Lecco: la pizzeria Fiore cambia gestione. Ma mantiene la fiaccola antimafia
“Di fiore in fiore”, il suggestivo slogan con il quale ieri sera è stato celebrato il passaggio del testimone – anzi, della pala per infornare – per la pizzeria “Fiore”, realizzata in quella che un tempo fu la “Wall Street”, il quartier generale del boss della ‘ndrangheta lecchese Franco Coco Trovato, oggi 78 anni, condannato all’ergastolo nel 1997, cinque anni dopo l’operazione denominata appunto “Wall Street” che portò all’arresto, oltre a Coco Trovato, di numerose altre persone e al sequestro di beni mobili e immobili per un valore complessivo immenso. Tra cui appunto la pizzeria di via Belfiore. In seguito assegnata dallo Stato al Comune di Lecco per un suo utilizzo sociale.

Dal 2017 è appunto diventata la “pizzeria della legalità” sotto l’egida dell’associazione “Libera” fondata da don Luigi Ciotti e dalla quale era allora coordinatore lechese Polo Cereda che per questo progetto si spese non poco, senza poterne vedere gli sviluppi.
Inaugurata la pizzeria nel mese di marzo, Paolo Cereda moriva improvvisamente nel settembre dello stesso anno. E la sua figura, ieri sera, è stata ricordata più volte. Ne ha parlato con commozione anche Marisa Fiorani, la mamma di Marcella Di Levrano, la donna di 26 anni di Mesagne in provincia di Brindisi uccisa per avere testimoniato contro la Sacra Corona Unita, la mafia pugliese: «E’ stato grazie a Paolo – ha detto infatti Fiorani – ed è successo qui a Lecco che mia figlia è stata per la prima volta inserita nell’elenco delle vittime ufficiali di mafia e solo dopo è entrata nell’elenco ufficiale di “Libera”». E nel frattempo la pizzeria Fiore – come ricorda una targa all’ingresso – era stata dedicata proprio alla memoria di Marcella.
La pizzeria - «sogno di pochi diventato un segno per tanti» come è stato detto – dopo la tradizionale chiusura per le ferie estive, riapre da oggi – 12 settembre - con una nuova gestione. In questi otto anni il locale è stato mandato avanti dalla cooperativa sociale “La fabbrica di Olinda” presieduta da Thomas Emmenegger, realtà che opera soprattutto nel Milanese. Per una serie di ragioni imprenditoriali, “La fabbrica di Olinda” ha deciso di lasciare. Al suo posto subentra la cooperativa lecchese “Il Grigio” fondata nel 2008, con sede a Calolziocorte e che opera in diversi settori. Sul fronte della ristorazione al “Grigio” fa tra l’altro riferimento anche “Offi Coffee”, il bar dell’Officina Badoni inaugurata lo scorso anno in corso Matteotti a Lecco.

Alla cerimonia di inaugurazione del “nuovo corso” della pizzeria Fiore sono intervenuti Gabriele Marinoni, presidente della Confcooperative dell’Adda, lo stesso presidente di “Olinda” Emmenegger, il presidente e il direttore del “Grigio” Francesco Manzoni ed Eugenio Bonolis, il sindaco Mauro Gattinoni, il coordinatore lecchese di “Libera” Alberto Bonacina e quello regionale Lorenzo Frigerio, il prefetto Paolo Ponta, Valeria Negrini per la Fondazione Cariplo e il diacono Fabio Maroldi della Casa della carità. Oltre appunto a Marisa Fiorani, accompagnata dal marito Piero.

Marinoni ha ricordato come, sia nel 2017 che oggi, tutti hanno dato il proprio contributo alla realizzazione del progetto che altrimenti non sarebbe stato possibile. A sostenere l’iniziativa, oltre a “Libera” che ha un ruolo di supervisione “politica”, ci sono anche le associazioni Arci e Auser-Filo d’argento.

Ma l’elenco delle persone, delle associazioni e degli enti da ringraziare è lungo, a sottolineare come la pizzeria sia espressione di un’intera comunità e faccia parte della storia locale. Entrambe le cooperative – “La Fabbrica di Olinda” e “Il Grigio” – si occupano dell’inserimento lavorativo delle persone con fragilità e che sia ora una realtà lecchese a farsi carico della gestione dimostra appunto come il nostro territorio abbia manifestato sensibilità.

Lo ha sottolineato lo stesso sindaco Gattinoni: «Il territorio ha risposto con responsabilità e misura. Un’iniziativa del genere presenta caratteristiche sociali, giuridiche, economiche e politiche particolari. Non si tratta semplicemente della gestione di un locale, ma di un progetto sociale, del recupero di un bene di provenienza criminale. Otto anni fa, farsi carico di una start-up, inventandosi una proposta in un locale oggettivamente angusto, avendo di fronte la sfida di un riscatto era un’autentica scommessa. E va detto che Thomas Emmenegger e “Olinda” hanno vinto questa scommessa. Il passaggio di testimone lo si può fare ora con serenità. E ciò si deve all’impegno di molti. Penso per esempio a Marina Panzeri, dipendente comunale ora in pensione che tanto ha lavorato per questo progetto. Il fatto è che, ritirandosi “Olinda”, Lecco non poteva permettersi l’onta di non garantire la continuità. Il nostro pezzetto lo abbiamo fatto. E ognuno ha fatto il proprio. A “Olinda” dobbiamo riconoscere che tenere aperto questo locale per otto anni non è poco. La pizza-gourmet era un progetto industriale e la clientela si è affezionata. Alla causa ma anche al palato».

Emmennegger si è soffermato proprio sul passaggio di testimone sereno, «grazie a tutti e grazie al Comune: abbiamo trovato porte aperte e disponibilità. Non è per niente scontato trovare un’amministrazione comunale così sensibile. E grazie naturalmente al “Grigio” per la tanta responsabilità e la giusta dose di rischio». E poi ha parlato del sicomoro, il legno con cui è realizzato un tavolo all’ingresso della pizzeria: «E’ un albero che si trova in Palestina. E’ un albero frondoso che fa ombra e dà frutti. E’ quindi un albero dove si trovano riparo e cibo. Il sicomoro è dunque un albero che fa comunità».

E di sicomoro ha parlato anche Fabio Maroldi, diacono permanente dalla Casa della carità, che ha impartito la benedizione non prima di avere ricordato, appunto, come il sicomoro sia una punta sulla quale ci si può arrampicare per cambiare lo sguardo. E cambiare lo sguardo è, appunto, lo scopo di questa iniziativa.

Francesco Manzoni del “Grigio” ha parlato della necessità di tenere accesa una fiaccola. E ha raccontato d’avere invitato a questo momento inaugurale il presidente Sergio Mattarella, non tanto o non solo perché capo dello Stato, ma anche ricordando il fratello Piersanti ucciso dalla mafia nel 1980: «Quando il Quirinale ha chiamato il “Grigio” cercando di me – ha raccontato – la segretaria stava quasi per appendere pensando a uno scherzo, ma è riuscita a contare fino a dieci… Il presidente aveva già i suoi impegni e non poteva essere presente ma si è detto molto interessato a quello che stavamo facendo e di portare a tutti voi i suoi saluti».

Per “Libera”, Bonacina ha parlato della pizzeria come di un bene simbolico non soltanto per Lecco, ma anche a livello nazionale: «Dieci anni fa era davvero una scommessa al buio, dopo vent’anni in cui non si era riusciti a trovare una destinazione per la struttura. Oggi non è più così».

Da parte sua, il responsabile regionale Frigerio ha ricordato come nel Lecchese siano altre tre luoghi sequestrati alle mafie e restituiti in questi anni ai cittadini: il centro diurno “Le querce di Mamre” a Galbiate, la Piccola Sartoria di Costa Masnaga e l’ex pizzeria “Il Giglio” di Pescarenico diventato centro per anziani. Ma l’ex “Wall Street” ha valenza particolare: era il luogo dove per anni Coco Trovato aveva organizzato la propria attività criminale. Quando l’edificio fu confiscato e divenne pubblico «per molti anni si discusse su come utilizzarlo: si ipotizzarono alloggi per anziani ma anche la caserma dei Vigli del fuoco salvo poi scoprire che le autobotti non riuscivano a entrare nei sotterranei. Per arrivare a Paolo Cereda che ha incalzato l’amministrazione comunale. Allora c’erano il prefetto Marco Valentini e il sindaco Virginio Brivio. Fu un incontro di intelligenze e di esperienze. Certo, questi ultimi, sono stati mesi un po’ difficili. Non era così scontato che questo luogo potesse continuare.

Negrini della Fondazione Cariplo ha detto di come «qui oggi si racconta una storia importante e storie di persone che hanno costruito questa realtà. Non è un semplice passaggio tra aziende. Niente e nessuno è andato perso. E le fondazioni sono affascinate dalle storie. Qui c’è una comunità che ha accompagnato questa iniziativa ed è un messaggio per l’Italia a non rassegnarsi».

Il prefetto Ponta ha poi sottolineato come lo Stato abbia bisogno della società civile e la pizzeria “Fiore” lo dimostra.

Per il momento – come ha spiegato il direttore Bonolis – l’offerta non cambierà: 15 tipi di pizza più quattro “gourmet” mentre per il menù ristorante quattro antipasti, quattro primi e quattro secondi, tenendo anche conto dei gusti di vegetariani e vegani.

Apertura solo serale da martedì a sabato, mentre la domenica la pizzeria sarà aperta sia a pranzo che a cena. In quanto agli ingredienti, anche in questo caso attenzione ai risvolti sociali: i prodotti di “Libera terra”, della torrefazione autogestita “Libertaria”, della cascina Don Guanella, la birra del birrificio artigianale valtellinese Pintalpina, il pastificio calolziese del “Grigio”. Sotto l’aspetto del personale, confermati tutti i dipendenti in servizio: quattro in cucina e tre in sala.

Si continua prudentemente sulla strada già aperta dai predecessori, dunque, poi strada facendo si vedranno eventuali possibili modifiche.

E’ stata poi la volta di Marisa Fiorani portare la propria toccante testimonianza: «Tornare a Lecco per me è un’emozione forte. Perché la storia di mia figlia, io ho cominciato a raccontarla a Lecco, su invito di Paolo Cereda. E per me fu importante la decisione di intitolarle la pizzeria». E a proposito di Mattarella ha ricordato come una ragazza pugliese di terza media abbia scritto una tesina su mia figlia e due anni dopo il presidente l’ha nominata “alfiere della Repubblica”.

E infine il ricordo: «Mia figlia – ha detto – era una ragazza che aveva voglia di vivere e aveva molti progetti. A sedici anni è entrata nel mondo della droga. Sono stati anni difficili. Fu cacciata da scuole: andai a protestare, chiesi perché al preside che mi rispose come ci fosse un regolamento che mia figlia aveva infranto e avrebbe quindi dovuto frequentare un’altra scuola. Ma mia figlia voleva la “sua” scuola. C’era un pregiudizio: che erano fatti nostri e non del sociale. Dopo quattro anni resta incinta da un ragazzo che la lasciò perché non volle abortire. Nel novembre 1984 divenne mamma, ma dopo due anni i servizi sociali le tolsero la figlia affidandola per fortuna a una zia. Mia figlia poteva vederla ma non viverci assieme. E ciò le diede la forza di andare in questura per raccontare tutto quello che sapeva sul mondo della droga. A quei tempi, noi si diceva che la mafia in Puglia non esisteva. E invece scoprimmo la Sacra Corona Unita. Mia figlia disse tutto, ma non voleva firmare niente perché sapeva cosa le sarebbe successo. Era il 24 giugno 1987. Venne registrata di nascosto: fece nomi e cognomi. E lo fece anche in giorni successivi, quando scopriva qualcosa di nuovo. Non le diedero nessuna protezione, allora non c’era una legge che lo prevedesse, venne lasciata in balia degli eventi. Tre anni dopo si svolse il processo alla Sacra Corona Unita, vennero depositate le sue dichiarazioni. Dopo poco mia figlia non c’era più» ha sostenuto, addentrandosi nel ricordo.
«Venne portata in un bosco e uccisa a colpi di pietra tra Mesagne e Brindisi. Era una proprietà privata e il custode si accorse di qualcosa, videro due persone che lasciarono cadere il corpo di mia figlia e fuggirono. Ma fuggì anche lui. Solo dieci giorni dopo, consigliato da qualcuno, denunciò quello che aveva visto. Era il 5 aprile 1990. Il giorno dopo feci il riconoscimento del corpo e mi giurai che avrei lottato per conoscere la verità. Ho lottato per vent’anni. Poi ho sentito parlare di “Libera” e mi ci avvicinai. Nel 2012 venni a Lecco per partecipare i campi di lavoro organizzati da Paolo Cereda. Per me è stata una persona eccezionale. Ha riconosciuto mia figlia come vittima innocente della mafia. Lo fece proprio lui, qui a Lecco, prima che “Libera” la includesse nel suo elenco ufficiale nazionale. Ecco perché credo che questo luogo non può morire e deve continuare a vivere»
Il passaggio della pala tra Thomas Emmenegger e Francesco Manzoni
Dal 2017 è appunto diventata la “pizzeria della legalità” sotto l’egida dell’associazione “Libera” fondata da don Luigi Ciotti e dalla quale era allora coordinatore lechese Polo Cereda che per questo progetto si spese non poco, senza poterne vedere gli sviluppi.

Paolo Cereda in una foto scattata proprio da Fiore
Inaugurata la pizzeria nel mese di marzo, Paolo Cereda moriva improvvisamente nel settembre dello stesso anno. E la sua figura, ieri sera, è stata ricordata più volte. Ne ha parlato con commozione anche Marisa Fiorani, la mamma di Marcella Di Levrano, la donna di 26 anni di Mesagne in provincia di Brindisi uccisa per avere testimoniato contro la Sacra Corona Unita, la mafia pugliese: «E’ stato grazie a Paolo – ha detto infatti Fiorani – ed è successo qui a Lecco che mia figlia è stata per la prima volta inserita nell’elenco delle vittime ufficiali di mafia e solo dopo è entrata nell’elenco ufficiale di “Libera”». E nel frattempo la pizzeria Fiore – come ricorda una targa all’ingresso – era stata dedicata proprio alla memoria di Marcella.

Alla cerimonia di inaugurazione del “nuovo corso” della pizzeria Fiore sono intervenuti Gabriele Marinoni, presidente della Confcooperative dell’Adda, lo stesso presidente di “Olinda” Emmenegger, il presidente e il direttore del “Grigio” Francesco Manzoni ed Eugenio Bonolis, il sindaco Mauro Gattinoni, il coordinatore lecchese di “Libera” Alberto Bonacina e quello regionale Lorenzo Frigerio, il prefetto Paolo Ponta, Valeria Negrini per la Fondazione Cariplo e il diacono Fabio Maroldi della Casa della carità. Oltre appunto a Marisa Fiorani, accompagnata dal marito Piero.
Marinoni ha ricordato come, sia nel 2017 che oggi, tutti hanno dato il proprio contributo alla realizzazione del progetto che altrimenti non sarebbe stato possibile. A sostenere l’iniziativa, oltre a “Libera” che ha un ruolo di supervisione “politica”, ci sono anche le associazioni Arci e Auser-Filo d’argento.
Ma l’elenco delle persone, delle associazioni e degli enti da ringraziare è lungo, a sottolineare come la pizzeria sia espressione di un’intera comunità e faccia parte della storia locale. Entrambe le cooperative – “La Fabbrica di Olinda” e “Il Grigio” – si occupano dell’inserimento lavorativo delle persone con fragilità e che sia ora una realtà lecchese a farsi carico della gestione dimostra appunto come il nostro territorio abbia manifestato sensibilità.
Lo ha sottolineato lo stesso sindaco Gattinoni: «Il territorio ha risposto con responsabilità e misura. Un’iniziativa del genere presenta caratteristiche sociali, giuridiche, economiche e politiche particolari. Non si tratta semplicemente della gestione di un locale, ma di un progetto sociale, del recupero di un bene di provenienza criminale. Otto anni fa, farsi carico di una start-up, inventandosi una proposta in un locale oggettivamente angusto, avendo di fronte la sfida di un riscatto era un’autentica scommessa. E va detto che Thomas Emmenegger e “Olinda” hanno vinto questa scommessa. Il passaggio di testimone lo si può fare ora con serenità. E ciò si deve all’impegno di molti. Penso per esempio a Marina Panzeri, dipendente comunale ora in pensione che tanto ha lavorato per questo progetto. Il fatto è che, ritirandosi “Olinda”, Lecco non poteva permettersi l’onta di non garantire la continuità. Il nostro pezzetto lo abbiamo fatto. E ognuno ha fatto il proprio. A “Olinda” dobbiamo riconoscere che tenere aperto questo locale per otto anni non è poco. La pizza-gourmet era un progetto industriale e la clientela si è affezionata. Alla causa ma anche al palato».
Emmennegger si è soffermato proprio sul passaggio di testimone sereno, «grazie a tutti e grazie al Comune: abbiamo trovato porte aperte e disponibilità. Non è per niente scontato trovare un’amministrazione comunale così sensibile. E grazie naturalmente al “Grigio” per la tanta responsabilità e la giusta dose di rischio». E poi ha parlato del sicomoro, il legno con cui è realizzato un tavolo all’ingresso della pizzeria: «E’ un albero che si trova in Palestina. E’ un albero frondoso che fa ombra e dà frutti. E’ quindi un albero dove si trovano riparo e cibo. Il sicomoro è dunque un albero che fa comunità».
E di sicomoro ha parlato anche Fabio Maroldi, diacono permanente dalla Casa della carità, che ha impartito la benedizione non prima di avere ricordato, appunto, come il sicomoro sia una punta sulla quale ci si può arrampicare per cambiare lo sguardo. E cambiare lo sguardo è, appunto, lo scopo di questa iniziativa.
Francesco Manzoni del “Grigio” ha parlato della necessità di tenere accesa una fiaccola. E ha raccontato d’avere invitato a questo momento inaugurale il presidente Sergio Mattarella, non tanto o non solo perché capo dello Stato, ma anche ricordando il fratello Piersanti ucciso dalla mafia nel 1980: «Quando il Quirinale ha chiamato il “Grigio” cercando di me – ha raccontato – la segretaria stava quasi per appendere pensando a uno scherzo, ma è riuscita a contare fino a dieci… Il presidente aveva già i suoi impegni e non poteva essere presente ma si è detto molto interessato a quello che stavamo facendo e di portare a tutti voi i suoi saluti».
Per “Libera”, Bonacina ha parlato della pizzeria come di un bene simbolico non soltanto per Lecco, ma anche a livello nazionale: «Dieci anni fa era davvero una scommessa al buio, dopo vent’anni in cui non si era riusciti a trovare una destinazione per la struttura. Oggi non è più così».
Da parte sua, il responsabile regionale Frigerio ha ricordato come nel Lecchese siano altre tre luoghi sequestrati alle mafie e restituiti in questi anni ai cittadini: il centro diurno “Le querce di Mamre” a Galbiate, la Piccola Sartoria di Costa Masnaga e l’ex pizzeria “Il Giglio” di Pescarenico diventato centro per anziani. Ma l’ex “Wall Street” ha valenza particolare: era il luogo dove per anni Coco Trovato aveva organizzato la propria attività criminale. Quando l’edificio fu confiscato e divenne pubblico «per molti anni si discusse su come utilizzarlo: si ipotizzarono alloggi per anziani ma anche la caserma dei Vigli del fuoco salvo poi scoprire che le autobotti non riuscivano a entrare nei sotterranei. Per arrivare a Paolo Cereda che ha incalzato l’amministrazione comunale. Allora c’erano il prefetto Marco Valentini e il sindaco Virginio Brivio. Fu un incontro di intelligenze e di esperienze. Certo, questi ultimi, sono stati mesi un po’ difficili. Non era così scontato che questo luogo potesse continuare.
Negrini della Fondazione Cariplo ha detto di come «qui oggi si racconta una storia importante e storie di persone che hanno costruito questa realtà. Non è un semplice passaggio tra aziende. Niente e nessuno è andato perso. E le fondazioni sono affascinate dalle storie. Qui c’è una comunità che ha accompagnato questa iniziativa ed è un messaggio per l’Italia a non rassegnarsi».
Il prefetto Ponta ha poi sottolineato come lo Stato abbia bisogno della società civile e la pizzeria “Fiore” lo dimostra.
Per il momento – come ha spiegato il direttore Bonolis – l’offerta non cambierà: 15 tipi di pizza più quattro “gourmet” mentre per il menù ristorante quattro antipasti, quattro primi e quattro secondi, tenendo anche conto dei gusti di vegetariani e vegani.

Apertura solo serale da martedì a sabato, mentre la domenica la pizzeria sarà aperta sia a pranzo che a cena. In quanto agli ingredienti, anche in questo caso attenzione ai risvolti sociali: i prodotti di “Libera terra”, della torrefazione autogestita “Libertaria”, della cascina Don Guanella, la birra del birrificio artigianale valtellinese Pintalpina, il pastificio calolziese del “Grigio”. Sotto l’aspetto del personale, confermati tutti i dipendenti in servizio: quattro in cucina e tre in sala.
Si continua prudentemente sulla strada già aperta dai predecessori, dunque, poi strada facendo si vedranno eventuali possibili modifiche.
E’ stata poi la volta di Marisa Fiorani portare la propria toccante testimonianza: «Tornare a Lecco per me è un’emozione forte. Perché la storia di mia figlia, io ho cominciato a raccontarla a Lecco, su invito di Paolo Cereda. E per me fu importante la decisione di intitolarle la pizzeria». E a proposito di Mattarella ha ricordato come una ragazza pugliese di terza media abbia scritto una tesina su mia figlia e due anni dopo il presidente l’ha nominata “alfiere della Repubblica”.
E infine il ricordo: «Mia figlia – ha detto – era una ragazza che aveva voglia di vivere e aveva molti progetti. A sedici anni è entrata nel mondo della droga. Sono stati anni difficili. Fu cacciata da scuole: andai a protestare, chiesi perché al preside che mi rispose come ci fosse un regolamento che mia figlia aveva infranto e avrebbe quindi dovuto frequentare un’altra scuola. Ma mia figlia voleva la “sua” scuola. C’era un pregiudizio: che erano fatti nostri e non del sociale. Dopo quattro anni resta incinta da un ragazzo che la lasciò perché non volle abortire. Nel novembre 1984 divenne mamma, ma dopo due anni i servizi sociali le tolsero la figlia affidandola per fortuna a una zia. Mia figlia poteva vederla ma non viverci assieme. E ciò le diede la forza di andare in questura per raccontare tutto quello che sapeva sul mondo della droga. A quei tempi, noi si diceva che la mafia in Puglia non esisteva. E invece scoprimmo la Sacra Corona Unita. Mia figlia disse tutto, ma non voleva firmare niente perché sapeva cosa le sarebbe successo. Era il 24 giugno 1987. Venne registrata di nascosto: fece nomi e cognomi. E lo fece anche in giorni successivi, quando scopriva qualcosa di nuovo. Non le diedero nessuna protezione, allora non c’era una legge che lo prevedesse, venne lasciata in balia degli eventi. Tre anni dopo si svolse il processo alla Sacra Corona Unita, vennero depositate le sue dichiarazioni. Dopo poco mia figlia non c’era più» ha sostenuto, addentrandosi nel ricordo.
D.C.