IC Premana: i genitori (informati) bocciano la settimana corta, non raggiunto il 75% di sì al referendum
Sono passati circa quattro mesi da quando avevamo trattato del tema “settimana corta” relativamente al plesso della secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo di Premana, interpellando diversi soggetti coinvolti nella questione. Una questione messa sul tavolo a seguito di una lettera inviata alla dirigente dell’ICS Dott.ssa Lorenza Martocchi da alcuni genitori degli alunni attualmente iscritti alle classi quarte e quinte delle scuole primarie di Premana e di Casargo – lettera corredata da una raccolta firme con la quale si chiedeva il passaggio alla “settimana corta” (quella su cinque giorni) per la secondaria sita proprio nel “paese delle lame”, sottoscritta dall’81% degli interessati.
Preso atto di ciò, il Consiglio d’Istituto ha deciso di intraprendere l’iter per la proposta di un referendum sul tema. Stabiliti gli orari e una volta ricevuta conferma scritta da parte dei sindaci dei comuni serviti dal plesso (oltre alla stessa Premana, Casargo, Margno, Crandola Valsassina e Pagnona) relativamente al nulla osta per i trasporti, il CDI ha deliberato di indire una consultazione diretta tra i genitori degli alunni di tutte le classi delle scuole primarie di Premana e di Casargo, oltre a quelli delle classi prima e seconda della stessa secondaria.

La percentuale richiesta per passare alla settimana corta è stata stabilita nel 75% degli aventi diritto, “una soglia certamente elevata, ma in linea con i numeri della raccolta firme” ha spiegato Stefano Ambrosioni - presidente del Consiglio d’Istituto - il quale ha voluto sottolineare che “come CDI, da una parte abbiamo chiesto una maggioranza qualificata; dall’altra, abbiamo garantito di recepire il risultato finale senza riserve”. Una disponibilità sulla carta ‘non dovuta’, dal momento che “mentre è facoltà dei genitori la scelta del tempo scuola (cioè il monte ore settimanale complessivo, ndr), il modo in cui erogarlo è decisione insindacabile del CDI”.
Sta di fatto che il referendum si è tenuto, una manciata di giorni fa, registrando un 54% di pareri favorevoli alla settimana corta e decretando dunque il mantenimento dell’orario corrente.
“A mio avviso, sull’esito della consultazione molto hanno influito le riunioni informative organizzate in questi mesi con i genitori, dove, pur riconoscendo i benefici del poter passare più tempo in famiglia da parte dei ragazzi, si sono evidenziate quelle che sarebbero state le implicazioni conseguenti al cambio di orario” ha dichiarato ancora Ambrosioni, spiegando che “il nostro istituto ha delle condizioni uniche, date dal numero esiguo sia dei plessi che degli iscritti. Quando però riusciamo ad ottenere iscrizioni ai due differenti tempi scuola (le 30 e le 36 ore, ndr), è possibile mantenere due sezioni anche sotto la soglia minima necessaria, componendo classi non superiori a 14-15 alunni, un numero ideale per la gestione degli stessi, pensando anche all’eventuale presenza di ragazzi disabili”. Conseguenza di un eventuale passaggio alla settimana corta, “se fosse stato necessario spalmare 36 ore su cinque giorni, la scelta di tale tempo scuola sarebbe stata certamente scoraggiata (decretando dunque la possibile “fine” della doppia sezione, non più giustificata vista l’esistenza di un unico tempo scuola, e la conseguente composizione di una classe decisamente più corposa, ndr). E una eventuale perdita di questa opzione avrebbe determinato anche la perdita della mensa, servizio che da quest’anno abbiamo potuto proporre anche agli alunni della primaria e che piazze ben più attrezzate non possono permettersi”. Infine, sempre secondo Ambrosioni, un ruolo non irrilevante lo ha giocato anche il parere dei docenti, secondo i quali a livello didattico si sarebbe verificato un significativo peggioramento con il passaggio alla settimana corta.
“È proprio tenendo conto di tutta questa serie di fattori e di motivazioni che il Consiglio d’Istituto ha richiesto una percentuale così alta per stravolgere un modello di scuola che si è riusciti ad ottenere a dispetto di tutte le difficoltà del caso, che porta a garantire dei servizi, oltre che ad avere risultati INVALSI - unico dato oggettivo per giudicare la qualità di una scuola - sempre superiori alla media nazionale” ha chiosato ancora Ambrosioni. “Tutte queste considerazioni, a mio avviso, hanno probabilmente fatto riconsiderare la propria posizione ad alcuni genitori” ha infine aggiunto il presidente del CDI. In Alta Valle, a differenza di altri plessi, dunque, non si cambia. Non per ora, almeno.
Preso atto di ciò, il Consiglio d’Istituto ha deciso di intraprendere l’iter per la proposta di un referendum sul tema. Stabiliti gli orari e una volta ricevuta conferma scritta da parte dei sindaci dei comuni serviti dal plesso (oltre alla stessa Premana, Casargo, Margno, Crandola Valsassina e Pagnona) relativamente al nulla osta per i trasporti, il CDI ha deliberato di indire una consultazione diretta tra i genitori degli alunni di tutte le classi delle scuole primarie di Premana e di Casargo, oltre a quelli delle classi prima e seconda della stessa secondaria.

Stefano Ambrosioni, presidente del Consiglio d’Istituto con Enrico Passoni di Intervalli
La percentuale richiesta per passare alla settimana corta è stata stabilita nel 75% degli aventi diritto, “una soglia certamente elevata, ma in linea con i numeri della raccolta firme” ha spiegato Stefano Ambrosioni - presidente del Consiglio d’Istituto - il quale ha voluto sottolineare che “come CDI, da una parte abbiamo chiesto una maggioranza qualificata; dall’altra, abbiamo garantito di recepire il risultato finale senza riserve”. Una disponibilità sulla carta ‘non dovuta’, dal momento che “mentre è facoltà dei genitori la scelta del tempo scuola (cioè il monte ore settimanale complessivo, ndr), il modo in cui erogarlo è decisione insindacabile del CDI”.
Sta di fatto che il referendum si è tenuto, una manciata di giorni fa, registrando un 54% di pareri favorevoli alla settimana corta e decretando dunque il mantenimento dell’orario corrente.
“A mio avviso, sull’esito della consultazione molto hanno influito le riunioni informative organizzate in questi mesi con i genitori, dove, pur riconoscendo i benefici del poter passare più tempo in famiglia da parte dei ragazzi, si sono evidenziate quelle che sarebbero state le implicazioni conseguenti al cambio di orario” ha dichiarato ancora Ambrosioni, spiegando che “il nostro istituto ha delle condizioni uniche, date dal numero esiguo sia dei plessi che degli iscritti. Quando però riusciamo ad ottenere iscrizioni ai due differenti tempi scuola (le 30 e le 36 ore, ndr), è possibile mantenere due sezioni anche sotto la soglia minima necessaria, componendo classi non superiori a 14-15 alunni, un numero ideale per la gestione degli stessi, pensando anche all’eventuale presenza di ragazzi disabili”. Conseguenza di un eventuale passaggio alla settimana corta, “se fosse stato necessario spalmare 36 ore su cinque giorni, la scelta di tale tempo scuola sarebbe stata certamente scoraggiata (decretando dunque la possibile “fine” della doppia sezione, non più giustificata vista l’esistenza di un unico tempo scuola, e la conseguente composizione di una classe decisamente più corposa, ndr). E una eventuale perdita di questa opzione avrebbe determinato anche la perdita della mensa, servizio che da quest’anno abbiamo potuto proporre anche agli alunni della primaria e che piazze ben più attrezzate non possono permettersi”. Infine, sempre secondo Ambrosioni, un ruolo non irrilevante lo ha giocato anche il parere dei docenti, secondo i quali a livello didattico si sarebbe verificato un significativo peggioramento con il passaggio alla settimana corta.
“È proprio tenendo conto di tutta questa serie di fattori e di motivazioni che il Consiglio d’Istituto ha richiesto una percentuale così alta per stravolgere un modello di scuola che si è riusciti ad ottenere a dispetto di tutte le difficoltà del caso, che porta a garantire dei servizi, oltre che ad avere risultati INVALSI - unico dato oggettivo per giudicare la qualità di una scuola - sempre superiori alla media nazionale” ha chiosato ancora Ambrosioni. “Tutte queste considerazioni, a mio avviso, hanno probabilmente fatto riconsiderare la propria posizione ad alcuni genitori” ha infine aggiunto il presidente del CDI. In Alta Valle, a differenza di altri plessi, dunque, non si cambia. Non per ora, almeno.
A.Te.