Lecco: al via la raccolta di fondi per ristrutturare la sede di Cesea
Un’apericena dà il via oggi (mercoledì 2 luglio, con appuntamento alle 19 alla sede di via dei Riccioli), l’operazione “Allarghiamo le mura, aumentiamo la cura”, la raccolta fondi per la ristrutturazione dello stabile che ospita Cesea, il socio-occupazionale del Comune di Lecco, che comporterà l’ampliamento degli spazi a dispozione.
Obiettivo, raggiungere 250mila euro nel giro di due anni. A tanto ammonta infatti la cifra necessaria per l’effettuazione dei lavori che potrebbero partire già a cavallo tra 2025 e 2026 per concludersi essi pure in un paio d’anni.

L’iniziativa è stata presentata nella mattina con l’intervento del sindaco Mauro Gattinoni, dell’assessore al Sociale Emanuele Manzoni, del direttore di Cesea Tore Rossi, del presidente e della direttrice della cooperativa sociale “Arcobaleno” Fabio Crimella e Francesca Bonacina, degli architetti che hanno realizzato il progetto di ridefinizione degli spazi del capannone industriale che ospita le attività del centro ormai esistente da oltre 25 anni - è stato avviato nel 1999 – e diventato un punto di riferimento per le cosiddette politiche socio-occupazionali e, sotto un certo punto di vista, un modello nazionale.
Cesea, come si saprà, era stato istituito per recuperare e offrire uno sbocco occupazionale alle persone espulse dal mondo del lavoro perché ritenute in esubero in un momento in cui il comparto industriale andava ristrutturandosi in maniera radicale.

Era l’epoca – si ricorderà – in cui a fare le spese della trasformazione industriale erano soprattutto fasce di dipendenti in età avanzata ma non ancora in grado di ricevere una pensione. In questi cinque lustri, la situazione è completamente cambiata, come ha sottolineato Tore Rossi: il problema di oggi è che le industrie cercano e non trovano personale, potremmo quindi dire che, almeno per la popolazione maschile, non ci sia problema a trovare un posto di lavoro. Rimangono però le persone cosiddette fragili per una serie di motivi (esperienze di dipendenza da droghe o alcool, situazione di marginalità sociale, problemi sanitari, disavventure personali e altre complicazioni) e per le quali il rientro nella filiera produttiva si dimostra difficile. A Cesea, per dire una delle attività ormai sotto gli occhi di tutti i cittadini, fa per esempio riferimento il lavoro dei “cantonieri di comunità” che intervengono in città per piccole manutenzioni o riparazioni.

La sede di via dei Riccioli, tra la Besonda e il Caleotto, già rimodernata circa sette anni, ora subirà nuovi interventi di adeguamento degli spazi, pur mantenendo vecchi simboli della produzione storica come il carroponte ancora esistente. Sostanzialmente – hanno spiegato gli architetti Thomas Colombo e Giorgio De Capitani - la volumetria interna del vecchio capannone industriale sarà sostanzialmente divisa in due parti con la realizazzione di un nuovo piano di lavoro di 400 metri quadri di superfici suddivisi in tre zone funzionali.

E ci sarà anche quello che gli operatori di Cesea definiscono “problemificio” o “sfogatoio”, una stanza in cui risolvere eventuali conflitti tra colleghi, normali in qualsiasi ambiente di lavoro e più delicati quando appunto sono coinvolte persone con “fragilità”: «In questa struttura, la necessità è di trovare un incontro tra spazi e funzionalità che sono sempre in evoluzione». Infine, sarà anche realizzato un impianto fotovolatico per l’approvvigionamento energetico. A fronte di un investimento del genere, Cesea ha inoltre ottenuto garanzia dai proprietari privati del complesso di potervi restare per un periodo di almeno quarant’anni.

La riorganizzazione della struttura è proprio legata alla necessità di far fronte alle esigenze che nel corso tempo mutano, richiedendo così un’assoluta elasticità delle forme e di modi intervento che oggi non possono più essere quelle di 25 anni fa. Con la necessità quindi di una “struttura camaleontica” come è stato detto.

All’inizio, Cesea era partito con due o tre persone, nel 2013 erano già salite a una trentina, oggi sono 60, per il 90% italiane. Un servizio cresciuto soprattutto attraverso risorse pubbliche. «Si tratta sempre – ha spiegato Rossi, di un servizio socio-occupazionale. Oggi, le persone che ci vengono segnalate hanno problemi più complessi, il servizio di cura diventa più faticoso e non è possibile assegnare le mansioni indifferentemente all’uno o all’altro. Vanno misurate potenzialità e debolezze e così magari bisogna inventarsi nuove attività. Come la realizzazione di cassettine per le confetture preparate dagli stessi ospiti di Cesea, così come il succo di mele ricavato dalla frutta raccolta nel meleto del rione di Bonacina. E non deve interessarci la produttività, non deve interessarci se si realizzano venti cassette al giorno o una sola...»

Il sindaco Gattinoni ha ribadito il concetto della “filosofia” socio-occupazione e cioè «l’accompagnamento sociale attraverso il lavoro, con persona affiancata da un educatore e con la possibilità di fare entrare in contatto con la comunità, come è il caso appunto dei cantonieri».

L’assessore Manzoni ha sottolineato la necessità di una dimensione sanitaria, individuando i margini di potenzialità e debolezza delle persone: «Non esiste una persona inutile. Tutti noi abbiamo potenzialità e fragilità. Tutti noi attraversiamo momenti difficili nella vita e in quei momenti speriamo che attorno ci sia una comunità che non ci emargini. E’ un cambio culturale rispetto all’assistenza sociale di un tempo».

All’argomento si è agganciata anche Francesca Bonacina: «Bisogna inventarsi delle formule nuove e non è facile non solo per le risorse. Non ci sono più le comunità di prima, oggi le comunità vanno ricostruite. Questo di Cesea è stato un servizio pionieristico all’epoca ed è un servizio pioneristico anche oggi che sono passati 25 anni».

Da parte sua, Crimella ha rimarcato che il grosso problema delle cooperative sociali è quello di far quadrare i conti introducendo il nodo del contesto legislativo che non contempla regole per iniziative come quelle di Cesea, con le difficoltà di definire la veste giuridica, di trovare agganci pensionistici e assicurativi. C’è un vuoto, le persone che lavorano per Cesea lavorano in una sorta di limbo.

E proprio il direttore di Cesea, Rossi, è impegnato su questo fronte anche interpellando la ministra del lavoro Maria Teresa Calderone affinché si arrivi appunto a un quadro giuslavoristico preciso. Con l’esperienza di Cesea che diventa appunto modello nazionale.

In quanto, alla mobilitazione per la raccolta di fondi per i lavori da avviare è stata ideata la vendita di simbolici mattoncini (in legno) al prezzo di 50 euro l’uno: l’acquirente potrà poi apporre la propria firma sulla casella di un grande striscione che rappresenta il muro della nuova costruzione.

Naturalmente ciascuno potrà acquistare anche più mattoncini: i primi due sono stati comprati dal sindaco Gattinoni e dall’assessore Manzoni. Prevista anche la vendita di magliette con una frase della poetessa Alda Merini: «La normalità è un’iniziativa di chi è privo di fantasia».

La raccolta fondi, come detto, parte oggi. I versamenti potranno essere effettuati sul conto corrente aperto presso la Fondazione comunitaria del Lecchese, aperto presso Banca Intesa. L’iban è il seguente: IT28 Z030 6909 6061 0000 0003 286.
Obiettivo, raggiungere 250mila euro nel giro di due anni. A tanto ammonta infatti la cifra necessaria per l’effettuazione dei lavori che potrebbero partire già a cavallo tra 2025 e 2026 per concludersi essi pure in un paio d’anni.
L’iniziativa è stata presentata nella mattina con l’intervento del sindaco Mauro Gattinoni, dell’assessore al Sociale Emanuele Manzoni, del direttore di Cesea Tore Rossi, del presidente e della direttrice della cooperativa sociale “Arcobaleno” Fabio Crimella e Francesca Bonacina, degli architetti che hanno realizzato il progetto di ridefinizione degli spazi del capannone industriale che ospita le attività del centro ormai esistente da oltre 25 anni - è stato avviato nel 1999 – e diventato un punto di riferimento per le cosiddette politiche socio-occupazionali e, sotto un certo punto di vista, un modello nazionale.
Cesea, come si saprà, era stato istituito per recuperare e offrire uno sbocco occupazionale alle persone espulse dal mondo del lavoro perché ritenute in esubero in un momento in cui il comparto industriale andava ristrutturandosi in maniera radicale.
Era l’epoca – si ricorderà – in cui a fare le spese della trasformazione industriale erano soprattutto fasce di dipendenti in età avanzata ma non ancora in grado di ricevere una pensione. In questi cinque lustri, la situazione è completamente cambiata, come ha sottolineato Tore Rossi: il problema di oggi è che le industrie cercano e non trovano personale, potremmo quindi dire che, almeno per la popolazione maschile, non ci sia problema a trovare un posto di lavoro. Rimangono però le persone cosiddette fragili per una serie di motivi (esperienze di dipendenza da droghe o alcool, situazione di marginalità sociale, problemi sanitari, disavventure personali e altre complicazioni) e per le quali il rientro nella filiera produttiva si dimostra difficile. A Cesea, per dire una delle attività ormai sotto gli occhi di tutti i cittadini, fa per esempio riferimento il lavoro dei “cantonieri di comunità” che intervengono in città per piccole manutenzioni o riparazioni.
La sede di via dei Riccioli, tra la Besonda e il Caleotto, già rimodernata circa sette anni, ora subirà nuovi interventi di adeguamento degli spazi, pur mantenendo vecchi simboli della produzione storica come il carroponte ancora esistente. Sostanzialmente – hanno spiegato gli architetti Thomas Colombo e Giorgio De Capitani - la volumetria interna del vecchio capannone industriale sarà sostanzialmente divisa in due parti con la realizazzione di un nuovo piano di lavoro di 400 metri quadri di superfici suddivisi in tre zone funzionali.
E ci sarà anche quello che gli operatori di Cesea definiscono “problemificio” o “sfogatoio”, una stanza in cui risolvere eventuali conflitti tra colleghi, normali in qualsiasi ambiente di lavoro e più delicati quando appunto sono coinvolte persone con “fragilità”: «In questa struttura, la necessità è di trovare un incontro tra spazi e funzionalità che sono sempre in evoluzione». Infine, sarà anche realizzato un impianto fotovolatico per l’approvvigionamento energetico. A fronte di un investimento del genere, Cesea ha inoltre ottenuto garanzia dai proprietari privati del complesso di potervi restare per un periodo di almeno quarant’anni.
La riorganizzazione della struttura è proprio legata alla necessità di far fronte alle esigenze che nel corso tempo mutano, richiedendo così un’assoluta elasticità delle forme e di modi intervento che oggi non possono più essere quelle di 25 anni fa. Con la necessità quindi di una “struttura camaleontica” come è stato detto.
All’inizio, Cesea era partito con due o tre persone, nel 2013 erano già salite a una trentina, oggi sono 60, per il 90% italiane. Un servizio cresciuto soprattutto attraverso risorse pubbliche. «Si tratta sempre – ha spiegato Rossi, di un servizio socio-occupazionale. Oggi, le persone che ci vengono segnalate hanno problemi più complessi, il servizio di cura diventa più faticoso e non è possibile assegnare le mansioni indifferentemente all’uno o all’altro. Vanno misurate potenzialità e debolezze e così magari bisogna inventarsi nuove attività. Come la realizzazione di cassettine per le confetture preparate dagli stessi ospiti di Cesea, così come il succo di mele ricavato dalla frutta raccolta nel meleto del rione di Bonacina. E non deve interessarci la produttività, non deve interessarci se si realizzano venti cassette al giorno o una sola...»
Il sindaco Gattinoni ha ribadito il concetto della “filosofia” socio-occupazione e cioè «l’accompagnamento sociale attraverso il lavoro, con persona affiancata da un educatore e con la possibilità di fare entrare in contatto con la comunità, come è il caso appunto dei cantonieri».
L’assessore Manzoni ha sottolineato la necessità di una dimensione sanitaria, individuando i margini di potenzialità e debolezza delle persone: «Non esiste una persona inutile. Tutti noi abbiamo potenzialità e fragilità. Tutti noi attraversiamo momenti difficili nella vita e in quei momenti speriamo che attorno ci sia una comunità che non ci emargini. E’ un cambio culturale rispetto all’assistenza sociale di un tempo».
All’argomento si è agganciata anche Francesca Bonacina: «Bisogna inventarsi delle formule nuove e non è facile non solo per le risorse. Non ci sono più le comunità di prima, oggi le comunità vanno ricostruite. Questo di Cesea è stato un servizio pionieristico all’epoca ed è un servizio pioneristico anche oggi che sono passati 25 anni».
Da parte sua, Crimella ha rimarcato che il grosso problema delle cooperative sociali è quello di far quadrare i conti introducendo il nodo del contesto legislativo che non contempla regole per iniziative come quelle di Cesea, con le difficoltà di definire la veste giuridica, di trovare agganci pensionistici e assicurativi. C’è un vuoto, le persone che lavorano per Cesea lavorano in una sorta di limbo.
E proprio il direttore di Cesea, Rossi, è impegnato su questo fronte anche interpellando la ministra del lavoro Maria Teresa Calderone affinché si arrivi appunto a un quadro giuslavoristico preciso. Con l’esperienza di Cesea che diventa appunto modello nazionale.
In quanto, alla mobilitazione per la raccolta di fondi per i lavori da avviare è stata ideata la vendita di simbolici mattoncini (in legno) al prezzo di 50 euro l’uno: l’acquirente potrà poi apporre la propria firma sulla casella di un grande striscione che rappresenta il muro della nuova costruzione.
Naturalmente ciascuno potrà acquistare anche più mattoncini: i primi due sono stati comprati dal sindaco Gattinoni e dall’assessore Manzoni. Prevista anche la vendita di magliette con una frase della poetessa Alda Merini: «La normalità è un’iniziativa di chi è privo di fantasia».
La raccolta fondi, come detto, parte oggi. I versamenti potranno essere effettuati sul conto corrente aperto presso la Fondazione comunitaria del Lecchese, aperto presso Banca Intesa. L’iban è il seguente: IT28 Z030 6909 6061 0000 0003 286.
D.C.