Torino: il mercato domina al salone internazionale del libro

Il Salone Internazionale del Libro di Torino è una vetrina in cui è possibile confrontarsi direttamente e istantaneamente con una certa complessità. La prima cosa è incontrare piacevolmente scolaresche della prima e seconda infanzia con lo zainetto colorato sulle spalle per la colazione, che si aggirano con compostezza con le insegnanti, e nel vedere preadolescenti, sempre accompagnati, che si accalcano negli stand editoriali che propongono narrativa fantasy, manga e illustrata. L’offerta è ampia.
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Enrico Magni

L’editoria dell’infanzia è interessante, è curata, è molto fantasiosa. Le nuove generazioni sono attratte da proposte vivaci, da libri illustrati. In questi capannoni, che un tempo puzzavano di ferro, di morchia, di sudore operaio, la generazione attuale smentisce il paradigma stereotipato che li etichetta come passivi-dipendenti dello smartphone. L’odore della pagina, il suono della carta sfogliata, il commento con l’amico prevale. Il bello di questa confusione attiva, rumorosa è costatare l’interazione intergenerazionale: il libro cancella le disuguaglianze.

Ma anche nel Salone del Libro, il mercato fa la sua parte e si impone. La piccola e la media editoria, anche per i costi, sono collocate all’interno dei tre padiglioni. L’editoria più grande, quella più pesante, può permettersi di piazzare il suo prodotto nel padiglione Ovel, che ospita gli stand delle più grosse testate giornalistiche, la Rai, le Regioni e altri stand di rappresentanza.

Gli spazi per la presentazione dei libri sono dislocati in tutti i padiglioni, ma in Ovel più gettonati e più appetibili: il mercato genera disuguaglianze anche all’interno del mondo della cultura e dell’editoria. L’egemonia culturale è determinata dal mercato non dall’essere di destra o di sinistra. Inoltre, è bene che ci siano autori di riferimento politico, filosofico, esistenziale, religioso, etico, etnico; è nella differenza e nella molteplicità che si sviluppa il processo cognitivo. Ben vengano le differenze. Negare la differenza dell’autore vuol dire massificarlo a un pensiero unico di mercato.

Gli autori esposti dalle grandi case editrici, oltre a comparire in più marchi, sono prevalentemente presenti nei talkshow televisivi e nei network. La ridondanza, l’esposizione favoriscono il richiamo, il mercato, la vendita. Questo circolo vizioso, ripetitivo è funzionale a generare un pensiero dominante. La cosa si autorigenera: l’interazione mediatica offre le stesse facce, gli stessi autori che compaiono nei grossi marchi.

Gli autori in sé non c’entrano: anche loro fanno parte di un sistema di mercato massificante. Per il mercato sono un prodotto da vendere. Le grandi case editrici impongono il prodotto che meglio risponde alle esigenze del pubblico. Testano – marketing- con attenzione le tendenze, le mode: insomma, la filiera è quella. Se non si trovano nuovi sbocchi, si suggeriscono gli stessi autori con nuovi titoli e si traducono autori che hanno già ottenuto ottimi risultati di vendita. Le case editrici piccole, invece, devono fare i conti, non solo con la qualità degli autori, ma in primis con i marchi dominanti.

Per scegliere un libro che esprima un pensiero divergente, bisogna cercarlo con attenzione sia tra le piccole che tra le grandi case editrici. Il pensiero dominante oggi è determinato dal mercato, non dalle appartenenze identitarie, partitiche, religiose, filosofiche, etniche È nella divergenza, nella differenza cognitiva, che si annidano le nuove idee; così come, nell’errore del metodo scientifico si scoprono nuove stelle o molecole
Dr. Enrico Magni, Psicologo, giornalista
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