Dalle acque del Lario 2,5 gigawattora di elettricità: 'rinascimento' per l'idroelettrico?

La più grande centrale elettrica in Italia? Il Lago di Como. Lo sostiene Legambiente Lombardia, che questa mattina ha organizzato un workshop dal titolo “Le risorse idriche di laghi e bacini nella transizione energetica e climatica”, che si è tenuto nell’auditorium dell’Officina Badoni di Lecco.
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I dati parlano chiaro: nel suo corso, l’Adda – dalla Valtellina passando per il lago e arrivando infine in pianura – consente una produzione di 2,5 Gigawattora di elettricità. Energia rinnovabile e pulita, che deve giocare un ruolo cruciale nella transizione energetica. In particolare in Lombardia, che è la prima regione italiana per produzione di elettricità dall’acqua.
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Un'attenzione particolare in questo senso l’associazione ambientalista ce l’ha da molti anni, come sottolineato da Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. “In aggiunta alle analisi di balneabilità di ATS, noi prendiamo in esame i punti critici per capire se tutte le acque che entrano nei laghi e nei fiumi sono pulite. I laghi sono regolati su due livelli – ha ricordato –, da un lato per la produzione energetica a monte, dall’altro a valle per l’agricoltura. Bisogna tenere un equilibrio tra le diverse esigenze energetiche”.
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Alessandro Nardo, dg della Direzione enti locali, montagna, risorse energetiche e utilizzo risorse idriche di Regione Lombardia, ha poi spiegato che “In Italia le risorse rinnovabili costituiscono il 39% di tutte le fonti energetiche, e di queste l’idroelettrico vale a sua volta il 39%. Il dato idrico varia molto e può avere tendenze peggiorative, per questo motivo il tema del governo della risorsa è rilevante. La Lombardia produce un quarto del totale nazionale della potenza, pari al 23% della produzione”.
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L’idroelettrico lombardo è un asset tanto territoriale quanto strategico. “L’acqua è un prodotto del territorio montano, dove sono state costruite le dighe che hanno impattato i territori con sacrifici importanti ma anche vantaggi rilevanti” ha spiegato. “E poi è un asset strategico per la produzione energetica. Si stanno sviluppando sistemi di accumulo, i bacini sono grandi batterie che possono essere utilizzati per la gestione della rete”. Nardo ha poi ricordato che in Lombardia ci sono in totale 800 concessioni idroelettriche, di cui 74 sono grandi derivazioni. 
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“L’idroelettrico interessa in particolare il territorio in cui ci troviamo, segnato dal percorso del fiume Adda” ha aggiunto Damiano Di Simine, responsabile scientifico di Legambiente Lombardia. “Il bacino dell’Adda da solo produce più della maggiore centrale elettrica italiana. L’idroelettrico ha un’importanza strategica non solo per i volumi, ma anche per il modo in cui questa fonte energetica si colloca oggi nel percorso di transizione. In passato, prima dell’arrivo delle fonti fossili, era quella principale. Ora ci sono le condizioni per un rinascimento dell’idroelettrico, anche perché la Lombardia è la regione che in Europa è tra le più dotate grazie a una grande disponibilità di acque regolate e a una storia plurisecolare di gestione”.
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Ma c’è anche un tema di sicurezza di cui tenere conto: le dighe lombarde hanno un’età media di 82 anni, molto superiore al dato nazionale, e per Di Simine necessitano di interventi di ricondizionamento. 
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“I grandi impianti idroelettrici rappresentano una risorsa strategica per il Paese, dal punto di vista di produzione di energia rinnovabile ma anche ambientale visti gli importanti ecosistemi idrici ad esso collegati” ha aggiunto in chiusura Giorgio Zampetti, direttore nazionale di Legambiente. “Per questo il tema delle concessioni, fortemente collegato a quello degli investimenti, è oggi centrale, prevedendo anche nel nostro Paese la possibilità di rinnovo, ma sempre vincolandolo alla garanzia e alla realizzazione degli interventi. Interventi necessari per l’efficientamento degli impianti per una migliore e maggiore produzione di energia, per la corretta manutenzione degli invasi e delle infrastrutture, a partire da quella dei sedimenti, per attuare tutte le misure utili alla tutela degli ecosistemi fluviali e lacustri fino a garantire l’importante ricaduta sui territori, non solo in termini di royalty o compensazioni, ma nella creazione di economie locali a beneficio delle comunità che ospitano gli impianti”.
Michele Castelnovo
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