PAROLE CHE PARLANO/230
Mito
Una canzone di Max Pezzali, ormai datata, esaltava una ragazza definendola “un mito”, cioè una persona molto ammirata e irraggiungibile. D’altra parte, forse abbiamo anche sentito definire come miti della letteratura mondiale personaggi come Dante o Shakespeare. Mitici sono stati anche alcuni nostri professori che ricordiamo con stima e affetto o sportivi di alto livello. In ambito moderno e gergale, pertanto, il mito può riferirsi a figure dotate di eccezionali qualità o a persone idealizzate.
Il termine mito deriva tuttavia dal greco mŷthos, che originariamente significava “parola, discorso” e, col tempo, assunse il significato di “racconto” o “narrazione sacra”. I miti sono infatti storie che spiegano l’origine del mondo, dando risposta alle domande fondamentali dell’uomo, le gesta degli dèi e degli eroi, tramandate di generazione in generazione per dare senso alla realtà e ai valori di una comunità.
Con il tempo, questo termine ha assunto il significato di narrazione favolosa, di leggenda o di racconto simbolico.
Viene anche utilizzato per riferirsi a una credenza popolare non basata sulla realtà o a un falso convincimento. È un mito, ad esempio, la credenza che usiamo solo il 10% del cervello e che, quindi, abbiamo potenzialità nascoste incredibili.
Dal termine mŷthos deriva anche mitomane, attraverso il francese mythomane, parola coniata nel XIX secolo dal medico Ernest Dupré per indicare chi ha la tendenza patologica a inventare storie, mentendo o esagerando la realtà per ottenere attenzione, impressionando gli altri, o per costruire un'immagine esagerata di sé e soddisfare così un bisogno emotivo di riconoscimento. Il suffisso "-mane" proviene dal greco manía, che significa in effetti “follia” o “ossessione”.