Olginate: al via l'11^ Marcia della Pace, 'per non abituarsi alla guerra'

Rispetto agli ultimi anni, la partecipazione in termini numerici è stata nettamente inferiore. Ma proprio per questo secondo i promotori, che lo hanno affermato a gran voce al microfono prima della partenza, l'iniziativa deve riuscire a lasciare un segno. Perché alla guerra, e in generale a ogni forma di violenza, non ci si deve mai abituare.
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Questo, dunque, il messaggio che ha accompagnato l'undicesima edizione della Marcia della Pace, la camminata che nel pomeriggio di oggi, sabato 24 maggio, ha portato un gruppo comunque numeroso di persone a percorrere a piedi i circa dieci chilometri che separano Olginate da Lecco per ribadire con forza la necessità di un cessate il fuoco in Ucraina, in Palestina e in tutti i luoghi del mondo segnati da violenze e conflitti.
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Il ritrovo è stato fissato, anche quest'anno, nei pressi del ponte ferroviario che conduce a Calolzio. Qui a partire dalle 15.30, su invito della Tavola lecchese per la Pace, si sono dati appuntamento singoli cittadini, amministratori locali e volti noti del volontariato per testimoniare, ciascuno a proprio modo, i risvolti più tangibili della pace, che nella vita quotidiana si traduce per esempio nel sostegno alle fasce più deboli della popolazione, nella tutela dei diritti e nell'attenzione all'ambiente.
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Ognuno dei presenti, insomma, aveva la propria personale idea di pace. Che per tutti, come dicevamo, è poi diventata innanzitutto un "grido" contro ogni forma di violenza, per contribuire a far sì che il mondo diventi un posto migliore dove a prevalere siano lo spirito di fratellanza, l'amicizia, il dialogo e la solidarietà tra i popoli.
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Maria Grazia Caglio

A prendere la parola prima dello "start" è stata Maria Grazia Caglio, attivista e vice sindaco di Osnago, che ha parlato della necessità di una cultura della pace contro la guerra (anche simulata) a partire da un fatto molto concreto e anche geograficamente vicino a noi: "Da ieri, 23 maggio, i territori delle province di Lecco e di Monza Brianza ospitano, per il secondo anno, una delle più importanti competizioni militari internazionali: l'Italian Raid Commando. Divisi in forze amiche (Azzurre) e nemiche (Rosse), militari in servizio attivo e della riserva si affrontano avendo per teatro i Comuni del Lecchese (Brivio, Barzanò, Paderno d'Adda, Calolziocorte, Oggiono, Imbersago, Olgiate Molgora) e per destinazione terminale della linea del fronte il borgo di Mondonico, che mai avremmo immaginato che da pacifico borgo dei pittori si sarebbe trasformato, anche se solo per un giorno, in borgo di incursori. L'iniziativa, promossa dall'Unuci Lombardia (Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d'Italia) con il patrocinio del Ministero della Difesa, della Regione Lombardia e delle Province di Monza e di Lecco, secondo gli organizzatori, "rappresenta la più importante competizione per pattuglie di soldati, di scuole militari della NATO e nazioni amiche". La base logistica dell'esercitazione è nella palestra della Scuola secondaria di primo grado "Benedetto da Briosco", nel Monzese. Ci inquieta e preoccupa in modo particolare il coinvolgimento delle scuole del territorio, come denuncia da due anni a questa parte l'Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, secondo cui l'Italian Raid Commando rappresenta l'estensione sul territorio di un progetto pedagogico implicito dai contorni inquietanti: la formazione del cittadino soldato e l'educazione all'uso della forza come risorsa nazionale".
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Due lenzuoli bianchi a simboleggiare i sudari in cui vengono avvolti i civili morti a causa delle guerre
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Maria Grazia Caglio ha poi proseguito: "Il linguaggio scelto dagli organizzatori, "sport", "competizione", serve a ridurre la vera finalità dell'evento. La mobilitazione di risorse, persone e mezzi per la realizzazione delle attività previste smentisce qualsiasi tentativo di derubricazione della vicenda a semplice gioco, ciò che si simula sono "operazioni di guerra ad elevato grado di realismo". Spacciare l'Italian Raid Commando come una semplice gara è una palese falsità, si tratta invece, come ammettono gli stessi organizzatori, di una vera e propria esercitazione militare, per mezzo della quale si sperimenta la capacità di convincerci della necessità e ineluttabilità delle scelte in tema di guerra e riarmo, cioè abituare non solo le nostre coscienze ma anche i nostri corpi alla presenza e all'incontro di uomini armati o in tuta mimetica sui sentieri da noi percorsi per diletto o per diporto, in altre parole, condividere i medesimi spazi con veicoli militari, postazioni di guardia, pattuglie in marcia e sperimentare in forma simulata come e in quale misura modificando il clima e il contesto di un territorio si può rendere accettabile e compatibile quel che si vuol far accadere [...]". Infine, la chiosa: "Se vogliamo realmente salvare le future generazioni dal flagello della guerra dobbiamo adoperarci per costruire una cultura del dialogo, dei diritti, il primo dei quali è quello alla pace".

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A seguire, la vera e propria partenza della marcia in direzione Lecco, scattata una manciata di minuti dopo le 16.00. Il percorso si è snodato sulla pista ciclopedonale lungo la sponda occidentale dell'Adda per poi attraversare il ponte Azzone Visconti, simbolo scelto non a caso: da sempre - è stato detto - i ponti rappresentano infatti il superamento delle divisioni e l'incontro tra le diversità, valori centrali per una convivenza pacifica e solidale.
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La partenza della marcia

Nel frattempo l'oratorio di Pescate, situato sostanzialmente a poco più di metà strada, ha ospitato un momento pensato per i bambini delle scuole primarie e secondarie di primo grado del territorio - con una serie di attività di animazione e la creazione delle tradizionali colombe della pace - che si sono poi uniti al corteo fino al cuore della città. Qui, in piazza Garibaldi, la chiusura della manifestazione con gli interventi istituzionali e alcune vive testimonianze dai teatri di guerra (seguirà un articolo dedicato).
B.P.
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