Lecco: un patrimonio in archivio. «Per la città è un quinto museo». Presentata la guida

La presentazione della guida dell’archivio del Sistema museale urbano lecchese – ieri a Palazzo delle paure - è stata l’occasione per sottolineare l’importanza di una raccolta documentaria per la città e per gli studiosi. Tanto che l’assessore comunale alla cultura Simona Piazza non ha remore nel parlare di un quinto polo museale per Lecco, in aggiunta alla Villa Manzoni, a Palazzo Belgiojoso, alla Torre Viscontea e al Palazzo delle paure.
guidaarchivi__1_.jpg (55 KB)La guida è infatti il coronamento di un lungo lavoro di catalogazione e riordinamento del patrimonio di documenti, alcuni dei quali rimasti per anni “silenti” o trascurati e che ora sono a disposizione dei ricercatori.
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Con l’assessore Piazza c’erano il direttore dei musei Mauro Rossetto, gli altri collaboratori al riordino degli archivi e alla stesura della guida: Paolo Crippa e Marco Lanzini (il quale nella nostra città aveva già lavorato per  la sistemazione dell’archivio storico della sezione del Cai). E’ inoltre intervenuta la soprintendente archivista e bibliografica della Lombardia Annalisa Rossi.
La nuova pubblicazione dedicata alla “Sezione separata d’archivio del Sistema museale” continua la collana di guide ai musei lecchesi inaugurata tre anni fa con la presentazione dei libretti dedicati a Villa Manzoni e alla Galleria d’arte moderna.
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L’archivio è collocato nella stessa palazzina del Politecnico di via Ghislanzoni dove aveva trovato sede la raccolta Badoni, le carte famigliari e quelle tecnico-aziendali, un pezzo importante di storia lecchese. E proprio dalla collezione Badoni – inaugurata nel dicembre del 2021 l’archivio si è allargato: «Abbiamo ottimizzato gli spazi – ha detto Rossetto – così da potere collocare altri fondi conservati ai musei e ricavare anche una sala per la consultazione».
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Hanno così trovato posto complessivamente una trentina di archivi eterogenei per mole e contenuti: manoscritti dal XVI al XX secolo, il “gridario” dal XVI al XIX secolo, i documenti della Sottoprefettura dal 1769 al 1928, quelli dell’Ente comunale di assistenza che risale fino al Cinquecento con i primi atti notarili per l’aiuto ai bisognosi. E poi il Consorzio del Gerenzone, il Fondo Antonio Stoppani, quelli dell’avvocato Enrico Corti, dello scienziato Giovanni Battista Grassi, dello storico Andrea Orlandi, dei pittori Carlo e Luigi Pizzi, dell’ingegner Enrico Gandola, dell’archivista Nunzio Guastella e via elencando.
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Nell’introdurre la presentazione, Paolo Crippa ha appunto definito la stampa della guida come il culmine di un lavoro certosino durato quattro anni e cioè proprio a partire dalla sistemazione dell’archivio Badoni.
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La stessa assessore Piazza si è ricollegata a quel momento per dire come ci si fosse posti il problema della fruizione e non solo della conservazione del materiale, arrivando a creare un luogo a disposizione dei ricercatori. Si tratta di «archivi che raccontano pezzi di storia e di identità del nostro territorio.» Ora – ha concluso - bisogna continuare con la digitalizzazione e con la collaborazione con altri enti, parlando appunto di un quinto polo museale.
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Lanzini ha indicato in tre parole che sintetizzano il lavoro svolto: opportunità, utilità e identità. In quanto all’opportunità, ha ricordato come, nonostante sia diventata capoluogo di provincia, Lecco non ospiti una sezione dell’Archivio di Stato. E proprio questo si è rivelato un’opportunità, una grande risorsa, portando al consolidamento dei musei come polo archivistico e ciò consente di poter contare su una sezione molto più libera in quanto a gestione e contenuti rispetto a un Archivio di Stato che deve seguire direttive nazionali.
A proposito di utilità, ha sottolineato come l’eterogeneità del patrimonio sia uno stimolo per ripercorrere la storia del territorio di volta in volta con occhi diversi e non solo con atti ufficiali governativi, dando così la possibilità di una visione a 360 gradi. Le stesse collezioni minori rappresentano una fonte per qualsiasi ricerca.
Infine, l’identità: il riferimento è stato proprio all’archivio Badoni, che è testimonianza di un’epopea. Questa guida – la conclusione - può trasformarsi in esempio per altre amministrazioni, per impegnarsi a salvaguardare un patrimonio identitario.
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Da parte sua, Rossetto ha spiegato come la guida sia uno strumento di lavoro per ricercatori, studenti, professionisti che, in questo modo, hanno informazioni di primo livello per sapere se il materiale conservato a Lecco possa essere utile alle proprie ricerche.
Ha poi raccontato, come l’attività di riordino delle carte ha consentito di rinvenire documenti di straordinaria importanza. Nella raccolta Gandola, per esempio, si è ritrovata la laurea originale dell’architetto Giuseppe Bovara e altri documenti risorgimenti di particolare interesse. 
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Infine, la soprintendente Rossi ha parlato degli archivi lecchesi come di una “restituzione” alla comunità: «Si tratta di fondi archivistici diversi, arrivati in momenti diversi, su sollecitazioni diverse. Cosa li lega? Il valore che la comunità stessa ha riconosciuto a quei fondi».
Inoltre – ha aggiunto – dell’importanza di una connessione tra archivi e musei perché la cultura è relazione e la salvaguardia del patrimonio delle persone si traduce in apprendimento sociale e quindi in sviluppo.
Dario Cercek
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