Omicidio di Esino: la difesa deposita il ricorso in Appello

L'avvocato Giorgio Pagnoncelli lo aveva anticipato subito dopo la lettura del dispositivo della sentenza, letto lo scorso 26 marzo dal presidente Corte d'Assise di Como che aveva condannato Luciano Biffi - reo confesso dell'omicidio del vicino di casa Pierluigi Beghetto - a 24 anni di reclusione per i tragici e noti fatti avvenuti nell'aprile 2024 a Esino Lario. 
Depositate le sue motivazioni e dopo un'attenta disanima, il legale del Foro di Bergamo che assiste l'imputato, ha impugnato il verdetto. Al momento non c'è ancora una data, ma l'udienza d'Appello, ragionevolmente, potrebbe essere fissata entro l'autunno. 
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Una foto scattata il giorno dell'omicidio

Nel suo ricorso l'avvocato Pagnoncelli punta ad una riduzione della pena, ritenuta dalla difesa eccessiva, sulla scorta di quanto aveva già sostenuto in aula negli scorsi mesi. Secondo il legale, quelli che la Procura ha ritenuto sin dal principio ''futili motivi'' - contestando a Biffi un'aggravante che gli ha di fatto precluso l'accesso al rito abbreviato - per l'esinese erano una questione di ''vitale importanza''. 
Stando infatti a quanto era emerso nella breve istruttoria, l'imputato appariva come ''ossessionato'' da alcuni sacchi di pellet di proprietà del vicino, la cui presenza accanto alla sua abitazione non riusciva proprio a tollerare per via dell'odore che a suo dire emanavano.
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Luciano Biffi

Il difensore aveva spiegato alla Corte come l'accumulo di tensione nel suo assistito fosse ''ormai al limite per l'atteggiamento del vicino, ritenuto sfidante e provocatorio'', cercando di tradurre a parole lo stato d'animo del Biffi. ''Non a caso, subito dopo l'omicidio sposta i sacchi di pellet dalla posizione in cui si trovavano''.
Pagnoncelli aveva chiesto l'esclusione dell'aggravante - ''i pellet non sono il motivo di quanto avvenuto, ma l'oggetto della discussione'' le sue parole - così da concedere al proprio assistito la possibilità di scontare di un terzo la pena irrogata.
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Pierluigi Beghetto

Di tutt'altro avviso, chiaramente, la posizione del sostituto procuratore Chiara Stoppioni - titolare del fascicolo d'indagine ereditato dalla collega Giulia Angeleri - che nella sua requisitoria aveva ricondotto l'omicidio ad una mera questione di vicinato, banale, che Luciano Biffi però non era riuscito a gestire con lucidità.
''Lui percepisce come provocatoria una condotta che non lo sembra. Vi è una sproporzione tra movente e azione'' aveva affermato l'esponente della Procura lecchese ricordando peraltro che l'imputato - musicante di strada - aveva passato diverso tempo a Perugia, facendo ritorno a Esino in tempi davvero recentissimi rispetto all'omicidio. L'esasperazione per la questione del pellet, sarebbe dunque montata nel giro di soli 10-12 giorni.
Una tesi sposata dalla Corte d'Assise presieduta dal giudice Carlo Cecchetti, con la condanna a 24 anni di reclusione nei confronti di Biffi (uno in meno di quanto chiesto dal PM) tenendo conto delle attenuanti generiche e della contestata aggravante. Disposto altresì un risarcimento danni di quasi 1.400.000 euro nei confronti delle parti civili costituite tramite l'avvocato Massimiliano Tebaldi, dunque la moglie e i due figli di Beghetto, oltre al pagamento delle spese processuali. 
Nel ricorso depositato negli scorsi giorni l'avvocato Pagnoncelli, oltre a riconfermare la tesi già sostenuta in aula, ha segnalato l'assenza agli atti di una perizia psichiatrica; la sua richiesta era stata rigettata, così come la produzione che nel corso del breve dibattimento aveva chiesto di poter depositare. Una relazione redatta dallo psicologo dottor Pigazzini che negli scorsi mesi aveva incontrato più volte in carcere Luciano Biffi. Un documento che, in sostanza, ripercorreva le condizioni di vita, di carcerazione e più in generale la vicenda. Alla richiesta di deposito si era però opposto il PM, così come la parte civile, e la stessa Corte presieduta dal dottor Cecchetti ha ritenuto di rigettarla, ritenendola intempestiva. 
Non erano mancati momenti di tensione durante il processo di primo grado: i familiari della vittima, presenti ad ogni udienza, erano rimasti fortemente colpiti dalle spontanee dichiarazioni rese in aula dall'imputato, ritenute lesive della memoria del proprio congiunto, stimato da tutti nel piccolo paese ai piedi della Grigna, e deceduto in circostanze drammatiche.
Nel frattempo Luciano Biffi resta detenuto in carcere a Monza; qui il difensore gli ha fatto visita sul finire del mese di giugno, qualche giorno prima di depositare formalmente il ricorso in Corte d'Appello. 
G.C.
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