Tra propaganda e ideologia, il difficile percorso a tutela dei bambini

Davvero difficile commentare quanto rivelato dal Sindaco sul palco del Pride ed emerso sulla stampa nazionale in questi giorni. Sappiamo che, da anni ormai, quella manifestazione è per il nostro primo cittadino un momento di autocelebrazione e compiacimento, ma non pensavamo fosse il luogo dove scoprire scelte istituzionali fatte negli anni e mai condivise con nessuno al di fuori della giunta, per poi essere gettate in piazza alla ricerca di facili consensi e applausi.
L’iscrizione all’anagrafe di due mamme nel 2021 era un atto illegittimo, e non c’era assolutamente alcun appiglio per agire diversamente; anzi, ogni atto giudiziario, fino alla Cassazione, ne dichiarava il palese illecito. Una scelta politica, condivisa con la sua giunta. Siamo costernati davanti alla leggerezza con cui è stato trattato un tema di enorme portata come questo.
Entrando nel merito della vicenda, non possiamo non rilevare come sia riuscito a strumentalizzare il tema della genitorialità a fini ideologici. Ha scelto di raccontare il caso di una bambina durante il Pride per compiacere una parte dell’elettorato, non per risolvere un problema reale. Ma i minori non sono strumenti di battaglia ideologica: il loro interesse richiede serietà, regole chiare e rispetto delle istituzioni. La propaganda non li protegge: li espone.
Ma se vogliamo guardare la realtà senza essere appannati da slogan da social e da posizioni politiche — #loveislove in primis — e soprattutto guardando al maggior bene dei bambini, e non all’insistenza ossessiva sui desideri degli adulti, davvero, di fronte alla colossale emergenza educativa, la risposta che vogliamo dare è il diritto ad avere due mamme, spacciandolo per il diritto ad avere due genitori? Davvero consideriamo irrilevante la figura del padre (o, all’opposto, della madre), per il bene dei bambini, al punto che sia totalmente inutile averlo, perché “tanto le tue due mamme si vogliono bene”?
Peraltro l’iter di riconoscimento della compagna che non è la madre ha una disarmante facilità, con una semplice dichiarazione dell’anagrafe comunale, rispetto a quanto assitiamo  per l’infinito iter dell’adozione attraverso tribunali avvocati e associazioni o anche solo i passi burocratici dell’affido.
Su questo, tanto il laicissimo Polito quanto Alberto Pellai — psicoterapeuta ospitato dalla Giunta proprio sull’educazione — potrebbero insegnare molto, se letti con sincerità.
Siamo all’assurdo, per cui affermare una delle cose più semplici e ovvie del mondo — cioè che, per il bene di un bambino e per avere spalancate le porte del futuro con uno sguardo positivo, è meglio avere un papà e una mamma che si vogliono bene e gli vogliano bene — si venga accusati di ogni nefandezza (intolleranza, omofobia…). Su questo aveva ragione Chesterton, geniale scrittore inglese, quando ormai 120 anni fa scriveva: «Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate».
Eppure, non uno solo in questa giunta e della maggioranza in Consiglio ha osato mettere in dubbio l’azione del Sindaco o per lo meno pensare che fosse un tema di cui discutere. Difficile capire se per convinzione sul tema, per opportunismo di fronte a un possibile elettorato, o semplicemente per umana viltà ereditata dal nostro concittadino Don Abbondio.
Rimane, in ultimo, doloroso vedere come sia davvero irrilevante una posizione cattolica popolare (tema che spinse addirittura alla sottoscrizione di firme pro Gattinoni in campagna elettorale) in un contesto come Lecco e la Lombardia da sempre un faro di iniziative e opere, in politica e nella società, per rispondere ai bisogni concreti delle persone: dalle scuole materne alle cooperative bianche, dal buono scuola alle associazioni per disabili, dai banchi alimentari alla cooperazione internazionale.
Temi come vita, famiglia ed educazione — che in ogni loro forma sono al centro della Dottrina Sociale della Chiesa — vengono invece trattati come li tratterebbe un qualsiasi editoriale di Repubblica, Corriere o Fatto Quotidiano, in base alla moda del momento (e chi si ricorda più i FridaysForFuture?). Un modello, quello, che si è visto collassare — e far collassare — l’America woke dei diritti “un tanto al chilo”.
Non a caso Robert Francis Prevost ha scelto il nome di Leone XIV, in continuità con chi è entrato nella storia proprio per l’impegno sociale con la Rerum Novarum e ha iniziato, non a caso, il proprio pontificato ricordando il valore della famiglia con papà e mamma.
Eppure, nel dibattito in un cambio d’epoca come questo, per il bene della democrazia — tanto decantata nei patetici referendum politici della settimana scorsa — e della costruzione da parte di ognuno del bene comune, è necessaria una voce autorevole della politica cattolica. Non certo per uno Stato confessionale o una Teocrazia Local, ma perché è necessaria una visione del mondo diversa rispetto a quella che vediamo oggi, che si tratti di pace o di famiglia, ma per primi sono i politici cattolici a doverne riconoscere il valore.
Filippo Boscagli, capogruppo FDI Comune di Lecco
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