"Sotto il cielo Gaza resiste": a Olginate in tanti per la Palestina

“Sotto il cielo Gaza resiste”. Questo il titolo della partecipata iniziativa di informazione e denuncia che si è svolta sabato sera a Olginate, promossa dal Coordinamento lecchese stop al genocidio. In mezzo a banchetti informativi e solidali a favore del popolo palestinese nella splendida cornice di Villa Sirtori, cuore della manifestazione è stato il dibattito tra relatori con esperienze e punti di vista diversi, moderati dal direttore di Altreconomia Duccio Facchini.
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Il primo contributo è stato quello di Martina Marchiò, coordinatrice medica della ong Medici senza frontiere, tornata da meno di un mese dalla Striscia di Gaza, che ha presentato una disamina molto precisa della difficilissima situazione umanitaria in cui versa l’area. Una situazione in cui continuano a ritmo frenetico gli sfollamenti: “Le famiglie sono costrette a scappare da un posto all’altro, alcune si sono già spostate 20 o 25 volte, e ogni volta che scappano perdono qualcosa e non solo in termini di vite umane”. A questo si aggiunge la drammatica condizione della mancanza di cibo, di acqua potabile e di elettricità e della pessima gestione della distribuzione degli aiuti affidata alla Gaza Humanitarian Foundation che però di umanitario ha ben poco, come dimostra, il caso raccontato da Marchiò: “È stato posteggiato un camion carico di rifornimenti di farina e alle persone affamate è stato detto che avrebbero avuto un’ora per prenderla. E dopo un’ora hanno cominciato a sparare sulla gente”.
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In questa condizione anche l’aiuto umanitario è in seria difficoltà: solo 17 ospedali sono ancora funzionanti e lo sono solo parzialmente, non ci sono i mezzi per poter soccorrere come servirebbe le persone. “Quando arriva qualcuno in ospedale gli viene assegnato un codice rosso o uno blu - racconta ancora l’operatrice - e questo equivale a stabilire chi riceverà le cure e potrà sopravvivere e chi invece morirà. Anche la morte degna a Gaza non esiste più e questo vale anche per chi rimane per mesi sotto la macerie o in obitori dove nessuno può riconoscere i cadaveri o perché arrivano a pezzi o perché anche tutto il resto della famiglia è morto”. Il messaggio di Marchiò è stato chiarissimo: “A Gaza la velocità con cui l’esercito israeliano sta distruggendo il territorio e uccidendo civili è impressionante, c’è chiaramente un genocidio in atto e non c’è più tempo”.gazaolginate__4_.jpeg (212 KB)
Serena Baldini, neo-eletta presidente della ong milanese Vento di Terra che da anni opera in Palestina, ha descritto come anche in Cisgiordania, a partire dall’ottobre 2023 la situazione sia sempre più difficile: “I coloni sono ormai arrivati a essere 800mila e sono fuori controllo, è di pochi giorni fa la notizia che sono arrivati ad attaccare l’Ifd al loro quartier generale di Binyamin”. Con riflessi terribili sui palestinesi: “A uno dei nostri colleghi hanno ammazzato cinque famigliari in pochi mesi e per via delle difficoltà di spostamento che in Cisgiordania sono croniche ma che negli ultimi mesi si sono aggravate, non è riuscito nemmeno ad andare al funerale di alcuni di loro”. 
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A Gaza l’esercito ha distrutto la scuola che la ong aveva costruito e lo staff è in balia degli sfollamenti: “Intere aree sono state svuotate e le persone si trovano ammassate in tendopoli o in scuole, in luoghi dove non si possono mai sentire al sicuro. Il nostro staff è composto da maestre di asilo, assistenti sociali e psicologi si sono fatti letteralmente la Striscia a piedi, avanti e indietro, sempre sotto assedio. Nonostante questo sono riusciti, con i pochi mezzi che avevano, a rimettere in piedi le attività per i bambini. È per me davvero incredibile vedere la forza che hanno per resistere alla disumanità a cui sono sottoposti”. 
Baldini ha voluto sottolineare l’importanza di momenti come questi e il ruolo che può avere l’opinione pubblica per “combattere la macchina della menzogna e la narrazione della Palestina che è un totale ribaltamento della realtà”. Anche lei, infine, ha voluto sottolineare da un lato la "totale assenza della cooperazione istituzionale italiana” e dall’altro che “affidare all’esercito e alla Gaza Humanitarian Foundation la distribuzione degli aiuti è illegale e contro il diritto umanitario”.
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Ma l’ingiustizia patita dai palestinesi non si ferma sull’altra sponda del Mediterraneo, come dimostra il caso di Yaeesh Anan Kamal Afif, raccontato da Eyas Awad, referente di Udap e dell’associazione amicizia Bergamo-Palestina. Anan sta affrontando un procedimento penale a L’Aquila con l’accusa di terrorismo per fatti avvenuti in Palestina. È il 2002 quando Anan, allora 14enne, sta andando a scuola con la fidanzata quando un militare israeliano spara in testa alla ragazza uccidendola. Da allora il giovane decide di aderire alla lotta politico-militare nelle file di Fatah e da lì entra nei servizi segreti palestinesi occupandosi di sicurezza interna. Per evitarne l'uccisone viene consegnato al carcere di Gerico sotto la supervisione di Stati Uniti, Inghilterra, Egitto e Giordania che ne controllano la detenzione da cui nel 2006 riesce a fuggire a seguito di un bombardamento dell’esercito israeliano e, tornato nella sua città, riesce a scampare a due tentativi di uccisione. Torna in carcere: tre anni di torture in 18 prigioni diverse. Nel 2010 viene scarcerato, riprende gli studi e la sua attività politica ma la famiglia lo spinge a trasferirsi in Europa, prima in Norvegia e Svezia poi in Italia nel 2019. Qui viene arrestato nel gennaio 2024 con l’accusa di terrorismo. Un caso emblematico dell’ingiustizia che subiscono i palestinesi e delle responsabilità che in questo hanno i governi europei, ha detto Awad invitando le persone a resistere e ad essere solidali con il popolo palestinesi: “Perché la liberazione palestinese è la liberazione dei popoli europei”.
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Un tema ripreso anche da Tamimi Kadher, presidente della comunità palestinese in Lombardia, che ha ricordato come la storia della Palestina e della causa palestinese affondi le sue radici nel colonialismo occidentale, poi nell’occupazione portata avanti dallo Stato di Israele ma anche negli interessi geopolitici delle grandi potenze che ruotano attorno a quella terra che è una “porta del Mediterraneo per petrolio e gasdotti”: “Noi palestinesi stiamo pagando il prezzo per svelare a tutto il mondo quali sono le logiche dei potenti e la cosa che più manda in bestia i governi che dopo un secolo di dominio coloniale il popolo palestinese continua a resistere”. A chiudere il cerchio un accorato appello di Giuseppe Salamone, del movimento politico Schierarsi, che ha invitato a tenere alta la mobilitazione e la resistenza al fianco del popolo palestinese.
M.V.
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