In viaggio a tempo indeterminato/396: un paese di 'italiani' in Kosovo

"Vi piace il caffè?"
Ci guarda e sorridiamo.
Indossa un cappello bianco e ha dei baffi che non passano inosservati.
"Parli italiano?" gli chiediamo.
"Sì, ho vissuto 30 anni in Italia, a Siena".
In quel momento ancora non lo sapevamo, ma quello sarebbe stato l'inizio di una delle giornate più memorabili del nostro viaggio.

Eravamo in Kosovo, più precisamente nella cittadina di Prizren. Un vero gioiellino dal nome difficile da pronunciare, ma che ti lascia a bocca aperta.
Incastonata tra le montagne, lungo le rive del fiume Bistrica, sorge questa cittadina con antiche moschee, un bazar molto curato e una fortezza che osserva tutto dall'alto.
Quanto è carina Prizren! Sa un po' di Turchia e un po' di Balcani.
È lì che, davanti a un chai turco servito nei tradizionali bicchierini a forma di tulipano, abbiamo deciso di uscire un po' dalle rotte principali del Kosovo e infilarci tra le montagne.
Gora si chiama la regione del sud, schiacciata tra Albania e Macedonia del Nord.
Da alcune ricerche fatte online, tra queste montagne desolate che diventano difficili da raggiungere in inverno, vivono i gorani.
Si tratterebbe di una delle etnie meno conosciute d'Europa, una minoranza all'interno del Paese che conta pochissime persone.
Una caratteristica è che sono discendenti dagli slavi ma sono di religione musulmana.
I gorani hanno un'identità culturale e religiosa distinta, oltre a parlare un dialetto chiamato goranski.
Quando abbiamo letto di questa popolazione e dei luoghi in cui vive, ci si è accesa subito una lampadina.
E una vocina dentro di noi ci ha urlato "dovete andare tra quelle montagne".
Così abbiamo cambiato i piani e senza esitazione abbiamo puntato il Qubetto verso il sud del Kosovo.
Le poche informazioni che avevamo trovato rendevano ancora più intrigante e avventurosa la spedizione.
"È stagione di matrimoni questa" dico a Paolo che è intento a seguire la strada tortuosa.
"Sono l'evento più importante dell'anno e vengono da tutto il Kosovo e da tutto il mondo per partecipare. Siamo fortunati a essere qui ora."
Vedo una certa titubanza nei suoi occhi. Non è tipo da matrimoni, a differenza mia che credo di aver visto un'infinità di puntate di "Say yes to the dress" (lo so, non dovrei andarne fiera!).
Quando raggiungiamo Restelica è ormai tarda mattinata. La strada per arrivarci è molto panoramica e nel verso opposto abbiamo incontrato soltanto auto targate Italia, oltre che persone a cavallo.
Quel dettaglio, quella "I" accanto alla targa, ci stranisce parecchio. Che ci fanno tutte queste auto italiane qui? 
caffe1.jpg (115 KB)
Arrivati a destinazione, decidiamo di sederci a un bar a prenderci un espresso. È molto frequentato e ci sono diversi tavolini occupati all'esterno. Scegliamo quello più vicino alla parete di roccia e mentre sorseggiamo il caffè, che mannaggia quanto l'hanno fatto ristretto!, ecco che il signore con cappello bianco e baffi ci approccia.
Sentire parlare nella nostra lingua era l'ultima cosa che ci aspettavamo da questa giornata tra i monti.
"Qui quasi tutti parlano italiano" ci dice Shanti che nel frattempo si è presentato.
"Durante la guerra del Kosovo siamo scappati da qui e l'Italia ci ha accolto. Siamo andati quasi tutti a Siena. Seimila persone, praticamente tutto il Paese!"
"Sì, qui tutti viviamo a Siena" ci dice un altro signore seduto a un tavolo accanto al nostro.
"Io vivo lì da tanto, i miei figli sono nati tutti in Italia" aggiunge un altro.
Siamo straniti, spaesati. Non ci sembra vero di essere in Kosovo e trovare così tante persone che vivono in Italia e sono tornate qui per l'estate.
Ne approfittiamo per capire un po' di più ma soprattutto per far loro la domanda delle domande: "come vi siete trovati in Italia?".
Perché, parliamoci chiaro, tra titoloni di giornale e discorsi al bar non sembra che in Italia ci sia poi tutta questa apertura e accoglienza verso chi viene da fuori. Quella dell'immigrazione è ancora una questione che sembra tenere banco tra politici e politicanti che la rispolverano per attirare consensi e voti.
caffe2.jpg (94 KB)
Inaspettatamente, però, questa deviazione kosovara ci dà la possibilità di chiedere ai diretti interessati come si sono posti gli italiani nei loro confronti.
Abbiamo fatto la domanda ad almeno 10 persone. Alcune di loro ancora vivono in Italia e tornano a Restelica solo per le vacanze. Altri come Shanti, dopo anni di lavoro in Italia sono tornati ad abitare nella loro terra.
La domanda sembra semplice, ma nasconde una complessità enorme.
"Come ti sei trovato in Italia?"
La risposta è stata unanime. Tutti, ma proprio tutti quelli a cui lo abbiamo chiesto si sono illuminati e in volto gli è spuntato un sorriso.
L'Italia ha rappresentato la salvezza in un momento difficile. È stata la seconda occasione di ricominciare dopo che la prima era stata distrutta da un male enorme e orrendo chiamato guerra.
"Avremmo voluto vivere qui, perché questa è casa nostra. Ma non era più possibile. Si trattava di restare e morire, o andarsene e vivere. L'Italia ci ha accolto, è diventata la nostra seconda casa. Ci siamo dati da fare, abbiamo lavorato e ci siamo ricostruiti una vita serena come quella che avevamo qui prima della guerra."
"Saremo sempre grati all'Italia".
Alla fine è successo, nel momento e nel luogo più inaspettati. Tra i monti del Kosovo mi sono sentita orgogliosa del mio Paese e della sua gente.
E ancora una volta si è confermata la teoria che i governi e le persone sono due cose diverse. (con le dovute eccezioni che alla fine confermano la regola).
Angela (e Paolo)
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.