In viaggio a tempo indeterminato/397: la città più brutta d'Europa
"Pristina, in Kosovo, ha la particolarità di essere spesso liquidata come una delle capitali più brutte d'Europa."
Inizia così un articolo della BBC uscito qualche anno fa.
Interessante! È stato il mio primo pensiero quando l'ho letto. E devo ammettere che quel "più brutta d'Europa" ha acceso la mia curiosità, oltre che alzare moltissimo le aspettative. Dopotutto un primato è pur sempre un primato.
La fortuna ha voluto che ci trovassimo proprio a pochi chilometri da Pristina e così abbiamo colto al volo l'occasione per andare a vedere quanto fosse brutta (o bella) questa città.
Di Pristina non avevo mai sentito parlare, se non in riferimento alla guerra del Kosovo che alla fine degli anni '90 era notizia sui quotidiani e ai tg. Non che alla me di allora interessase molto quello che succedeva nel mondo. Ero nella fase dell'adolescenza, quando i problemi veri credi siano altri e la comparsa di un brufolo il giorno sbagliato ti sembra più tragica di qualsiasi altra cosa stia accadendo sul Pianeta Terra.
Pristina allora non era nemmeno capitale dato che lo Stato del Kosovo ha avuto la sua indipendenza solo nel 2008 dopo una guerra violenta che si è chiusa con un altrettanto violento bombardando NATO nel 1999.
Una città che ha avuto una storia travagliatissima, soprattutto recentemente, e che per questo motivo non dovrebbe nemmeno essere messa in competizione con capitali come Parigi o Roma.
Non c'è un Colosseo e nemmeno una Tour Eiffel, ma in compenso si trovano qui le moschee più antiche d'Europa sopravvissute alle bombe e agli assalti nel corso della storia. C'è anche un bazar vivace e rumoroso, tranne la domenica quando si prende un giorno di meritato riposo.
E poi c'è la via dello "struscio", Bulevardi Nënë Tereza, la zona pedonale di Pristina. Bar e ristoranti hanno disposto i tavoli all'ombra degli alberi e compaiono qua e là venditori di pannocchie abbrustolite e chioschi di libri. Qualche artista di strada allieta la passeggiata con musica dal vivo. Statue di eroi nazionali e fontane impreziosiscono la vista.
E se non alzi lo sguardo su quei palazzoni squadrati e malconci, retaggio dei giorni in cui il Ksoovo faceva parte della Yugoslavia, Pristina non ti sembra affatto una brutta città.

Quando arrivi alla fine del viale, dietro la chiesa dedicata a Madre Teresa, la percezione però cambia e ti rendi però conto che forse quell'articolo della BBC un fondo di verità ce l'ha.
I palazzi diventano veri e propri casermoni informi che fanno da contorno a una strada trafficata. Qualche murales colorato cerca di ridare gioia a pareti altrimenti annerite dal tempo e dallo smog.
Sembra una periferia qualunque e non una capitale.
Ma c'è un edificio che più di tutti attira l'attenzione e forse è un po' colpa sua se la bellezza di Pristina è poco apprezzata.
Si tratta della Biblioteca Nazionale, una costruzione brutale ricoperta da una gabbia metallica.
"L'edificio più brutto del mondo" l'ha definito qualcuno.
Per qualche motivo strano, però, a me sinceramente piace.
Sì è un po' squadrato, ma quelle 99 cupole bianche provano a compensare. È anche imprigionato in una gabbia di metallo che però mi ricorda un nido d'ape quindi ha un non so ché di poetico.
L'architetto Andrija Mutnjaković che l'ha progettata non credo sia stato molto capito, tant'è che ha dovuto spiegarla per bene per non venire sommerso da una valanga di critiche.
Il suo sarebbe stato un tentativo di integrare due diversi stili architettonici, quello bizantino e quello islamico. Un modo per unire artisticamente le due etnie principali che abitano la città: gli albanesi e i serbi.
La rete metallica, invece, rappresenterebbe uno scudo che protegge il sapere, simbolicamente custodito all'interno della biblioteca. Una sorta di protezione dell'identità culturale kosovara, a rischio cancellazione durante la guerra.
In tutta onestà, credo esistano edifici più brutti di questo nel mondo.

La biblioteca, la cattedrale di Madre Teresa, le moschee fanno parte del patrimonio artistico e culturale di Pristina ma il vero simbolo della città è una scritta. Potente nella sua semplicità.
NEWBORN, una parola sola scritta a caratteri cubitali in inglese. "Neonato" come il nuovo Stato kosovaro. Ogni anno, nel giorno dell'indipendenza (17 febbraio), i kosovari cambiano look alle lettere. Alcuni anni le ricoprono di graffiti colorati. Altre volte ci sono le firme dei cittadini o dei fiori colorati. Questo cambiamento annuale riflette la continua ricerca di identità del Paese e simboleggia la sua crescita, sia che si tratti di filo spinato per emulare la liberazione dal passato o di bandiere delle nazioni che hanno riconosciuto l'indipendenza del Kosovo.

È Pristina la capitale più brutta d'Europa? Non saprei, per giudicare dovrei averle prima viste tutte.
Di certo è una città che va capita prima che giudicata. Perché tra quei palazzi, quella rete metallica e quei monumenti squadrati si nasconde la resilienza di un popolo che ogni giorno vive in un equilibrio precario tra passato e presente.
Inizia così un articolo della BBC uscito qualche anno fa.
Interessante! È stato il mio primo pensiero quando l'ho letto. E devo ammettere che quel "più brutta d'Europa" ha acceso la mia curiosità, oltre che alzare moltissimo le aspettative. Dopotutto un primato è pur sempre un primato.
La fortuna ha voluto che ci trovassimo proprio a pochi chilometri da Pristina e così abbiamo colto al volo l'occasione per andare a vedere quanto fosse brutta (o bella) questa città.
Di Pristina non avevo mai sentito parlare, se non in riferimento alla guerra del Kosovo che alla fine degli anni '90 era notizia sui quotidiani e ai tg. Non che alla me di allora interessase molto quello che succedeva nel mondo. Ero nella fase dell'adolescenza, quando i problemi veri credi siano altri e la comparsa di un brufolo il giorno sbagliato ti sembra più tragica di qualsiasi altra cosa stia accadendo sul Pianeta Terra.
Pristina allora non era nemmeno capitale dato che lo Stato del Kosovo ha avuto la sua indipendenza solo nel 2008 dopo una guerra violenta che si è chiusa con un altrettanto violento bombardando NATO nel 1999.
Una città che ha avuto una storia travagliatissima, soprattutto recentemente, e che per questo motivo non dovrebbe nemmeno essere messa in competizione con capitali come Parigi o Roma.
Non c'è un Colosseo e nemmeno una Tour Eiffel, ma in compenso si trovano qui le moschee più antiche d'Europa sopravvissute alle bombe e agli assalti nel corso della storia. C'è anche un bazar vivace e rumoroso, tranne la domenica quando si prende un giorno di meritato riposo.
E poi c'è la via dello "struscio", Bulevardi Nënë Tereza, la zona pedonale di Pristina. Bar e ristoranti hanno disposto i tavoli all'ombra degli alberi e compaiono qua e là venditori di pannocchie abbrustolite e chioschi di libri. Qualche artista di strada allieta la passeggiata con musica dal vivo. Statue di eroi nazionali e fontane impreziosiscono la vista.
E se non alzi lo sguardo su quei palazzoni squadrati e malconci, retaggio dei giorni in cui il Ksoovo faceva parte della Yugoslavia, Pristina non ti sembra affatto una brutta città.

Quando arrivi alla fine del viale, dietro la chiesa dedicata a Madre Teresa, la percezione però cambia e ti rendi però conto che forse quell'articolo della BBC un fondo di verità ce l'ha.
I palazzi diventano veri e propri casermoni informi che fanno da contorno a una strada trafficata. Qualche murales colorato cerca di ridare gioia a pareti altrimenti annerite dal tempo e dallo smog.
Sembra una periferia qualunque e non una capitale.
Ma c'è un edificio che più di tutti attira l'attenzione e forse è un po' colpa sua se la bellezza di Pristina è poco apprezzata.
Si tratta della Biblioteca Nazionale, una costruzione brutale ricoperta da una gabbia metallica.
"L'edificio più brutto del mondo" l'ha definito qualcuno.
Per qualche motivo strano, però, a me sinceramente piace.
Sì è un po' squadrato, ma quelle 99 cupole bianche provano a compensare. È anche imprigionato in una gabbia di metallo che però mi ricorda un nido d'ape quindi ha un non so ché di poetico.
L'architetto Andrija Mutnjaković che l'ha progettata non credo sia stato molto capito, tant'è che ha dovuto spiegarla per bene per non venire sommerso da una valanga di critiche.
Il suo sarebbe stato un tentativo di integrare due diversi stili architettonici, quello bizantino e quello islamico. Un modo per unire artisticamente le due etnie principali che abitano la città: gli albanesi e i serbi.
La rete metallica, invece, rappresenterebbe uno scudo che protegge il sapere, simbolicamente custodito all'interno della biblioteca. Una sorta di protezione dell'identità culturale kosovara, a rischio cancellazione durante la guerra.
In tutta onestà, credo esistano edifici più brutti di questo nel mondo.

La biblioteca, la cattedrale di Madre Teresa, le moschee fanno parte del patrimonio artistico e culturale di Pristina ma il vero simbolo della città è una scritta. Potente nella sua semplicità.
NEWBORN, una parola sola scritta a caratteri cubitali in inglese. "Neonato" come il nuovo Stato kosovaro. Ogni anno, nel giorno dell'indipendenza (17 febbraio), i kosovari cambiano look alle lettere. Alcuni anni le ricoprono di graffiti colorati. Altre volte ci sono le firme dei cittadini o dei fiori colorati. Questo cambiamento annuale riflette la continua ricerca di identità del Paese e simboleggia la sua crescita, sia che si tratti di filo spinato per emulare la liberazione dal passato o di bandiere delle nazioni che hanno riconosciuto l'indipendenza del Kosovo.

È Pristina la capitale più brutta d'Europa? Non saprei, per giudicare dovrei averle prima viste tutte.
Di certo è una città che va capita prima che giudicata. Perché tra quei palazzi, quella rete metallica e quei monumenti squadrati si nasconde la resilienza di un popolo che ogni giorno vive in un equilibrio precario tra passato e presente.
Angela (e Paolo)