Cremeno: pony morì di stenti, condannato il proprietario

É arrivata questa mattina la sentenza di condanna a 4 mesi e 15 giorni di reclusione il 48enne residente in Valsassina accusato di maltrattamento di animali. La pubblica accusa, rappresentata in aula dal vpo Mattia Mascaro, ha chiesto 2 mesi per l'uomo, ritenuto responsabile della morte del proprio pony di 12 anni, trovato agonizzante nel giardino dell'abitazione sotto il sole il 23 agosto 2023 da alcuni passanti. 
Questi ultimi si erano subito prodigati per prestare soccorso al quadrupede fornendogli ombra con degli ombrelli, acqua e cibo in attesa dell’arrivo dei Carabinieri del nucleo forestale di Barzio e dei veterinari, prima che il pony venisse trasportato, con il consenso della famiglia, in un'azienda agricola della zona per ricevere tutte la cure possibili. Non ci sarebbe stato però nulla da fare per il cavallino, morto qualche giorno dopo.
Coccolino, questo il nome dell'animale che era stato lasciato alle cure di una persona fidata mentre i proprietari erano in viaggio, sarebbe deceduto per malnutrizione. Questa, almeno, la tesi dell'accusa, che ha abbracciato l'analisi riportata in aula dal proprio consulente interpellato nel corso dell'istruttoria dibattimentale.
Una versione a cui si è opposto con forza il legale dell'odierno imputato, l'avvocato Andrea Fumagalli, oggi chiamato a formulare le proprie conclusioni in sede di discussione finale: ripercorrendo le testimonianze e le risultanze emerse durante il dibattimento, il difensore ha sottolineato come la famiglia avesse a cuore la salute del pony e non l'avrebbe mai lasciato morire di stenti. Gli stessi Carabinieri forestali avevano trovato, al momento del loro intervento, dei rimasugli di fieno nel giardino in cui avevano soccorso Coccolino, che veniva anche cibato con mele, carote, verdura e pane raffermo. Anzi, la famiglia si era subito attivata quando aveva notato alcuni mesi prima un dimagrimento del quadrupede, contattando telefonicamente un veterinario dell'ATS (non avendone uno privato di riferimento) e somministrando un vermifugo su consiglio di quest'ultimo.
“Hanno sempre fatto del loro meglio per il benessere del loro cavallo” ha chiosato, prima di chiedere l'assoluzione per il proprio assistito con formula “perchè il fatto non sussiste” e in subordine “perchè il fatto non costituisce reato” per mancanza dell'elemento soggettivo.
Ritiratasi in camera di consiglio, il giudice Maria Chiara Arrighi si è poi espressa con la pronuncia della sentenza di condanna.
F.F.
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