Ironia, fumetti e architettura: Cereghini e la satira lecchese, il contributo di Giulia Torregrossa

Chi ha già avuto modo di visitare la mostra allestita in Torre Viscontea o ha letto gli articoli dedicati all'inaugurazione potrebbe essersi chiesto che cosa c'entri l'architetto Mario Cereghini con la storia della satira lecchese. Una risposta arriva direttamente dall'architetto Giulia Torregrossa, "curatrice" delle tavole dedicate all'illustre collega. Pubblichiamo di seguito il suo contributo.satiratorregrossa__7_.jpg (275 KB)
Giulia Torregrossa

Ironia, fumetti, architettura e design: quando le linee costruiscono risate e riflessioni


Tutto nasce da una richiesta: “Vorrei tre cartelle su Cereghini per la mostra La satira a Lecco”. Accetto subito.
Mario Cereghini (Lecco 1903 – Madesimo 1966) fu grande architetto del Razionalismo: dalla Casa dell’Opera Balilla a Milano al Palazzo di Giustizia di Lecco, fino alla celebre stazione Agip sul lago. Opere moderne ancora oggi, essenziali, senza ridondanze. A queste si aggiungono la chiesetta del Redentore e di Santa Caterina all’Istituto Airoldi e Muzzi, con il suo campanile “metafisico”, e l’edificio della Pro Loco ai Piani dei Resinelli, raffinato esempio di architettura alpina capace di dialogare col paesaggio. Ma che c’entrano con le vignette?
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Lo scopro con un libretto prezioso: Il nostro Sci Club. In copertina, solo il cognome: “Cereghini”. Un’avvertenza avvisa che i nomi sono inventati, ma è un gioco scoperto: li conoscevano tutti, soprattutto a Lecco. Qui la satira non è mai volgare: elegante, leggera, “da chi se lo può permettere”.
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Cereghini era davvero “malato” di sci: campione universitario a 23 anni, vincitore dello Sci d’Oro del Re, fondatore e presidente dello Sci Club Lecco nel 1930. Lo sci era lo sport emergente della nuova borghesia in una città in pieno sviluppo, legata da sempre alle montagne. Dopo di lui, lo club sarà guidato da figure storiche come Locatelli, Fiocchi, Guzzi, Comi, Cassin.
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Il libretto è un diario satirico che intreccia storia locale e nazionale: dai pionieri con i primi sci all’età aurea fascista, fino alla tragedia della guerra e alla rinascita. Personaggi veri o verosimili si muovono tra avventure buffe e ricordi condivisi: il Piccaluga col trampolino, l’Elisa che nel ’22 entra in stalla sfondando la porta mentre i fascisti marciano su Roma, il socio Torlonio, la Pistacher che salva un avvocato caduto in un torrente.
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Non mancano le allusioni al Ventennio: gagliardetti col fascio, saluti romani, matrimoni col Podestà, fino alla guerra vera, con soci in Russia di cui quattordici non torneranno. Poi la Liberazione, i reduci accolti nell’indifferenza, un parroco presidente “salomonico” e il nuovo skilift.
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L’ultima pagina mostra lo zio di Cereghini, veterano dello sci, che contempla un orizzonte cambiato: funivie che salgono al cielo, segno di tempi nuovi. Come il vecchio asin bigio di Carducci, guarda con distacco l’avanzare della modernità.
In queste vignette l’ironia diventa strumento di memoria: svela contraddizioni, alleggerisce il peso della storia, trasforma episodi personali in patrimonio collettivo. Non è solo un libretto satirico, ma un affresco leggero della vita lecchese tra anni ’20 e dopoguerra.
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Da architetto, riconosco nei suoi fumetti una vera “architettura del linguaggio visivo”: linee e dettagli costruiscono narrazioni come volumi e spazi in un edificio. Anche l’architettura, come i fumetti, sa essere ironica: forme esagerate, citazioni dal quotidiano, giochi che sfidano la gravità e le aspettative.
Cereghini fu personalità poliedrica, capace di coniugare progetto, cultura e satira. Il nostro Sci Club resta una piccola gemma, un ponte fra disegno, comunità e ironia.

Un’opera che fa sorridere e riflettere.
Bravo Cereghini!

Arch. Giulia Torregrossa
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