Nel lecchese aumentano i donatori di sangue. L’Avis è ottimista per il futuro

Cresce il numero di donatori di sangue e, soprattutto, cresce anche nelle fasce giovanili garantendo così di poter guardare al futuro con serenità. Soddisfazione, dunque, da parte dell’Avis, l’associazione che appunto raccoglie la gran parte dei donatori di sangue, da decenni impegnata nella promozione di quello che un autentico gesto di solidarietà.
Nel corso nella consueta conferenza stampa, il presidente provinciale Bruno Manzini ha presentato il bilancio sociale dello scorso anno, «un adempimento al quale non saremmo obbligati – ha precisato - ma ci sentiamo di essere trasparenti con i soci e con tutti gli operatori che collaborano con noi e sono tanti».
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Dati positivi, dunque, per i dodici mesi del 2024, che dimostrano «un buon andamento della nostra associazione provinciale che raccoglie diciotto gruppi comunali e oltre quindicimila iscritti. Lo stesso numero dei donatori ha superato quota 15mila. Può dirsi dunque messo alle spalle il periodo critico coinciso con la pandemia di covid che, per tutta una serie di ragioni, aveva comportato una flessione sensibile: si era infatti precipitati dai 15.349 donatori del 2015 ai 14.771 nel 2020. Successivamente il trend è stato invertito e si è ripreso a risalire la china, arrivando appunto ai 15.272 donatori dello scorso anno.
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L’Avis lecchese, del resto, continua ad avere il rapporto migliore tra abitanti e donatori. Nel 2024, infatti, si è registrato un rapporto di quasi 46 donatori di sangue ogni mille abitanti (sono 26 in Lombardia e 21 in Italia). Così per le donazioni di plasma utilizzato per la preparazione di medicinali specifici: il rapporto lecchese è stato di 89 donatori ogni mille abitanti, quasi il doppio rispetto alla Lombardia (46) e quasi il triplo rispetto all’Italia (34).
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«Ciò dimostra – le parole di Manzini – che la nostra associazione è radicata sul territorio. E che i lecchesi sono generosi, nonostante la fama di persone chiuse e troppo riservate. I nostri dati, invece, testimoniano che non siamo poi così troppo individualisti. E con l’organizzazione di diversi eventi (feste sezionali, incontri, patrocinio di iniziative sportiva), l’Avis provinciale riesce a essere presente in maniera efficace. Si calcola che nel corso del 2024 almeno cinquemila persone abbiamo partecipati alle varie iniziative. In quanto allo sport, sono stati patrocinati tre tornei di pallavolo del Csi. Non a caso, sulla copertina del bilancio sociale, compare la fotografia di una partita ispirare lo slogan dell’associazione per quest’anno: «Mettiti in gioco… diventa donatore!»
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Del resto, l’Avis continua a essere il punto di riferimento principale per chi voglia donare il sangue: del milione e settecentomila donatori italiani, infatti, sono un milione e trecentomila quelli iscritti all’Avis. Segno, dunque, che l’associazione rispecchia fedelmente l’andamento del settore e può farsene interprete con cognizione di causa.
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Come detto, in provincia il numero degli “avisini” cresce: nel 2024, i soci sono aumentati dell’1,82%, «nonostante il calo demografico e nonostante la sensazione di una cultura individualista che vada crescendo. Ed è significativo anche l’aumento dei nuovi donatori: il 3%. Ciò ci consente di restare tranquilli per un po’ di tempo: saremo in grado di rispondere alle richieste di sangue non solo per il nostro territorio, ma anche per la Lombardia e altre parti d’Italia».
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Ma il dato che maggiormente incoraggia è quello dei giovani - s’intende la fascia d’età dai 18 ai 35 anni – che rappresentano il 32% dei soci. «Statisticamente – ha spiegato Manzini – è dimostrato che chi comincia donare sangue a 18 anni poi continua a farlo fino a 65 che è l’età massima (a parte situazioni particolarissime). Ciò consente alla nostra associoazione di poter contare su una continuità e di poter programmare l’attività futura».
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In questo periodo, inoltre, cresce in maniera significativa e più dei maschi il numero delle donne arrivate al 39%.
Soddisfacente pertanto anche il numero delle donazioni arrivate complessivamente a quasi trentamila con un incremento di quasi il 5% rispetto al 2023 quando peraltro si era registrato un calo (dell’1,5%) rispetto all’anno precedente, quando le donazioni erano state quasi 29mila con un aumento dell’1,87% rispetto al 2021 che era ancora un anno interessato dallo strascico del covid. Lo scorso anno, si è registrato anche un incremento del 22% nella raccolta di plasma che è il fronte più fragile: se dal punto di vista del sangue intero, infatti, il nostro Paese è autosufficiente, per quanto riguarda il plasma invece è costretto a importarne circa il 25% del suo fabbisogno. Da ciò, le indicazioni della Regione Lombardia a incrementare appunto le donazioni di plasma. Resta il fatto che la “macchina operativa” avrebbe bisogno di maggior personale. 
A proposito del plasma, tra l’altro, le donazioni sono più complesse richiedendo circa un’ora di tempo rispetto alla semplice donazione di sangue intero. Ciò comporta maggiore disagio per i donatori e naturalmente un maggiore impiego di tempi da parte degli operatori.
Sul fronte del plasma, tra l’altro, le nuove norme – introdotte dal decreto legge sulla concorrenza – creano non poche preoccupazioni all’Avis: «Viene introdotto il concetto di libero mercato e ciò ci sembra rischioso. Perché oggi la raccolta italiana è basata su donazioni volontarie, gratuite e periodiche. Il sangue è da ritenere un bene pubblico. E tale deve rimanere. Il plasma viene fornito alle aziende in “conto lavorazione”: significa che restituiscono allo Stato certi medicinali facendo pagare semplicemente i costi di produzione. Con il libero mercato, le aziende potrebbe acquistare plasma all’estero dove viene raccolto pagando i donatori scelti tra le persone che hanno bisogno di soldi. Noi siamo convinti che il sistema trasfusionale italiano sia un’eccellenza, nonostante i tanti problemi che sappiamo esserci, e quindi dobbiamo salvaguardare questa eccellenza.»
D.C.
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