Malgrate: una vita lunga un secolo. Luigi Brusadelli si racconta tra legno e memoria

Novantanove anni e una memoria vivida, scolpita come un mobile d’altri tempi. Luigi Brusadelli ha deciso di raccontarsi, di mettere ordine tra ricordi, affetti, radici e trucioli di vita con un’autobiografia che è molto più di un libro: è un inno alla gratitudine.
Si intitola “La vita è bella” e la cura editoriale è di Valeria Campagni, ex insegnante del liceo artistico e oggi voce narrante di un'esistenza che attraversa il Novecento con dignità, dolcezza e una buona dose di ironia.
La pubblicazione – 120 pagine, 300 copie stampate – è il risultato di un’intensa collaborazione familiare: Matteo Bonfanti, figlio di Valeria e direttore del Giornale Bergamo e Sport, ha seguito impaginazione, grafica e stampa.
Tutto nasce da un’idea semplice ma potente: mettere su carta quasi un secolo di vita significa non solo raccontare sé stessi, ma restituire anche un pezzo di storia collettiva, fatta di botteghe, guerre, legami, trasformazioni. È il ritratto di un uomo, ma anche di un paese, di una comunità intera che si è mossa – piano piano – insieme a lui.
Luigi_Brusadelli_libro.jpg (105 KB)Così il figlio, ispirato da un precedente lavoro degli stessi autori e dedicato a Don Mario Proserpio, ha deciso di regalare al padre il libro della sua vita, interamente vissuta a Malgrate tra i monti, il lago, il rumore della falegnameria e le stagioni che passano con la stessa regolarità delle vacanze: sempre nello stesso mare, sempre nella stessa montagna, sempre con la moglie, Teresina, che oggi non c’è più, ma che riempie ancora ogni riga del racconto.
Il volume è ricco di fotografie e ricordi precisi, quasi sensoriali, come solo chi ha lavorato il legno può capire: il profumo delle essenze, il calore della bottega, la fatica del restauro, l’orgoglio di aver trasmesso un mestiere ai figli. Ma anche la guerra, l’occupazione nazista, i bombardamenti, la fame da istituto, le domeniche senza visite, le fatiche che non si dimenticano. Eppure, tra le righe, Luigi non cede mai allo stereotipo. Non descrive il nemico con rabbia, ma con umanità, quasi con rispetto per la complessità di quegli anni e delle persone incontrate, anche se portavano una divisa.
Luigi_Brusadelli.jpeg (109 KB)Una narrazione onesta, che non semplifica, non condanna in blocco, ma racconta la convivenza forzata e le sfumature che la Storia, quella vera, spesso contiene. E poi l’amore per la famiglia, il valore delle radici, la gioia della compagnia teatrale, le bocce sulla spiaggia di Fiumetto, le vacanze a Tabiano, i ricordi con gli amici di sempre, le margherite regalate a Teresina. Una vita piena, consapevole, riconoscente. “Chi lavora con le mani è un operaio. Chi lavora con le mani e la testa è un artigiano. Chi lavora con le mani, la testa e il cuore è un artista” – scrive nel libro, citando San Francesco.
E Luigi, con le sue mani, la testa e un cuore grande, ha lasciato molto più di una firma su un mobile. Ha lasciato un segno. Un esempio. Un racconto che oggi diventa dono. Per lui, ma anche per chi lo riceve. Perché scrivere una bibliografia, a un certo punto della vita, è come regalarsi un tempo per ricordare. È terapeutico, liberatorio, intimo. Un modo per risistemare la propria storia e restituirla con gratitudine.
Perché raccontarsi, in fondo, è un atto di coraggio e di amore. Un po’ come buttarsi dalla finestra – letteralmente – per un’esercitazione della Croce Rossa, come fece proprio lui, Luigi, durante un addestramento. Un salto nel vuoto, in tutti i sensi, che oggi fa sorridere, ma che restituisce con leggerezza lo spirito di un uomo che alla vita ha sempre detto sì. Anche quando non era facile.

C.C.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.