha fatto sentire come una maglietta dentro una lavatrice dopo 2 anni di lavaggi a mano.
Non è la prima volta che rientriamo in Italia da un Paese asiatico, ma è la prima volta che mi sento così.
Nella mia testa si mischiavano le immagini.
Come dei flash che si sovrapponevano alla realtà davanti ai miei occhi. Ho vissuto una specie di cortocircuito in cui niente mi sembrava reale.
Forse la colpa è stata di Mumbai. Aver lasciato la visita allo slum come esperienza finale non ha aiutato.
Mi rendo conto che è come se un pezzo della mia mente fosse rimasto ancora là, tra quei vicoli stretti e bui. Come se avesse bisogno di più tempo per realizzare quello che gli stava succedendo attorno e si fosse fermato lì per capire meglio.
E io sono solo stata in una baraccopoli dove è vero, la vita non è semplice, ma le persone hanno un lavoro, un tetto sulla testa e vivono in pace.
Ci sono un paio di profili che seguo ormai da qualche anno sui social. Uno è di una ragazza che fa l'infermiera e l'altro di un ragazzo che fa giochi di prestigio.
Lavorano in zone delicate, dove manca tutto, tranne le bombe che cadono a distruggere vite e case. Guardo i loro video dallo schermo di un telefono e l'unica cosa che riesco a fare è apprezzare (e anche un po' invidiare) il loro coraggio.
Quel coraggio che da osservatori li ha trasformati in attori. Fanno qualcosa di concreto per cambiare il mondo, anche quando al mondo sembra non importare nulla.
Non oso immaginare cosa debba provare la loro mente quando scendono dall'aereo e si ritrovano in Italia o in Australia.
Chissà se anche loro si sentono in una realtà parallela, a metà tra là e qua.

Passare dall'India all'Italia stavolta si è portato dietro tante emozioni.
Ma anche una consapevolezza più profonda che ci ha fatto apprezzare quasi fino alle lacrime una doccia calda. Che ci ha fatto sentire ancora più coccolati dentro un abbraccio famigliare. Che ci ha fatto godere all'inverosimile per il primo morso a quella pizza che sognavamo da mesi.
E mentre qui vivevamo tutto questo, là a qualche ora di aereo e una notte sulla moquette, è rimasto un pezzo di noi. Perché nonostante tutto quel pezzo non se ne è voluto andare, forse perché in fondo la sua casa è proprio lì.
Torneremo a riprenderlo un giorno, non abbiamo dubbi.
Angela (e Paolo)