"Responsabilità è scegliere". Daniele Silvestri strappa applausi al Festival Treccani

Giochi di parole, impegno sociale, le sfumature della vita, l’ironia e l’autoironia, il guardare ai giovani perché bisogna restare curiosi altrimenti s’invecchia. E poi gli incontri e l’amicizia. E naturalmente la “responsabilità”, parola chiave dell’edizione di quest’anno del festival Treccani della lingua italiana che, ieri sera, ha visto protagonista il cantautore Daniele Silvestri in dialogo con la linguista e autrice radiofonica Cristina Faloci.
danielesilvestri__15_.JPG (67 KB)
Sono state due ore piene di racconti, canzoni e riflessioni da parte di quello che un critico ha definito uno dei cantautori autenticamente postmoderni, in grado di spaziare tra generi diversi – come ha sottolineato Faloci – e lingue differenti: italiano, inglese, spagnolo e il dialetto romanesco, ma anche un linguaggio inventato, giochi di parole.
danielesilvestri__9_.JPG (167 KB)
L’intervistatrice ha voluto darne una dimostrazione con una strofa di “Quali alibi” chiedendosi come si faccia a cantarla quando è così complicato il solo recitarla: «Su quali alibi  calibri la validità. Quali ali di colibrì libri nell'aria e quali macabri crimini tragici o comici mi dici che c'è chi ti recriminerà. Per quali metodi meriti la tua indennità quali labili crediti credi di avere qua per quali taciti traffici illeciti eviti di dire che c'è chi ti recriminerà». Da parte sua, Silvestri ha replicano con un altro passo della stessa canzone: «Se la vicina Cina ci nasconde cose cos'è meglio dire di restare statici ti ci dovevi abituare prima ti ci dovevi abituare molto prima».
danielesilvestri__5_.JPG (75 KB)
L’incontro è comunque entrato subito nel cuore dell’argomento del festival, con Faloci a interrogarsi sulla complessità, oggi, di leggere il mondo e quindi di interpretare la “responsabilità”. Ma secondo Silvestri «poche volte nella storia come oggi si è vissuto un periodo in cui è così chiaro dove stanno le responsabilità di quanto sta accadendo e di chi le responsabilità se le prende come chi va per mare…». Il riferimento era alla “Global Sumud Flotilla” in viaggio verso Gaza, sottolineando come il mondo sia brutto non perché c’è chi fa del male, ma perché ci si volta dall’altra parte, criticando anche il messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella inviato agli equipaggi della “Flottilla” affinché non compissero atti irresponsabili provocando una reazione. «E invece – ha proseguito l’artista – si vuole proprio provocare qualcosa. Non mi piace che il capo dello Stato inviti a non proseguire quella missione quando il governo non fa niente. Non è un bel segnale, quello di Mattarella. Dovrebbe essere lì, salire su quelle barche… So che è un’esagerazione e poi per fortuna che c’è Mattarella. Ma in quelle persone sulle navi c’è il meglio di noi, c’è il rimasuglio di un’umanità che pensa ancora si possa restare umani».
danielesilvestri__1_.JPG (248 KB)
Il discorso si è poi allargato a Emergency, organizzazione essa pure presente a scortare la “Flottilla” e «il cui lavoro è qualcosa per il quale andare orgogliosi di essere italiano». E a proposito di Emergency ha ricordato come oggi – sabato 27 settembre, in piazza Garibaldi, alle 17 - la sezione lecchese leggerà i nomi di tutti i bambini morti dal 7 ottobre a oggi tra Israele e Gaza.
danielesilvestri__24_.JPG (143 KB)
Il tema sarebbe poi riemerso sul finire dell’incontro parlando di chiaroscuri contrapposti a un assoluto “bianco o nero”: «Dividere in bianco e nero significa perdere tutta una serie di sfumature che sono poi la nostra vita. Ma non si può nemmeno vivere soltanto una vita fatta di compromessi. A volte bisogna scegliere una parte e basta. Per responsabilità».
E poi le canzoni, il cantato-parlato, la prima esibizione a Sanremo con megafono e cartelli: «Era una forma di timidezza, una maniera di aggrapparmi a qualcosa e poi in quattro minuti devi raggiungere più persone possibili. Sanremo è sempre qualcosa di complicato».
danielesilvestri__23_.JPG (70 KB)
Se il primo album risale al 1994, Faloci ha ricordato un’altra tappa importante, “Il padrone della festa” realizzato nel 2014 con Niccolò Fabi e Max Gazzè, amici con i quali aveva cominciato a muovere i primi passi nel mondo della musica: «Quell’amicizia lì è un’amicizia vera. Non è così scontato tra colleghi anche se cresciuti nello stesso tempo. Perché quando un gioco diventa un mestiere, una responsabilità, il rischio è di irrigidirsi. E invece quando vuoi bene a qualcuno tendi a proteggerlo e a noi è successo. Sono stati due anni importanti della nostra vita: prima un viaggio e poi un disco assieme e il tour… Quando a condividere la responsabilità del palco si è in tre di alleggerisci molto. Diventa un piacere lasciar cantare l’altro. Anzi, egoisticamente lo preferisci, perché puoi ritirarti nel tuo angolo a suonare, ad ascoltarlo e a seguire i tuoi pensieri».
danielesilvestri__27_.JPG (60 KB)
Un passaggio significativo è stato anche quello della pandemia di covid, quando Silvestri è stato tra coloro che si sono mobilitati perché fossero aiutati non solo i musicisti, ma soprattutto i tecnici rimasti praticamente senza lavoro: «Professionisti che nessun vede e che hanno pochissime tutele. Abbiamo aperto gli occhi su una serie di arretratezze anche legislative. Certo, i problemi non erano solo del nostro settore, ma c’è chi ha dovuto reinventarsi e chi ha cambiato lavoro. La nostra campagna qualcosa ha smosso, non molto forse, ma qualcosa sì».
danielesilvestri__25_.JPG (73 KB)
A proposito del giocare con la lingua, Silvestri ha poi detto che ci sono dei colpevoli. Il primo, suo padre: «Quand’ero piccolo ed eravamo soli in casa giocavamo a parlarci in rima. In me bambino scattava la ricerca di una parola che magari non avrei altrimenti cercato. E la lingua italiana è molto ricca. L’altro colpevole è Bartezzaghi: sono un enigmista. E poi Raymond Queneau con i suoi “Esercizi di stile”, ma anche Italo Calvino, Gianni Rodari: è la fantasia dentro le regole. E del resto, in questi trent’anni, il rap ha insegnato a giocare con le parole, anche nelle sue derive meno piacevoli. E’ una maniera di mantenere viva la nostra lingua, magari storcendo la bocca di fronte a certi cambiamenti, ma meno male che cambia perché significa che è una lingua viva». Lo stesso Silvestri, quando a metà degli anni Novanta il rap irrompeva sulla scena musicale, aveva provato a comporre un brano in quello stile, provando a mettere in poesia qualcosa che di poetico ha forse poco e cioè la cacca che «farla bene è già un successo». Naturalmente, ha dovuto cantarla. 
danielesilvestri__17_.JPG (66 KB)
Del resto, è stato generoso con il pubblico, non delle grandi occasioni ma certamente caloroso, offrendo diversi brani, un po’ accompagnandosi alla tastiera, un po’ alla chitarra: “La nave”, “La casa”, “A dispetto dei pronostici”, “Il mio nemico”, “La classifica” e naturalmente “A bocca chiusa” un brano del 2013 entrato dieci anni dopo nella colonna sonora di quello straordinario film che è “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi.
danielesilvestri__2_.JPG (201 KB)
Si è concluso parlando della collaborazione con gli artisti più giovani (appunto «bisogna restare curiosa altrimenti s’invecchia»), dei rapporti con Roma e il romanesco, di ironia e autoironia «che sono una medicina e anche un’arma perché ti viene utile quando devi dire qualcosa di spiacevole iniziare con una battuta ironica aiuta» e del resto: «non prendersi troppo sul serio credo sia abbastanza sano».
D.C.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.