Quelle parole da meraviglia per aiutare i malati e non solo. Una “Wunderkammer” in oncologia al Manzoni
Una “Wunderkammer”, che in Italiano si traduce con “stanza delle meraviglie”, nel reparto oncologia dell’ospedale “Manzoni” di Lecco. A dirla così potrebbe anche suonare stonata. «Ma non è una provocazione» sostiene Giuseppe Villa, artista lecchese dagli interessi più vari da essere definito semplicemente “creativo”. E’ lui l’ideatore del progetto.

Nato per caso e presentato questa mattina – giovedì 10 luglio – con l’intervento tra gli altri del primario del reparto Antonio Ardizzoia, del direttore generale dell’ASST Marco Trivelli e dalla coordinatrice infermieristica Elena Rusconi che dato l’autentico “la” all’iniziativa e naturalmente lo stesso Villa.
La “Wunderkammer” era una sorta di museo domestico allestito nelle proprie dimore da studiosi, viaggiatori e facoltosi vari e nel quale venivano posti cimeli, reperti e “stranezze” raccolti qui e là, mostrati senza un ordine preciso e con l’intento soprattutto di stupire gli ospiti. E a quello si è ispirato Villa, allestendo nei corridoi dell’oncologia alcune “postazioni” ispirate ciascuna da una parola delle dodici selezionate - «senza alcun intento censorio ma per necessità» - tra le 150 che nei mesi scorsi erano state raccolte tra personale sanitario e degenti.

«L’idea – ha spiegato Villa - era quella di creare nel reparto di oncologia un angolo di meraviglia. Solitamente, in questi spazi l’atteggiamento e lo sguardo sulla realtà è differente che altrove. Sia per i pazienti che per il personale che ci lavora tutti i giorni».

«Il progetto è nato casualmente – ha dettagliato Elena Rusconi - Stavamo ridipingendo. Conosco Villa e gli ho chiesto di venire a darci un’idea sui colori migliori, su come personalizzare le pareti da parte di operatori, malati e di coloro che vengono a prendersi cura delle persone ricoverate. In definitiva, rendere in qualche modo unico questo progetto».

«Tutto è nato dalle parole – ha continuato Villa – trasformate in immagini. Un lavoro messo a punto in collaborazione tra infermieri, assistenti, medici, pazienti, proprio raccogliendo parole. Cinque per ciascuno: parole che raccontassero la quotidianità del reparto. Parole di dolore, rabbia, anche insulti. Scelte dodici parole, attorno a esse sono stati effettuati dei ragionamenti, cercando collegamenti con immagini, poesie, canzoni, modi di dire. Sembra una raccolta senza senso, appunto come nelle “Wunderkammer”, ma sono finestre che si aprono a nuovi possibili percorsi e linguaggi e ciascuno può vederci quello che vuole secondo le proprie emozioni. Abbiamo anche voluto aggiungerci le foto di alcuni “luoghi del cuore” che, con i modi di dire nel nostro dialetto, rafforzano il legame con il territorio. E c’è anche una sorta di ironia, per quanto le pareti raccontino il dolore».

E proprio la parola “dolore” è rimasta per il momento in sospeso. Quelle scelte, infatti, sono: cammino, attesa, incontro, tempo, ascolto, smarrimento, fatica, abbraccio, sorriso, gentilezza, fiducia. “Dolore” per il momento è stato accantonato, ma il suo pannello è già stato preparato a confermare che la “Wunderkammer” è un lavoro in progressione, in continua evoluzione, come ha sottolineato Villa.

Il primario Ardizzoia ha poi detto: «Non si vive bene in oncologia e allora per riuscire a vivere con serenità, anche questi momenti sono fondamentali».

Il direttore generale Trivelli ha sottolineato come il reparto di oncologia dell’ospedale, in questo modo, non si dimostri solo competente nel curare. Perché per curare davvero occorre anche altro. E quindi «sono soddisfatto e confortato» di quanto è stato fatto.

Nato per caso e presentato questa mattina – giovedì 10 luglio – con l’intervento tra gli altri del primario del reparto Antonio Ardizzoia, del direttore generale dell’ASST Marco Trivelli e dalla coordinatrice infermieristica Elena Rusconi che dato l’autentico “la” all’iniziativa e naturalmente lo stesso Villa.

«L’idea – ha spiegato Villa - era quella di creare nel reparto di oncologia un angolo di meraviglia. Solitamente, in questi spazi l’atteggiamento e lo sguardo sulla realtà è differente che altrove. Sia per i pazienti che per il personale che ci lavora tutti i giorni».

«Il progetto è nato casualmente – ha dettagliato Elena Rusconi - Stavamo ridipingendo. Conosco Villa e gli ho chiesto di venire a darci un’idea sui colori migliori, su come personalizzare le pareti da parte di operatori, malati e di coloro che vengono a prendersi cura delle persone ricoverate. In definitiva, rendere in qualche modo unico questo progetto».

«Tutto è nato dalle parole – ha continuato Villa – trasformate in immagini. Un lavoro messo a punto in collaborazione tra infermieri, assistenti, medici, pazienti, proprio raccogliendo parole. Cinque per ciascuno: parole che raccontassero la quotidianità del reparto. Parole di dolore, rabbia, anche insulti. Scelte dodici parole, attorno a esse sono stati effettuati dei ragionamenti, cercando collegamenti con immagini, poesie, canzoni, modi di dire. Sembra una raccolta senza senso, appunto come nelle “Wunderkammer”, ma sono finestre che si aprono a nuovi possibili percorsi e linguaggi e ciascuno può vederci quello che vuole secondo le proprie emozioni. Abbiamo anche voluto aggiungerci le foto di alcuni “luoghi del cuore” che, con i modi di dire nel nostro dialetto, rafforzano il legame con il territorio. E c’è anche una sorta di ironia, per quanto le pareti raccontino il dolore».

E proprio la parola “dolore” è rimasta per il momento in sospeso. Quelle scelte, infatti, sono: cammino, attesa, incontro, tempo, ascolto, smarrimento, fatica, abbraccio, sorriso, gentilezza, fiducia. “Dolore” per il momento è stato accantonato, ma il suo pannello è già stato preparato a confermare che la “Wunderkammer” è un lavoro in progressione, in continua evoluzione, come ha sottolineato Villa.

Il primario Ardizzoia ha poi detto: «Non si vive bene in oncologia e allora per riuscire a vivere con serenità, anche questi momenti sono fondamentali».

Il direttore generale Trivelli ha sottolineato come il reparto di oncologia dell’ospedale, in questo modo, non si dimostri solo competente nel curare. Perché per curare davvero occorre anche altro. E quindi «sono soddisfatto e confortato» di quanto è stato fatto.
D.C.