Contrordine sul lavoro. Devono essere le aziende ad adeguarsi ai giovani

Una volta erano le imprese a selezionare i lavoratori. Adesso è il contrario. Almeno nel nostro territorio, dove il tasso di disoccupazione è del 3% e cioè nullo
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Dunque, fermi tutti. Sul rapporto tra imprese e lavoratori ci sono da rivedere un po’ di cosette. Non funziona nemmeno più il trito ritornello che da qualche anno rimbalzava da un convegno all’altro. E cioè che i ragazzi la smettessero di inseguire miti liceali, ma imboccassero la strada della formazione professionale. Sulla quale insistono le aziende, in difficoltà nel ricoprire molti ruoli nei propri organici.
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Ora, le carte si rimescolano. Tocca alle aziende rivedere se stesse, diventare attrattive, farsi scegliere dai giovani in cerca di occupazione. Giovani ai quali non interessa nemmeno uno stipendio più alto o una promessa di carriera. Chiedono, vogliono, invece, una vita migliore. Subito. E non sacrificarsi per un futuro che probabilmente non ci sarà mai.
L’altra faccia della medaglia si mostra in occasione del quindicesimo rapporto annuale dell’Osservatorio provinciale del mercato del lavoro quest’anno concentrato proprio sul “mondo del lavoro alla ricerca di giovani”.
Il rapporto è stato presentato questa mattina alla Camera di commercio di Lecco. I dati, relativi all’anno 2024, sono stati illustrati da Gianni Menicatti e Andrea Gianni della società Pts che ha effettuato le ricerche per conto dell’amministrazione provinciale lecchese.
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Gianni Menicatti

Aprendo la sua relazione, Menicatti ha parlato del tradizionale bicchiere pieno a metà che gli uni vedono mezzo pieno e gli altri mezzo vuoto, ha ammesso la difficoltà nell’individuare uno slogan che sintetizzasse efficacemente i risultati della ricerca anche in virtù di dati contradditori. Per esempio: la diminuzione del numero di occupati a fronte di una platea di disoccupati che invece non aumenta. Segno della situazione confusa che sta attraversando la nostra economia.
Emerge però con chiarezza un “confronto” di natura generazionale all’interno di fabbriche e uffici.
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Nel Lecchese, i giovani d’età compresa tra i 15 e i 24 anni sono 25mila, il 5% dei quali appartiene alla fascia dei cosiddetti “neet” e cioè che non studiano né lavorano (in aumento rispetto al 2023 quand’erano il 3%). Sette giovani su 10 studiano (dieci anni fa erano meno di sei) e la provincia offre una vasta scelta di indirizzi. Inoltre, il 75% dei diplomati si iscrive all’università. Tutto bene. Però, la conseguenza, è che se aumenta l’offerta formativa aumenta anche il numero dei ragazzi che la frequentano. E pertanto se i ragazzi vanno a scuola non vanno a lavorare. E così, Lecco è la provincia lombarda con le maggiori difficoltà nel reperire manodopera giovanile. Non coprendo così il vuoto lasciato da chi esce dal mondo del lavoro per anzianità. E quello che stiamo vivendo è un periodo cruciale. Il picco di natalità si è avuto tra il 1960 e il 1965 quando in provincia si registravano cinquemila nascite all’anno (oggi sono duemila). Si tratta di quella generazione che gli anni 2020 e 1025 hanno raggiunto l’età pensionabile. Risultato: escono più lavoratori di quanti ne entrino. 06_Andrea_Gianni__1_.jpg (314 KB)
Andrea Gianni

Andrea Gianni è entrati, invece, nel dettaglio dei numeri, partendo dalla considerazione che il settore industriale – per decenni la spina dorsale dell’economia lecchese – non sta attraversando un periodo positivamente brillante, con un calo degli addetti. Aumentano invece nell’edilizia e nei servizi. Così come diminuiscono i dipendenti e aumentano gli indipendenti. Elementi da interpretare, nel bene e nel male.
Lente anche sulle differenze di genere e la forbice tra i sessi si mantiene ancora molto larga.. Il tasso di occupazione maschile è del 75%, quello femminile del 59,5%. La percentuale dei disoccupati, come detto, è del 3,1% (la media italiana è del 6,5), per i maschi è del 2,5 e per le femmine del 4,3.
In quanto ai giovani, nel 2023, il tasso di occupazione era del 28%, mentre lo scorso anno è sceso addirittura al 21%. Ed è il dato della scolarizzazione di cui parlava Menicatti. In dieci anni, gli studenti sono passati dal 58 al 69%. Improvvisamente, le raccomandazioni degli anziani sull’importanza dello studio, del “pezzo di carta”, oggi si rivelano paradossalmente inconciliabili con un mondo che invecchia e con i bisogni delle aziende: per ogni giovane “under 14” ci sono più di due persone “over 65”. Con tutto ciò che significa per le prospettive future.
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Nei contratti di lavoro, c’è una leggera diminuzione dei contratti a tempo determinato che resta comunque la formula più diffusa, aumentano le richieste di lavoro part-time soprattutto tra i maschi. Sul fronte imprenditoriale, il saldo tra imprese attive e cessate è positivo e si deve alla crescita di imprese straniere e femminili, nel contempo le imprese giovani fanno registrare nel giro di dieci anni un calo di ben il 18%. Anche i numeri del pendolarismo dicono qualcosa sull’economia lecchese: sono 38mila le persone che quotidianamente vanno fuori provincia e 29mila quelle che entrano. E siamo la prima provincia lombarda per difficoltà nel reperimento di manodopera: su 100 posti disponibili, i candidati disponibili a coprirli sono solo 55.
Sviscerato il rapporto, la parola è poi passata a Martina Mauri del Politecnico che ha presentato una ricerca effettuata tra gli studenti: a Veronica Campogiani di Adecco, la società di reclutamento personale per le aziende private; a Giorgio Missaglia, imprenditore, presidente di Easynet Group.
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Martina Mauri

Mauri ha sottolineato come le aziende siano poco attrattive e dovrebbero appunto avanzare proposte allettanti per i giovani. I quali da parte loro non possono pensare che, usciti dalla scuola, si smetta di studiare perché le innovazioni costanti impongono un aggiornamento continuo. Ma occorre partire da un dato chiaro: la cosiddetta generazione Z, nella scelta del lavoro mette al primo posto l’equilibrio tra vita lavorativa e vita privata. «Non è vero che i giovani non hanno voglia di lavorare – ha spiegato – ma hanno una concezione diversa del lavoro e le aziende debbono tenerne conto. Il lavoro deve lasciare spazio ad altro. Una volta la carriera significava il raggiungimento di uno status sociale. Oggi questo non interessa: i giovani dicono di volere un “ambiente sano” e cioè di rifiutare il lavoro stressante dei propri genitori. Inoltre, chiedono una paga dignitosa. L’importante è l’oggi: perché mai fare sacrifici per un domani, se il futuro è incerto?»
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Veronia Campogiani

Da parte sua, Campogiani ha evidenziato come oggi nelle aziende vi sia una convivenza tra quattro generazioni con valori ed esigenze diverse. Le generazioni più anziane ritengono che l’aspetto principale sia lo stipendio. Ai giovani, non basta una paga più alta. Vogliono altro. E’ cambiato il senso del lavoro. E così, non sono le aziende che selezionano i lavoratori, ma il contrario. Le imprese si stanno adeguando. Il momento, per un giovane in cerca di lavoro, è positivo.
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Giorgio Missaglia

Missaglia ha ricordato i suoi vent’anni di lavoro da metalmeccanico: «Allora Lecco era un territorio attraente, c’erano progettazioni ad altissimo livello, arrivavano tecnici da diverse parti e si fermavano qui. Era un territorio che per anni ha attratto talenti. Io ho avuto sei figli, quattro dei quali oggi sono all’estero. Significa che non sono stato capace di interessarli a questo territorio, ma è anche vero che questo territorio ha perso attrattività» Le responsabilità sono distribuite: gli imprenditori, le istituzioni pubbliche, le associazioni di categoria: «Bisogna realizzare un sistema Lecco, che tutti i soggetti si mettano d’accordo. Possiamo farcela. Solo tornando ad attrarre talenti possiamo andare avanti».
La “narrazione” della mattinata ha peraltro avuto un taglio particolare, visto la presenza in sala di studenti di alcune scuole superiori cittadine: a loro direttamente si rivolgevano così i relatori.
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Ezio Vergani

L’incontro era stato aperto dal saluto del presidente della Camera di commercio, Ezio Vergani, che aveva posto subito sul tavolo la questione esiziale: «In passato erano i lavoratori a cercare un posto di lavoro e oggi sono le imprese a cercare manodopera. E’ il problema numero uno».
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Mauro Piazza

Era poi intervenuto il sottosegretario regionale Mauro Piazza: «Bisogna spingere sempre di più sulla formazione professionale. Sta arrivando un mondo nuovo con l’intelligenza artificiale e la robotizzazione. Non un semplice cambiamento: appunto, un mondo nuovo. Bisogna cominciare a rifletterci».
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Alessandra Hofmann

Poi, la presidente provinciale Alessandra Hofmann aveva sottolineato il valore del rapporto dell’Osservatorio del lavoro: «E’ importante continuare con questo rapporto perché da questi dati discendono le scelte per il futuro. Lecco resta una delle province migliori sono il 3% di disoccupati, ma in questo periodo non riusciamo a dare una risposta alle aziende perché i giovani non hanno una formazione adeguata a ricoprire certi ruoli. Va bene la formazione liceale, ma è performante anche quella tecnica».
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Adamo Castelnuovo

Il microfono era poi passato al dirigente scolastico provinciale Adamo Castelnuovo: «I numeri non mentono e con i numeri i ragazzi possono orientarsi, scegliere percorsi formativi più legati alla realtà». Si era quindi rivolto direttamente agli studenti: «Il patrimonio produttivo che c’è intorno a voi è vostro. Spesso si guarda all’estero ed è bello avere uno sguardo internazionale, ma è anche bello tornare e vedere il bello che c’è qua. Il problema è esserne consapevoli. Siamo di fronte a un cambiamento epocale. Il futuro va immaginato e chi meglio di voi può farlo?».
Ad ascoltarlo anche 120 "suoi studenti" presenti in sala. Hanno assistito alla presentazione del report infatti gli alunni di diverse classi del Parini, del Liceo Leopardi, del Maria Ausiliatrice come pure dell’ITS Business Development Manager e del CFP Fondazione Luigi Clerici con le sedi di Via Achille Grandi e di via Padre Domenico Mazzucconi.
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Antonio Pasquini

A chiudere il convegno è stato invece il consigliere provinciale delegato al lavoro Antonio Pasquini: «Il compito delle istituzioni è importante. Dobbiamo promuovere una nuova collaborazione attraverso la formazione e il welfare. Occorre tornare alla fascinazione che avevano le imprese lecchesi negli anni Sessanta, tornare a fare sistema per essere attrattivi offrendo un giusto equilibrio tra esigenze private e lavorative, attraverso lo smart working, servizi aziendali, benefit...».
D.C.
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