Lecco: il 'perno' del nuovo oratorio, è la Crocifissione bianca di Collina
Una grandiosa “Crocifissione bianca” del pittore comasco Giuliano Collina, per il nuovo oratorio di San Luigi della basilica di San Nicolò, «una sacra rappresentazione della morte di Cristo» come la definisce la storica dell’arte Laura Polo D’Ambrosio: «Il corpo del Cristo – sono invece le parole dello stesso Collina - e i due gruppi di figure sono il risultato di pesanti cancellature. Questa immagine è apparsa sverniciando drasticamente quanto prima era dipinto. Un procedimento improprio, ma abbastanza vicino a quanto sempre più spesso mi propongo».
La “Crocifissione – raffigurata su due tele poi unite per poter essere trasportata - è stata installata a metà della rampa che collega i due piani della nuova struttura, peraltro non ancora ultimata, ed è stata presentata dal prevosto don Bortolo Uberti, affiancato oltre che da Polo D’Ambrosio, anche dall’architetto Giorgio Melesi che ha progettato il complesso oratoriale e studiato la collocazione migliore per l’opera.

«Una presentazione – ha detto il prevosto – che è la prima tappa dell’inaugurazione del nuovo oratorio, ma è una prima tappa insolita e sorprendente. Solitamente all’arredamento si pensa dopo, a lavori completati e magari anche un po’ per volta. Ma in questo caso si tratta di un gesto simbolico, quasi liturgico. Questa Croce rappresenta il perno, il cardine del nuovo oratorio, una cerniera che unisce il sotto al sopra, il lago alla montagna, la terra al cielo, l’uomo a Dio. Per dire che tutto ruota attorno alla Croce. Il fatto che si trovi lungo una rampa che sale evoca un cammino, una via di salvezza, una via di speranza. Lungo il cammino incontri Gesù. E questo è un luogo di incontro, di relazioni. L’oratorio parte dunque da qui, dalla Croce. Così come noi cominciamo tutte le giornate con il segno della Croce».

Polo D’Ambrosio ha poi offerto una propria “lettura”: «Quest’opera monumentale di Giuliano Collina è un racconto sacro, cioè deve essere vissuta come uno spazio teatrale coinvolgente. Si tratta, infatti, di una sacra rappresentazione della morte di Cristo. Perché l’opera d’arte non è un’idea ma una realtà e in questo caso l’architetto Melesi ha sostituito una parete. Nel percorrere questa rampa c’è l’idea di una salita come fosse un Sacro Monte, concetto comune a molte religioni. E in questa “Crocifissione” c’è il senso della luce e delle tenebre, pure questo concetto comune ad altre religioni. Ed è il desiderio umano di salire, crescere verso l’Alto e dall’Alto ricevere la luce. L’opera d’arte è meravigliosa e universale, ma è altrettanto connotata in un senso identitario. Diventa un punto di riferimento come lo è, nel paesaggio lecchese, il Resegone. Questo è il bene culturale».

Ha poi ricordato la storia dell’opera che Collina ha dipinto nel 1996 «e non per questo luogo, ma bell’ambito di un proprio percorso». Era stata poi esposta all’Università Cattolica di Milano, passata a un gallerista e quindi arrivata a un collezionista, un lecchese che ora ha deciso di donarla all’oratorio, in memoria dei genitori e scegliendo di restare anonimo.
«Si compie così un destino – ha continuato Polo D’Ambrosio - ma in questo modo comincia un altro percorso».
Raccontando infine del rapporto tra l’artista e l’opera, tra Collina e la “Crocifissione bianca”: «Quando ieri siamo stati da lui, ci ha chiesto “come sta?” e che verrà a trovarla, così come si va a trovare un figlio al quale si sono dati gli strumenti per la vita e poi cresce e se ne va di casa. E’ ciò che accade a noi genitori ed è l’opera degli educatori dell’oratorio. L’opera è reale, è fisica: immaginate le persone che passeranno di qui e da questa Crocifissione ricaveranno miliardi di suggestioni».
«Una presentazione – ha detto il prevosto – che è la prima tappa dell’inaugurazione del nuovo oratorio, ma è una prima tappa insolita e sorprendente. Solitamente all’arredamento si pensa dopo, a lavori completati e magari anche un po’ per volta. Ma in questo caso si tratta di un gesto simbolico, quasi liturgico. Questa Croce rappresenta il perno, il cardine del nuovo oratorio, una cerniera che unisce il sotto al sopra, il lago alla montagna, la terra al cielo, l’uomo a Dio. Per dire che tutto ruota attorno alla Croce. Il fatto che si trovi lungo una rampa che sale evoca un cammino, una via di salvezza, una via di speranza. Lungo il cammino incontri Gesù. E questo è un luogo di incontro, di relazioni. L’oratorio parte dunque da qui, dalla Croce. Così come noi cominciamo tutte le giornate con il segno della Croce».
Polo D’Ambrosio ha poi offerto una propria “lettura”: «Quest’opera monumentale di Giuliano Collina è un racconto sacro, cioè deve essere vissuta come uno spazio teatrale coinvolgente. Si tratta, infatti, di una sacra rappresentazione della morte di Cristo. Perché l’opera d’arte non è un’idea ma una realtà e in questo caso l’architetto Melesi ha sostituito una parete. Nel percorrere questa rampa c’è l’idea di una salita come fosse un Sacro Monte, concetto comune a molte religioni. E in questa “Crocifissione” c’è il senso della luce e delle tenebre, pure questo concetto comune ad altre religioni. Ed è il desiderio umano di salire, crescere verso l’Alto e dall’Alto ricevere la luce. L’opera d’arte è meravigliosa e universale, ma è altrettanto connotata in un senso identitario. Diventa un punto di riferimento come lo è, nel paesaggio lecchese, il Resegone. Questo è il bene culturale».
Ha poi ricordato la storia dell’opera che Collina ha dipinto nel 1996 «e non per questo luogo, ma bell’ambito di un proprio percorso». Era stata poi esposta all’Università Cattolica di Milano, passata a un gallerista e quindi arrivata a un collezionista, un lecchese che ora ha deciso di donarla all’oratorio, in memoria dei genitori e scegliendo di restare anonimo.
Raccontando infine del rapporto tra l’artista e l’opera, tra Collina e la “Crocifissione bianca”: «Quando ieri siamo stati da lui, ci ha chiesto “come sta?” e che verrà a trovarla, così come si va a trovare un figlio al quale si sono dati gli strumenti per la vita e poi cresce e se ne va di casa. E’ ciò che accade a noi genitori ed è l’opera degli educatori dell’oratorio. L’opera è reale, è fisica: immaginate le persone che passeranno di qui e da questa Crocifissione ricaveranno miliardi di suggestioni».
D.C.