In viaggio a tempo indeterminato/388: dai templi al 'vallone dei tumori'

Meraviglia e orrore.
In molti luoghi del mondo che abbiamo visitato questi due elementi sono strettamente connessi.
È come se uno, la meraviglia, avesse bisogno dell'altro, l'orrore, per splendere.
I Paesi dove questi contrasti sono più ricorrenti e drammatici sono anche quelli in cui più forti sono i sentimenti e le emozioni.
Sono i viaggi che lasciano il segno.
Ti fanno sentire nel luogo più bello del pianeta e nell'istante successivo ti risbattono con i piedi per terra.
È come stare su delle montagne russe, un po' sorridi, un po' trattieni il fiato.
L'India, l'Iran ma anche a modo suo l'Australia, hanno queste caratteristiche.
Ma non serve andare poi così lontano, perché anche la Sicilia, in un certo senso, è terra di contraddizioni.
La volta scorsa ho raccontato delle città barocche e di tutta la grandiosità che si ammira passeggiando nel centro storico di città come Noto o Ragusa o Modica.
L'uomo, l'artista, sembra aver dato libero sfogo alla sua fantasia su quest'isola. 
Il barocco è opera recente, ma già nel VI secolo a.C. la Sicilia ospitava maestosità.
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Akragas, si chiamava così, era una delle città più ricche e potenti della Magna Grecia.
I templi, dedicati agli dei dell’Olimpo, celebravano la grandezza della città e guardavano dall'alto di una collina il resto dell'isola.
Oggi quegli antichissimi tesori, ormai un po' acciaccati dal tempo (ma chi non lo sarebbe dopo tutti quei secoli!) fanno parte del parco archeologico più grande d'Europa: la Valle dei Templi.
Posso confessare una cosa? Ogni volta che mi trovo in luoghi del genere, mi viene un brividino lungo la schiena. Le stesse colonne che io ora osservo con stupore, hanno meravigliato qualcuno anche più di 2000 anni fa. La stessa pietra, gli stessi intagli, epoche diverse, vite diverse. Sono come delle macchine del tempo che hanno viaggiato fino ad oggi. Chissà quante cose hanno visto queste colonne, dall'alto dei loro capitelli.
E niente... mi sciolgo ogni volta che ci penso.
Mi immagino l'architetto che ha progettato quei templi, che guarda le persone nel 2025 fare la fila per ammirare il suo lavoro. Chissà come gongola orgoglioso!
Questa è senza dubbio la parte della Sicilia che corrisponde al momento in cui alzi le mani al cielo sulle montagne russe e ridi felice.
Ma poi arriva l'altra pezzo del binario, dietro l'angolo c'è una discesa così ripida da farti rimpiangere l'idea di essere salito su quella giostra.
Nel caso della Sicilia l'orrore si trova a pochi chilometri dalla meraviglia.
Casteltermini è un piccolo paesino nell'entroterra siciliano, uno di quelli che noti poco, magari ci passi in auto o al massimo ti fermi a bere un caffè quando sei in viaggio.
La sua storia però, passa tutt'altro che inosservata.
Il nome Casteltermini deriva dalla contrazione di "Castello (della famiglia) Termini" dal cognome del barone che nel 1629 fondò il paese.
Per attirare popolazione nella neonata Casteltermini, il nobile promise condizioni vantaggiose a chiunque avesse deciso di trasferirsi lì. Molto presto famiglie provenienti da paesi vicini popolarono Casteltermini e iniziò la costruzione di case, piazze ed edifici religiosi.
Inizialmente l'economia della zona si basava sull'agricoltura, ma tutto cambiò nella seconda metà dell'800 con la scoperta di molte miniere di zolfo nell'area circostante. A questo si aggiunse l'apertura di un'azienda che produceva fertilizzanti chimici usati nell'agricoltura. Migliaia di persone erano impiegate in queste due realtà.

Il periodo d'oro durò però pochi anni e il declino iniziò con la chiusura delle miniere avvenuta dopo un tragico incidente nel 1916.
89 minatori persero la vita in quello che è stato classificato come il secondo peggior disastro nella storia mineraria italiana.
Nel 1922 anche l'azienda chiuse i battenti e Casteltermini iniziò a spopolarsi. Moltissimi si trasferirono in altre zone dell'Italia e del mondo alla ricerca di lavoro. Dei fasti e dell'operosità del paese non rimase quasi più nulla.
Questa storia, già triste di per sé, si è lasciata però dietro qualcosa di davvero drammatico. L"orrore" di cui scrivevo proprio all'inizio è qui, scuro, ingombrante, doloroso.
12.000 metri quadri di amianto, edifici fatiscenti, cemento e metallo arrugginito, sono tutto ciò che resta di quella grande azienda.
Questa zona poi è tristemente conosciuta come il "vallone dei tumori". L'incidenza della malattia negli ex lavoratori e negli abitanti dell'area, è altissima e in troppi hanno perso la vita per questo motivo.
Una ferita aperta e una rabbia che difficilmente può placarsi.
E la cosa più paradossale è che il tutto avviene a meno di 40 km dalla Valle dei Templi.
Colonne e ciminiere.
Templi e fabbriche.
Arte e veleno.
Meraviglia e orrore.
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Anche a Casteltermini, davanti allo scheletro di quell'azienda, mi è venuto un brivido lungo la schiena. Ma era qualcosa di completamente diverso dalla sensazione provata al cospetto dei templi di Agrigento.
Quel brivido era più legato alla consapevolezza che troppo spesso il profitto viene messo davanti a tutto, anche alla vita delle persone.
Gli antichi greci costruivano templi in onore degli dei, oggi sembra che l'unico dio rimasto da venerare sia il denaro.
In suo nome tutto è concesso, anche inquinare e disseminare malattie per secoli. Anche distruggere ospedali e scuole per sterminare intere popolazioni.
Angela (e Paolo)
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