Coccinelle e guide d’un tempo ricordano: lo scoutismo lecchese all’insegna delle donne. Reunion per l'80esimo
Coccinelle e poi guide e poi “scolte” che sta per esploratrici: sono le “categorie” in cui si suddivide, per fasce d’età, lo scoutismo femminile che dal 1946 al 1972 ha avuto un proprio percorso, separato da quello maschile pur attenendosi agli stessi principi e regole. Poi, in quegli anni Settanta di grandi cambiamenti sociali e politici, le une e gli altri vennero riuniti in un’unica associazione che è appunto l’Agesci: «Il mondo era cambiato, la divisione non aveva più senso» dice Bianca Figini che è stata, appunto, coccinella e poi guida e poi “scolta” in quel trentennio che naturalmente ha lasciato in ciascuna un segno interiore più o meno profondo.
Di quelle ragazze, ormai avanti con l’età, qualcuno ha mantenuto contatti e legami e ancora si ritrova periodicamente. Ma altre si sono “disperse”. Qualcuna non c’è più. Qualcun’altra invece ha seguito un proprio destino che l’ha allontanata dalle compagne d’avventura d’un tempo.
Adesso, il gruppo che ha continuato a frequentarsi ha deciso di chiamare a raccolta tutte coloro con le quali hanno condiviso un tratto di strada, lanciando un appello e proponendo una grande rimpatriata nella sede scout lecchese di via Risorgimento per il pomeriggio di domenica 16 novembre.
«Noi – spiega ancora Figini – abbiamo tutti gli elenchi di chi è passata dal nostro gruppo, ma raggiungere tutte è complicato, molte chissà dove vivono oggi». E così, è sorta l’idea di un appello pubblico sperando nella più larga diffusione e che possa alimentare un passaparola in grado di raggiungere pure le più lontane».

Del resto, sono state proprio le donne a portare a Lecco lo scoutismo. Altro che gregarie. Si chiamavano Albertina Negri e Tilde Galli e avevano poco più di vent’anni quando incontrarono Nina Kaucisvili che voleva organizzare un gruppo scout femminile a Milano e decisero di fare lo stesso a Lecco. Se n’era parlato due anni fa, in una serata tenutasi al centro civico di Germanedo in ricordo proprio di Albertina Negri, una figura che ha inciso profondamente nella vita sociale del secondo Novecento nel nostro territorio. Oltre, appunto, ad avere fondato lo scoutismo lecchese che quest’anno celebra il suo ottantesimo anniversario.
«Albertina – dice Bianca Figini – era un animo grande che ha fatto tante cose. E sì, lo scoutismo lecchese partì con le donne. E una donna, Maria Badoni, fu anche la prima capobranco dei lupetti. Poi, appunto, i due movimenti, quello maschile e quello femminile, hanno agito separatamente, finché nel 1974 non sono stati uniti. Non c’erano più ragione di mantenere le divisioni. I tempi erano cambiati».
Ora – continua - «vorremmo ricordare quel primo trentennio. Ciascuna ha i propri ricordi di quegli anni, ma il motto lo si conosce: “Scout una volta, scout per sempre”. Noi che ci troviamo siamo ormai un piccolo gruppo e vorremmo raggiungere quante hanno condiviso quei momenti, anche coloro un po’ più giovani di noi…»
“Quei momenti”, del resto, rappresentano una sorta di riti di passaggio, un crescere seguendo una direzione precisa che è poi quella rimasta sempre fedele alle linee guida di Baden Powell, il generale britannico che nel 1907 fondò il movimento degli scout destinato a diventare mondiale. Soprattutto, “quei momenti” erano ancora più significativi se si tengono presenti quali fossero le condizioni sociali e di vita. Entrando negli scout, si cominciavano a vivere le prime esperienze fuori casa, sganciate dalla famiglia. Prima da “coccinelle” (undici o dodici anni di età) ospitate in case con qualche comfort in più delle più grandi che prima come “guide” cominciano a dormire in tenda e poi come “scolte” a camminare lungo la “route”, zaino in spalla, a seguire la strada «ed entrare nelle località che si toccavano, vivendo l’esperienza di quei luoghi. I campi e la “route” erano i momenti in cui si lasciava per la prima volta la propria famiglia. Si viveva assieme secondo certe regole, con la divisa che ci accomunava all’esterno, mentre all’interno c’era il modo che “la guida sorride e conta contro le difficoltà”. Volevamo metterci a disposizione degli altri, perché la vera gioia è quando si dona agli altri».
Momenti importanti di vita, come importante è anche una semplice avventura. Per esempio, quella volta in Abruzzo, durante una “route”: «Stavamo andando verso il rifugio di Forca Resuni, più un bivacco che un rifugio visto che non era custodito. Eravamo un gruppo di sette od otto “scolte”. Era un posto in capo al mondo e abbiamo perso la strada. E spaventate un po’ lo eravamo, sì. Stava arrivando la sera. Ma la nostra capogruppo non si è fatta scoraggiare, ci ha fatto piantare la tenda, organizzare un campo in una radura. Poi, un paio di noi sono andate avanti e infine abbiamo trovato il rifugio. All’interno c’era un fornelletto: abbiamo sciolto le neve e ci siamo fatte un tè…. Ecco la foto, questa tenda è quella che piantammo fuori dal rifugio. Qualche anno fa mi è venuta da sorridere leggendo su un giornale che un gruppo di scout si era perso mentre si avviava proprio al rifugio di Forca Resuni».

Adesso, il gruppo che ha continuato a frequentarsi ha deciso di chiamare a raccolta tutte coloro con le quali hanno condiviso un tratto di strada, lanciando un appello e proponendo una grande rimpatriata nella sede scout lecchese di via Risorgimento per il pomeriggio di domenica 16 novembre.
«Noi – spiega ancora Figini – abbiamo tutti gli elenchi di chi è passata dal nostro gruppo, ma raggiungere tutte è complicato, molte chissà dove vivono oggi». E così, è sorta l’idea di un appello pubblico sperando nella più larga diffusione e che possa alimentare un passaparola in grado di raggiungere pure le più lontane».

Una foto della serata dedicata a Albertina Negri
Del resto, sono state proprio le donne a portare a Lecco lo scoutismo. Altro che gregarie. Si chiamavano Albertina Negri e Tilde Galli e avevano poco più di vent’anni quando incontrarono Nina Kaucisvili che voleva organizzare un gruppo scout femminile a Milano e decisero di fare lo stesso a Lecco. Se n’era parlato due anni fa, in una serata tenutasi al centro civico di Germanedo in ricordo proprio di Albertina Negri, una figura che ha inciso profondamente nella vita sociale del secondo Novecento nel nostro territorio. Oltre, appunto, ad avere fondato lo scoutismo lecchese che quest’anno celebra il suo ottantesimo anniversario.
«Albertina – dice Bianca Figini – era un animo grande che ha fatto tante cose. E sì, lo scoutismo lecchese partì con le donne. E una donna, Maria Badoni, fu anche la prima capobranco dei lupetti. Poi, appunto, i due movimenti, quello maschile e quello femminile, hanno agito separatamente, finché nel 1974 non sono stati uniti. Non c’erano più ragione di mantenere le divisioni. I tempi erano cambiati».

“Quei momenti”, del resto, rappresentano una sorta di riti di passaggio, un crescere seguendo una direzione precisa che è poi quella rimasta sempre fedele alle linee guida di Baden Powell, il generale britannico che nel 1907 fondò il movimento degli scout destinato a diventare mondiale. Soprattutto, “quei momenti” erano ancora più significativi se si tengono presenti quali fossero le condizioni sociali e di vita. Entrando negli scout, si cominciavano a vivere le prime esperienze fuori casa, sganciate dalla famiglia. Prima da “coccinelle” (undici o dodici anni di età) ospitate in case con qualche comfort in più delle più grandi che prima come “guide” cominciano a dormire in tenda e poi come “scolte” a camminare lungo la “route”, zaino in spalla, a seguire la strada «ed entrare nelle località che si toccavano, vivendo l’esperienza di quei luoghi. I campi e la “route” erano i momenti in cui si lasciava per la prima volta la propria famiglia. Si viveva assieme secondo certe regole, con la divisa che ci accomunava all’esterno, mentre all’interno c’era il modo che “la guida sorride e conta contro le difficoltà”. Volevamo metterci a disposizione degli altri, perché la vera gioia è quando si dona agli altri».

La tenda citata da Bianca Figini al rifugio di Forca Resuni
D.C.