PAROLE CHE PARLANO/239
Simbolo diabolico
Per comprendere questo “inquietante” accostamento, è necessario esaminare i due termini singolarmente.
Il vocabolo simbolo ci riporta all'antica Grecia che ci regala il verbo symbállō, formato da sýn, “con”, “insieme” e da bállō: “gettare”, “lanciare”, col significato letterale di “gettare insieme”, “unire”, “far coincidere”.
Da qui deriva il sostantivo sýmbolon, che per i Greci era spesso un oggetto materiale - come un coccio, una tavoletta o un anello - spezzato in due. Ogni metà veniva affidata a due persone che intendevano suggellare un patto, un’alleanza o un debito. Solo ricongiungendo le due parti si poteva confermare l’identità delle persone coinvolte e la validità dell’accordo.
Il sýmbolon era dunque un segno concreto, una prova di appartenenza e di legame. Era infatti necessario unire i due elementi separati per ricomporre l’unità.
Col tempo, simbolo ha ampliato il proprio senso. Da oggetto materiale e funzionale, è divenuto segno che rimanda a qualcos’altro: un’idea, un’emozione, una verità invisibile. Il simbolo conserva la sua natura ambivalente: concreto nella forma, astratto nel significato. Una colomba con un ramo d’ulivo non è la pace, ma la evoca; la bilancia non è la giustizia, ma ne rappresenta equilibrio e imparzialità. È il nostro pensiero che mette insieme i “due cocci”: l’immagine e il concetto. Il simbolo, dunque, agisce come ponte tra visibile e invisibile, tra realtà e interpretazione.
Nel mondo contemporaneo, i simboli permeano la comunicazione: bandiere, loghi, icone digitali, gesti, emblemi religiosi, che sintetizzano significati, valori, identità collettive che continuano a svolgere la funzione originaria del sýmbolon: unire, rappresentare, trasmettere.
Il confronto tra simbolo e diavolo (o diabolo), e tra gli aggettivi simbolico e diabolico, è particolarmente interessante perché le due parole sono entrambe legate all’idea di gettare, ma divergenti sul piano metaforico, etico e culturale.
Infatti, diavolo deriva dal greco dià, “attraverso”, “contro” e ancora da bállō, col significato complessivo di “colui che getta attraverso”, quindi che separa, che ostacola. Quindi è colui che crea divisione, disgregazione, allontanamento, che frammenta e intralcia l’unità.
Etimologicamente, appare chiaro che si tratti dell’esatto contrario del simbolo: dove il simbolo costruisce ponti, il diavolo scava abissi. Anche nel Nuovo Testamento, diabolos è tradotto come “calunniatore” o “accusatore”, seminatore di discordia. Il cristianesimo prese spunto dalle tradizioni precedenti per dare una forma ripugnante al diavolo; in particolare, furono i satiri, con i loro zoccoli, code, corna e atteggiamenti lussuriosi e dissoluti a divenire perfetti “simboli” infernali che manipolano, calunniano, dividono e seminano odio, separando gli uomini da Dio e fra loro stessi.
Simbolo e diavolo sono pertanto due parole speculari e opposte, nate dallo stesso verbo greco, ma con prefissi che ne determinano il significato morale e funzionale: il simbolo unisce, cura, interpreta, mentre il diavolo divide, corrompe, accusa.