Lecco: ripubblicato in versione originale Abrakadabra di Ghislanzoni

Presentata la nuova edizione di “Abrakadabra. Storia dell’avvenire”, romanzo distopico di Antonio Ghislanzoni. Ambizioso – come è stato detto -, fantascientifico ma solo in parte, libro importante da rileggere e valorizzare per dare allo scrittore lecchese quel dovuto peso nella letteratura italiana nell’Ottocento che fino a oggi non gli è stato riconosciuto.
Il libro è uscito per la casa editrice lecchese Polyhistor di Franco Minonzio che ne è anche il curatore. Ed è un’edizione che riprende il testo originale pubblicato nel 1884. Le poche edizioni successive, infatti, mancavano di alcune pagine. Era stato Ulisse Cermenati nel 1925 a promuoverne la ripubblicazione dell’opera, per i tipi di Sonzogno nel 1924, in occasione del centenario della nascita di Ghislanzoni, ma appunto eliminandone alcune parti. Sennonché, questa prima stampa novecentesca fece testo per le successive (nel 1969 per Marzorati Editore a cura di Edoardo Villa e nel 2003 per Lampi di stampa che riprese pari pari la versione di Sonzogno con tanto di prefazione cermenatiana). Ora, “Abrakadabra” ritorna nella sua completezza. E’ il quinto romanzo di Ghislanzoni pubblicato dalla Polyhistor nella collana di narrativa “Cose del mondo ignoto” giunta a otto titoli e che è un progetto di riscoperta dell’Ottocento italiano.
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A presentare il libro, ieri sera, all’Officina Badoni, è stato lo stesso curatore Minonzio in dialogo con il giornalista Gianfranco Colombo che, in apertura, ha appunto chiesto l’origine dell’interesse per lo scrittore scapigliato al quale la città ha riservato attenzioni pressoché marginali. Già i lecchesi dell’epoca lo consideravano un personaggio bizzarro, come del resto ebbe a dire lo stesso Ghislanzoni, «e noi stessi – ha detto Colombo - lo abbiamo considerato sempre un buontempone che scriveva e che scriveva troppo».
L’interesse– ha spiegato Minonzio – è nato nel 2017, accompagnando da docente una classe del liceo scientifico a Caprino Bergamasco, il paese dove Ghislanzoni si era “ritirato” nei suoi ultimi anni di vita, testimoniando una sorta di declino dopo gli anni milanesi che lo videro indaffaratissimo e battagliero.  La scoperta e la lettura di “Un suicidio a fior d’acqua” – che nel 2021 sarebbe stato proprio il titolo inaugurale della collana “Cose del mondo ignoto” – furono un’autentica rivelazione.
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«Ho poi seguito – ha proseguito l’ex docente ed editore – le discussioni sul Ghislanzoni umorista, ma vi era anche un’altra linea passata sotto silenzio, quello di uno scrittore “realista” attestata da romanzi come “Gli artisti da teatro” e la sua continuazione interrotta di “Ernesto Redenti”, ambientati in un mondo che Ghislanzoni ben conosceva e che quindi ben racconta. “Abrakadabra” è uno sviluppo del filone umoristico, ma ricco di considerazioni filosofiche e politiche. E’ un libro al quale Ghislanzoni ha lavorato per 22 anni dalla prima pubblicazione a puntate sulla rivista “Lo spirito folletto” fino all’edizione definitiva del 1884. Senza contare la gestazione precedente perché un romanzo di questo genere non esce in maniera repentina, ma è frutto di una riflessione approfondita. Per questo romanzo, ha avuto una predilezione assoluta, se l’è coccolato, lo ha amato ma non l’ha difeso quando qualche critico lo ha definito bizzarro (Edoardo Villa lo avrebbe poi definito “una buffoneria”), ma è un romanzo che nella seconda metà dell’Ottocento non ha riscontro nel panorama italiano.»
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«Si è parlato di fantascienza – ha continuato Minonzio -, in Italia pressoché sconosciuta nel 1862, non così nel 1884, e proprio questo forse lo ha penalizzato: Ma un impegno di scrittura come questo non ha eguali. E’ un romanzo che merita una considerazione attenta».
“Abrakadabra” parla di un mondo di là da venire, si svolge infatti nel 1977, in un’Europa unita e in una società quasi felice. A raccontare questa storia utopica che poi diverrà appunto distopica – è un eccentrico personaggio venuto ad abitare nel paesino di “C…” e che ha consuetudine di ricevere a casa propria il farmacista che rappresenta il tipo del rivoluzionario, il sindaco che è il moderato e il curato che è invece il reazionario. Una sera li ascolta parlare e, quando se ne vanno, riflette lungamente e capisce quello che potrebbe essere lo sviluppo futuro che poi sarebbe il XX secolo. Ai suoi ospiti racconta quindi quel che dovrà svolgersi ma che nella sua visione in realtà si è già svolto. Perché la società utopica che va narrando è in realtà corrosa dagli stessi pregiudizi di sempre, al suo interno riemergono le divisioni consuete che non sono state superate, gli egoismi, l’avidità e le furberie, con uno sviluppo tecnologico senza freni: sedie che ti consentono di alzarti senza fatica, alberghi di guttaperca, pillole a base di midollo di leone per togliere la fame, organetti che consentono di trasmettere a distanza le proprie emozioni. Si sperimenta l’ibernazione, si crea il Mostro di un automa fisico-meccanico. In questo si innesta una storia d’amore contrastata.
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«Ma tutto questo – la sottolineatura del curatore – è solo un progresso apparente, è la storia che non cambia, perché la natura umana è fissa. Come in “Memorie di un gatto”, c’è un attacco violentissimo all’antropocentrismo, perché l’uomo ritiene che l’universo sia stato creato per sé stesso. E ci ricorda che la pura e semplice innovazione scientifica è spesso al servizio dei malfattori. Tu inventi qualcosa per contrastarli, ma loro se ne impadroniscono e la usano come meglio credono.»
Naturalmente, a queste parole, tra i partecipanti qualche pensiero all’attualità è stato fatto, lo stesso relatore ne ha accennato velatamente.
In Abrakadabra emerge il pessimismo che cominciava a serpeggiare tra gli scapigliati, tutti patrioti che vedevano realizzarsi l’Italia unita che prende altre direzioni rispetto a quelle in cui avevano creduto «e ciò intride anche Ghislanzoni e le sue idee politiche lo fanno diventare sempre più moderato e conservatore. E così, la creazione di un’utopia diventa distopia e il termometro dell’inadeguatezza è nel fallimento della storia d’amore. Ne emerge una società incapace di essere coesa, c’è il senso di uno scoramento. Non ci sono molti scrittori italiani capaci di calarsi in questo modo nelle contraddizioni del proprio tempo in maniera impietosa e in maniera letteraria così felice, perché se “Abrakadabra è ambientato nel Novecento in realtà si parla dell’Ottocento. La società che descrive fa da contraltare: è apparentemente felice, ma in realtà vive ancora sul pregiudizio perché gli uomini sono rimasti gli stessi. Ghislanzoni ha avuto un coraggio che ad altri è mancato raccontando dell’implosione di una società, del suo fallimento sociale e tecnologico.»
Infine un appello ai giovani affinché lavorino per “disincrostare” Ghislanzoni dalla patina che lo ha rivestito nel corso del tempo, così da poterlo restituire nella sua completezza e complessità e ne venga riconosciuta l’importanza.»
D.C.
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