Errori e omissioni nel testo pro 'aborto senza ricovero'
Gentile Direttore,
approfitto ancora una volta dello spazio sul suo giornale per dare voce e ribattere alle molte imprecisioni contenute in pochissime righe del comunicato sulla campagna “Aborto senza ricovero” dell'associazione Luca Coscioni. Si racconta solo ciò che si vuole, omettendo l'oggettività dei fatti, manipolando qua e là un po' l'informazione, senza approfondimento o senza i pareri di esperti, ed ecco che come spesso accade si “divulga” quello che si vuole.
Innanzitutto, una differenza nei termini fra aborto e interruzione di gravidanza, poiché la prima accade quando l’interruzione della gravidanza non dipende dalla volontà della gestante ma è accidentale ed incolpevole, nel secondo caso è indotto: come dire è morto di morte naturale o morto perché è stato colpito da un’arma. È una differenza sostanziale che ha in sé un effetto rebound nella psiche della donna. Non voglio essere un tuttologo, ma solo mettere a disposizione la mia esperienza, la mia professionalità che vuole essere testimonianza privilegiata di un lavoro svolto per diversi anni in Consultorio Famigliare e nell’Area della tutela dei minori e della maternità, dove “mi sono ritrovato” perché non avrei scelto volontariamente un lavoro così “bellissimo, ma complesso” come l'accompagnamento delle donne che si trovavano a scegliere tra l'interruzione volontaria della gravidanza o la maternità e quando accadeva, Le assicuro caro Direttore, che non vi era nulla di più gratificante ed emozionante.
Nel comunicato si legge uno slogan sullo “spreco di preziose risorse economiche e professionali” probabilmente intendendo l’interruzione di gravidanza una “banale procedura”. O ancora viene riportata la correlazione tra concetti come quello di “mettere a rischio la nostra salute” con un ricovero ospedaliero, quando per antonomasia l'ospedale è il luogo di cura per eccellenza.
Ecco, mi sembra già questo sufficiente per classificare la nota dell’associazione, con contenuti privi di logiche e fondamenta. Mistificare “l'uso di una compressa” nella possibilità di identificare in questo l’opportunità di scegliere ed invocare così una “libertà personale” nella sua massima espressione di valore, appare davvero riduttivo dell’incrocio che rappresenta l'aborto e la vita: un bivio con percorsi completamente differenti. Quello che non viene detto è che vi è una vera Sindrome da Stress Post Aborto (PSA, Rue 1981), i cui sintomi sono stati studiati soprattutto in America, Canada e Nord Europa e pare che il 62% delle donne che hanno effettuato aborti volontari ne soffra. Già anni fa la sindrome clinica legata al post-aborto è stata introdotta nel DSM III.
Non si dice che vi sono testimonianze di madri che hanno sperimentato l’aborto con la pillola a casa variano da inquietanti a terrificanti: il trauma di poter vedere il feto evacuato nel water, «galleggiante nell’acqua» diventa un'immagine, una scena che si rivede e che la donna rivedrà per parecchie volte, se non per tutta la vita. O ancora si vede necessario recarsi con urgenza al pronto soccorso per complicanze impreviste.
Si omette di dire che si perderà la serenità quando nel corso della vita capiterà di parlare o di sentire di un argomento che, anche soltanto lontanamente toccherà nell’intimo la propria esperienza di dolore. Non è con la spersonalizzazione di una compressa che si potrà evitare questo, ma è nell’accompagnamento, nella vicinanza che tutto può avere un significato differente e viversi anche dopo un periodo di incertezza, una maternità che è vita.
Una volta mi è capitato, fuori dallo studio, di vedere una donna in lacrime con in braccio il suo bimbo. E subito le ho chiesto perché stesse piangendo: “sa Bianchini, piango perché ho pensato di interrompere la gravidanza e mi sento infinitamente in colpa… …ancora grazie il vostro lavoro”.
approfitto ancora una volta dello spazio sul suo giornale per dare voce e ribattere alle molte imprecisioni contenute in pochissime righe del comunicato sulla campagna “Aborto senza ricovero” dell'associazione Luca Coscioni. Si racconta solo ciò che si vuole, omettendo l'oggettività dei fatti, manipolando qua e là un po' l'informazione, senza approfondimento o senza i pareri di esperti, ed ecco che come spesso accade si “divulga” quello che si vuole.
Innanzitutto, una differenza nei termini fra aborto e interruzione di gravidanza, poiché la prima accade quando l’interruzione della gravidanza non dipende dalla volontà della gestante ma è accidentale ed incolpevole, nel secondo caso è indotto: come dire è morto di morte naturale o morto perché è stato colpito da un’arma. È una differenza sostanziale che ha in sé un effetto rebound nella psiche della donna. Non voglio essere un tuttologo, ma solo mettere a disposizione la mia esperienza, la mia professionalità che vuole essere testimonianza privilegiata di un lavoro svolto per diversi anni in Consultorio Famigliare e nell’Area della tutela dei minori e della maternità, dove “mi sono ritrovato” perché non avrei scelto volontariamente un lavoro così “bellissimo, ma complesso” come l'accompagnamento delle donne che si trovavano a scegliere tra l'interruzione volontaria della gravidanza o la maternità e quando accadeva, Le assicuro caro Direttore, che non vi era nulla di più gratificante ed emozionante.
Nel comunicato si legge uno slogan sullo “spreco di preziose risorse economiche e professionali” probabilmente intendendo l’interruzione di gravidanza una “banale procedura”. O ancora viene riportata la correlazione tra concetti come quello di “mettere a rischio la nostra salute” con un ricovero ospedaliero, quando per antonomasia l'ospedale è il luogo di cura per eccellenza.
Ecco, mi sembra già questo sufficiente per classificare la nota dell’associazione, con contenuti privi di logiche e fondamenta. Mistificare “l'uso di una compressa” nella possibilità di identificare in questo l’opportunità di scegliere ed invocare così una “libertà personale” nella sua massima espressione di valore, appare davvero riduttivo dell’incrocio che rappresenta l'aborto e la vita: un bivio con percorsi completamente differenti. Quello che non viene detto è che vi è una vera Sindrome da Stress Post Aborto (PSA, Rue 1981), i cui sintomi sono stati studiati soprattutto in America, Canada e Nord Europa e pare che il 62% delle donne che hanno effettuato aborti volontari ne soffra. Già anni fa la sindrome clinica legata al post-aborto è stata introdotta nel DSM III.
Non si dice che vi sono testimonianze di madri che hanno sperimentato l’aborto con la pillola a casa variano da inquietanti a terrificanti: il trauma di poter vedere il feto evacuato nel water, «galleggiante nell’acqua» diventa un'immagine, una scena che si rivede e che la donna rivedrà per parecchie volte, se non per tutta la vita. O ancora si vede necessario recarsi con urgenza al pronto soccorso per complicanze impreviste.
Si omette di dire che si perderà la serenità quando nel corso della vita capiterà di parlare o di sentire di un argomento che, anche soltanto lontanamente toccherà nell’intimo la propria esperienza di dolore. Non è con la spersonalizzazione di una compressa che si potrà evitare questo, ma è nell’accompagnamento, nella vicinanza che tutto può avere un significato differente e viversi anche dopo un periodo di incertezza, una maternità che è vita.
Una volta mi è capitato, fuori dallo studio, di vedere una donna in lacrime con in braccio il suo bimbo. E subito le ho chiesto perché stesse piangendo: “sa Bianchini, piango perché ho pensato di interrompere la gravidanza e mi sento infinitamente in colpa… …ancora grazie il vostro lavoro”.
Enrico Bianchini, Assistente Sociale