In viaggio a tempo indeterminato/389: ci siamo gustati Palermo

Sono le 7:30 e noi siamo già in macchina.
O meglio, dato che in macchina ci viviamo, sarebbe meglio dire che siamo già in movimento.
Volevamo arrivare prima del caldo e del traffico che qui dicono siano entrambi infernali.
Le temperature sono ancora accettabili ma questa per ora è l'unica consolazione. Le strade sono già molto frequentate, chissà se si sono mai riposate. Anche se è ancora presto, dobbiamo già essere svegli, presenti e concentrati. Le macchine si infilano da ogni lato, i motorini si muovono sinuosi e senza logica, le bici elettriche si sentono invincibili e persino i monopattini vogliono dire la loro.
In questo caos, i pedoni sembrano aver perso ogni speranza di attraversare e i pochi coraggiosi hanno optato per starsene sotto una pensilina, in attesa di un autobus che sarà bloccato da qualche parte in questa marea senza fine.
Ecco, mi piace già questa città. Anche se forse appena parcheggeremo l'apprezzerò ancora di più.
Lasciamo la strada principale e ci immettiamo in una via perpendicolare più stretta, con le auto parcheggiate da entrambi i lati. C'è qualche spazio qua e là, "parcheggiamo qui?" chiedo a Paolo.
"Mmmm non mi ispira" risponde lui concentrato. E continuiamo fino a uno spiazzo più grande, davanti a un cimitero e a delle catacombe.
"Qui il vicinato è sicuramente tranquillo e mi pare ci sia un buon giro di macchine. Lasciamola qui."
Ci mettiamo i cappellini perché il sole tra poco non ci darà tregua, sistemiamo le provviste in macchina cercando di tenerle più all'ombra possibile e chiudiamo le portiere. Ricontrolliamo tre volte di aver chiuso perché già sappiamo che se non lo faremo ci verrà il dubbio quando saremo a qualche km di distanza.
E poi ci infiliamo in un bar e prendiamo un caffè. L'espresso non mi piace particolarmente e non lo bevo spesso, ma quando la giornata inizia così, una tazzina diventa fondamentale.

Siamo arrivati a Palermo, una delle città di cui più ci hanno parlato negli ultimi anni.
E dopo l'inizio della nostra avventura palermitana, come non pensare alla frase dell'avvocato mafioso di “Jonny Stecchino”:
“Palermo ha un grande problema! Un problema intollerabile!”.
“Quale?”
“Il traffico!”
Superata la porta di accesso al centro storico, però, le auto svaniscono e compaiono le palme, le fontane e le carrozze con i cavalli.
"In che senso?" ci guardiamo spaesati io e Paolo. Mai avremmo pensato a una Palermo così bucolica.
"Buenos dias. Bonjour. Guten morgen!" ci saluta il ragazzo seduto sulla carrozza.
"Ammazza quante lingue sai?" gli chiediamo ridendo.
"Ah ma siete italiani! Non sembrava. Le parlo un po' tutte. So le frasi chiave che van bene per il mio lavoro."
Parliamo un po' e ci confessa che i clienti migliori sono gli americani perché non badano a spese. "Non mi chiedono nemmeno la tariffa. Si fanno il giro in carrozza e mi lasciano anche la mancia!
Ma anche gli italiani non sono male. Uno la settimana scorsa mi ha pagato il doppio perché gli era piaciuto troppo il giro che gli ho fatto fare."
Lo salutiamo e iniziamo a esplorare ufficialmente Palermo.
Prima tappa è la Cattedrale e ad accoglierci troviamo una gigantesca statua di Santa Rosalia, la patrona della città. Entriamo in quell'edificio con le cupole arabeggianti, gli archi spagnoleggianti e le torri normanne. Un miscuglio di stili che si fondono a creare un luogo che ti fa girare la testa prima ancora di entrarci.
palermo.jpg (137 KB)
Ma Palermo è famosa anche per i suoi innumerevoli mercati. Ormai si sa, dove c'è un mercato noi ci sentiamo a casa.
Così, muniti di appetito e voglia di caos, passiamo dalla Vucciria a Ballarò passando per il mercato del Capo.
Assaggiamo una cassata dolcissima e che facciamo scendere con una spremuta d'arancia. "Non lo volete anche un cannolo?" ci aveva proposto il signore al banco tutto intento a riempire di ricotta una cialda. È stata durissima rispondere di no, ma a Palermo ci eravamo ripromessi di assaggiare soprattutto le specialità della città. Ormai le bontà sicule ci camminano nel sangue accanto agli omini che trasportano l'ossigeno (come insegnava il cartone animato "Esplorando il corpo umano").
Quindi via di sfincione, a seguire pane e panelle con contorno di sarde a beccafico e per concludere un bella Citrosodina che fa tanto anni '90 e anche elisir contro i bruciori di stomaco.
"Ragazzi io sono di Palermo ma secondo me si mangia meglio a Catania" ci confida un ragazzo che sta facendo da guida a un gruppo di turisti tedeschi. 
In effetti la cucina palermitana è per stomaci belli forti perché noi alcune pietanze non abbiamo nemmeno trovato il coraggio di provarle. Sto parlando del pane 'ca meusa (panino con la milza) oppure delle stigghiole, budella arrotolate e cotte sulla brace.
palermo2.jpg (159 KB)
Si, va bene. Lo ammetto. Palermo ce la siamo gustata in tutti i sensi.
Non solo dal punto di vista culinario ma abbiamo anche assaporato quella sua bellezza così elegante ma allo stesso tempo cruda e intensa.
Il teatro e poi le facciate dei palazzi.
Le chiese e le piazze.
I quartieri eleganti e quelli veraci.
Il murales di Falcone e Borsellino.
Le barche ormeggiate al porto.
Quando in tanti ti parlano di una città, le aspettative sono altissime.
E Palermo non so se sia davvero stata all'altezza delle nostre aspettative.
È una città meravigliosa, su questo non c'è dubbio. E si vede che ha una storia travagliata, una ferita mai risolta, qualcosa di profondo da raccontare.
Ma si vede anche che un po' si è snaturata per accomodare un turismo sempre più invadente.
Penso ad esempio ai mercati, meno caotici e chiassosi di quanto mi aspettassi.
Sembra che a frequentarli non siano più tanto i palermitani ma i tour organizzati a caccia della calamita perfetta.

"Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare."
(Paolo Borsellino)
Angela (e Paolo)
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.